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Conoscere l’indice e il carico glicemico

Quando si analizza l’effetto dei carboidrati non ci si deve fermare solo alle calorie che apportano. I cereali integrali, la frutta e la verdura sono ricchi di fibra e di fitonutrienti in grado di modulare l’espressione dei nostri geni e quindi di aiutarci a rimanere sani. Inoltre, possiedono un basso indice glicemico, vale a dire una scarsa capacità di innalzare la glicemia e di stimolare la produzione di insulina. Possiamo dunque dire che i carboidrati buoni hanno un elevato indice di fitonutrienti e un basso indice glicemico. Questo è molto importante perché sono proprio i fitonutrienti i principali messaggeri che veicolano le informazioni contenute nel cibo all’interno delle nostre cellule e che, regolando l’espressione genica, determinano la nostra salute. Per questo una dieta corretta dovrebbe prevedere una netta prevalenza di cibi vegetali e integrali.

Quando i carboidrati vengono processati, la quasi totalità dei principi attivi e dei fitonutrienti che contengono viene eliminata. Pasta bianca, pane bianco, riso bianco, crackers, cereali da colazione, fette biscottate sono ricchi di calorie, hanno un elevato indice glicemico ma apportano scarse quantità di fitonutrienti. La ricerca scientifica ha dimostrato che non solo gli zuccheri ma anche i cereali raffinati possono nel tempo causare una sovrapproduzione di insulina che porta a una condizione simile alla saturazione: le cellule diventano insensibili a questo ormone e, di conseguenza, più zucchero rimane in circolo.

Con indice glicemico si intende la velocità con cui i carboidrati presenti in uno specifico alimento innalzano la glicemia. L’indice glicemico non tiene però conto della quantità di carboidrati realmente presenti nell’alimento stesso. Questo può portare a degli errori interpretativi. Per esempio le carote bollite hanno un indice glicemico elevato ma la quantità di carboidrati in esse contenuta è minima e quindi per avere un reale effetto sulla glicemia sarebbe necessario assumerne una dose molto elevata. Per questo è utile considerare anche il carico glicemico, parametro che tiene in considerazione la reale quantità di carboidrati presenti nel cibo preso in esame. Un pasto sano dovrebbe essere sempre a basso carico glicemico. La presenza abituale nella nostra dieta di elevate quantità di carboidrati bianchi e zuccheri e la scarsità di fibra fanno sì che la maggior parte di noi mangi pasti a elevato carico glicemico. Aumentare l’assunzione di verdura e preferire i cereali integrali alle versioni raffinate può aiutarci a ridurre il rischio di insulino-resistenza,  a controllare l’appetito, a perdere peso e a tenere sotto controllo il colesterolo

Dr. Filippo Ongaro

per saperne di più: https://www.filippo-ongaro.it/

Una cosa da ragazzi | Zuccheri e obesità

13/01/2015

Intolleranza al glucosio

Uno stile di vita sedentario, che si sta sempre di più diffondendo soprattutto nei paese occidentali, ha gravi conseguenze a lungo termine  sulla salute del corpo umano. Spesso fin da giovani le persone non fanno abbastanza esercizio fisico e in molti casi il lavoro in ufficio costringe le persone a restare sedute per gran parte della giornata. Se poi a questo si aggiunge un apporto calorico giornaliero superiore al reale fabbisogno (anche a causa delle molte bibite gassate e con molti zuccheri disponibili sul mercato) è facile capire come la percentuale di obesità nella popolazione stia aumentando.

Entrambi questi fattori, la ridotta attività fisica e l’alta percentuale di massa grassa, possono avere conseguenze negative  tra cui alcuni effetti sul metabolismo dei carboidrati.

Durante la digestione dei carboidrati il glucosio viene assorbito e entra all’interno del nostro flusso sanguigno; quando viene assorbito quindi il livello di glucosio nel sangue aumenta. Un maggiore livello di glucosio fa poi sì che il pancreas riceva l’istruzione di produrre insulina, un ormone che aiuta a prelevare il glucosio dal sangue e portarlo alle cellule, in particolare quelle muscolari. Allo stesso tempo  la sintesi del glucosio da parte del fegato (che si occupa di produrre glucosio nei casi in cui il suo livello nel sangue sia troppo basso) viene fermata.

Nelle persone in salute l’aumento del livello di glucosio nel sangue in seguito all’aver mangiato dei carboidrati avviene dunque fino ad una determinata concentrazione oltre la quale l’insulina inizia a lavorare trasportando il glucosio dal sangue alle cellule e riportando i valori ai livelli iniziali.

Nelle persone che conducono invece una vita sedentaria o la cui percentuale di massa grassa è troppo elevata il livello di glucosio nel sangue dopo un pasto in cui si sono consumati carboidrati cresce

molto di più. Nonostante il pancreas produca insulina e questa a sua volta inizi a portare glucosio alle cellule la concentrazione nel sangue rimane elevata, suggerendo l’idea che l’insulina non sia più in grado di lavorare in maniera adeguata. Questo è quello che viene chiamato “intolleranza al glucosio”.

Questo tipo di intolleranza può svilupparsi anche in persone giovani e in salute che solo recentemente hanno iniziato ad avere uno stile di vita più sedentario.  Questo è stato ad esempio confermato da alcuni studi in cui i soggetti erano in riposo forzato a letto (bed rest studies)  per un determinato periodo: anche brevi periodi di quasi immobilità forzata possono portare ad una diminuzione nella tolleranza al glucosio. Anche negli astronauti è stato riscontrato lo stesso effetto durante alcuni studi durante le missioni Apollo e Skylab, avvenute negli anni ’60 e ’70. A suo tempo era stato fatto uno studio comparando i livelli di glucosio nel sangue e di insulina prima e dopo il volo; i cambiamenti presenti tra l’inizio e la fine della missione (all’epoca non erano stati fatti prelievi durante il periodo nello spazio)erano del tutto simili a quelli presenti nei soggetti costretti a letto negli studi di bed rest.

Anche se gli astronauti durante la loro permanenza nello spazio sono solitamente molto attivi senza esercizi appositi la loro muscolatura in microgravità non viene stimolata. Questa ridotta attività dei muscoli è sufficiente appunto a portare il livello di glucosio nel sangue a valori superiori a quelli accettabili e portare quindi l’astronauta a sviluppare un’intolleranza al glucosio.

Dr. Martina Heer

Scienza a gravita' zero | Zuccheri e obesità

05/12/2014

Carboidrati: nemici o amici?

“Per dimagrire bisogna eliminare i carboidrati”, “Mai mangiare i carboidrati a cena”, “I carboidrati gonfiano la pancia”: tutti nella propria vita hanno sentito pronunciare o hanno pronunciato almeno una di queste affermazioni sui carboidrati, a dimostrazione del fatto che attorno a queste sostanze ruotano innumerevoli opinioni, spesso contrastanti tra loro.

I carboidrati per molti sono il “male assoluto” quando si parla di nutrizione. In realtà non è così, a guardar bene nello schema del piatto unico, i carboidrati occupano 3/4 del piatto: per il 50% sotto forma di frutta e verdura e per il 25% sotto forma di cereali, meglio se integrali.

Bisogna considerare, infatti, che non tutti i carboidrati sono uguali: si distinguono prima di tutto in semplici (zuccheri) e in complessi (polisaccaridi). Questi ultimi sono immagazzinati sotto forma di glicogeno nel fegato e nei muscoli per essere utilizzato in caso di necessità come fonte primaria di energia per il nostro organismo. Una dieta che preveda un limitato consumo di carboidrati è dannosa perché costringe l’organismo a ricavare l’energia per esempio dalle proteine dal tessuto muscolare che in questo modo viene danneggiato.

Dall’altro lato bisogna considerare anche le conseguenze di una cattiva assunzione di carboidrati, o meglio, di zuccheri. Infatti, il regolare consumo di zuccheri provoca dei continui sbalzi della glicemia che portano a una sovrapproduzione di insulina, un ormone che facilita l’accumulo di grasso, che a lungo andare può provocare patologie come il diabete di tipo II.

Come poter beneficiare delle proprietà dei carboidrati senza incorrere negli effetti collaterali indesiderati? Scegliere dei carboidrati di buona qualità cioè quelli complessi ricchi di fibra contenuti in frutta, verdura, bacche, ortaggi e nei cereali integrali che hanno un lento assorbimento e non comportano dei picchi della glicemia. Quindi, nel proprio piatto unico, una buona porzione di verdure fresche di stagione e del riso, pasta, orzo o farro in versione integrale sono il modo migliore per garantire all’organismo tutta l’energia di cui ha bisogno.

 Dr. Filippo Ongaro

Per saperne di piú: https://www.filippo-ongaro.it/

Nutrizione e salute

05/08/2014