Olio extravergine d’oliva
06/05/2015
06/05/2015
I dati parlano chiaro. Secondo l’ISTAT, le patologie cardiache sono la principale causa di decesso in Italia. È quindi fondamentale prevenire la loro insorgenza. E siccome, quando si parla di prevenzione, vale sempre la strategia militare del “conosci il tuo nemico”, è importante comprendere prima di tutto quali sono le condizioni correlate statisticamente alle patologie cardiovascolari.
Oltre a età e familiarità per la malattia che non possiamo modificare, esistono altri fattori di rischio su cui è possibile agire attraverso l’alimentazione e uno stile di vita sano. L’ipercolesterolemia ne è un esempio. Nel corso del tempo, l’eccesso di colesterolo porta al deposito di placche sulle pareti delle arterie. Queste placche sono la base dell’arteriosclerosi e possono depositarsi fino a ostacolare il regolare flusso sanguigno o, a causa di un’infiammazione, rompersi. In quest’ultimo caso si forma così un coagulo, o trombo, che può bloccare del tutto il flusso ematico in un’arteria e portare così a infarto o ictus. Per determinare il rischio cardiovascolare, più che considerare il colesterolo totale è meglio valutare il rapporto tra colesterolo “buono” HDL e colesterolo “cattivo” LDL. Le prime portano il colesterolo dalle arterie al fegato e quindi esercitano un’azione di pulizia. Le seconde al contrario trasportano il colesterolo verso le arterie facilitandone il deposito.
È chiaro quindi che può esserci comunque un elevato rischio cardiovascolare anche quando il colesterolo totale è nella norma se la percentuale di HDL è particolarmente bassa rispetto al colesterolo LDL. Il rapporto ottimale LDL/HDL dovrebbe essere inferiore a 3 (e possibilmente vicino a 1), mentre il rapporto tra colesterolemia totale e colesterolemia HDL dovrebbe essere inferiore a 5 (e possibilmente vicino al 3).
Il rischio cardiovascolare aumenta ulteriormente se a una maggior concentrazione di LDL rispetto all’HDL si aggiunge l’ipertrigliceridemia, cioè un’alta concentrazione sanguigna di trigliceridi, una specifica tipologia di lipìdi. Questi grassi sono una fondamentale fonte di energia per le nostre cellule ma, in quantità eccessiva, possono contribuire allo sviluppo di patologie circolatorie.
Ma è bene ricordare che il rischio cardiovascolare non dipende solo dall’ipercolesterolemia e dall’ipertrigliceridemia, ma può essere correlata ad altri fattori come insulinoresistenza, ipertensione, diabete mellito, obesità, abitudine al fumo e abuso di alcol.
La corretta nutrizione è uno strumento essenziale per ridurre il rischio cardiovascolare. È bene quindi limitare il consumo di zuccheri, cereali raffinati e grassi idrogenati e saturi per arricchire invece la dieta di alimenti sani in grado di innalzare i livelli di colesterolo HDL o di abbassare i livelli di LDL come cereali integrali, pesce azzurro ricco di omega-3 e olio extravergine di oliva. Per prevenire con ancor più efficacia le patologie cardiovascolari è sempre bene associare una sana alimentazione a una regolare attività fisica.
Dr. Filippo Ongaro
20/04/2015
L’olio di palma non ha in genere una buona fama, in quanto rappresenta uno degli ingredienti industriali più diffusi – lo ritroviamo praticamente ovunque: nei biscotti, nelle merendine, nei crackers, nelle creme spalmabili… – nonché la causa principale della deforestazione in Indonesia e Malesia. In più, fino a non troppo tempo fa, la sua presenza era “mascherata” da etichette non sempre chiare sul tipo di grasso impiegato: la dicitura “oli e grassi vegetali” sottendeva spesso la presenza di questo ingrediente. Quindi partire di qui per parlare di oli vegetali alternativi può sembrare una contraddizione bella e buona.
Eppure, non tutti gli oli di palma sono uguali. In Guinea Bissau, ad esempio, Slow Food ha avviato da qualche anno un Presidio sull’olio di palma selvatica (https://fondazioneslowfood.it/presidi/dettaglio/4433/olio-di-palma-selvatica#.VOcQicb5rTU), trasformato artigianalmente dalle comunità in un olio denso, dal colore aranciato, con profumi di pomodoro, spezie e frutta. Si tratta di un prodotto buono e nutritivo, che costituisce uno degli ingredienti principali della cucina tradizionale locale. Inoltre, oltre a rappresentare un nutrimento buono per le comunità, questo olio non esaurisce le risorse naturali della foresta.
Molto noto è anche l’olio di argan, prodotto dall’Argania spinosa, una pianta simile all’olivo ma diffusa solo in Marocco, in una zona arida compresa tra Safi e Goulimime. L’olio che si ricava dalle sue bacche (armelline) è oggetto di un Presidio Slow Food (https://fondazioneslowfood.it/presidi/dettaglio/1218/olio-di-argan#.VOccf8b5rTU) ed è da sempre l’ingrediente fondamentale della cucina dei berberi. La produzione, come anche nel caso dell’olio di palma, è un’attività prevalentemente femminile, ed è un’attività particolarmente lunga e laboriosa. Rinomato per le sue proprietà cosmetiche, ha anche molti usi alimentari: ad esempio, è utilizzato al termine della cottura del cuscus, nelle tajine di pesce e di carne e nelle crudités e può essere anche consumato crudo, su una semplice fetta di pane.
Nei cantoni della Svizzera nord occidentale, invece, è tuttora pratica comune l’estrazione di olio dalle noci, testimonianza della diffusa tradizione di produrre diversi oli vegetali non di oliva, più economici rispetto al burro. Nei documenti d’archivio svizzeri, questa produzione è attestata già dal XVI secolo e ne vengono descritte due diverse tipologie: una piccola produzione di olio estratto a freddo destinato ai nobili e una produzione di olio estratto a caldo usato dalle altre classi sociali e per la farmacopea. Ed è proprio l’estrazione a caldo che si è progressivamente affermata nel corso del tempo, dando luogo a un prodotto dai sentori gradevoli di frutta tostata. Anche l’olio di noci è oggetto di un Presidio Slow Food (https://fondazioneslowfood.it/presidi-svizzera/dettaglio/4486/olio-di-noci#.VOcfR8b5rTU).
Oltre agli oli già elencati, altri esempi di oli vegetali alternativi provengono dalla rete delle comunità del cibo di Terra Madre: in Messico, ad esempio, un gruppo di produttori si dedica alla produzione dell’olio essenziale di linaloe (https://www.terramadre.info/comunita-del-cibo/produttori-di-olio-di-linaloe-di-guerrero/); in Russia, invece, l’etnia indigena degli Shor ricava l’olio dai pinoli (https://www.terramadre.info/comunita-del-cibo/produttori-di-olio-di-pinoli/).
Silvia Ceriani
Per saperne di più: www.fondazioneslowfood.it www.terramadre.org
23/03/2015
Stefano Polato, il responsabile dello Space Food Lab Argotec, ci ha già raccontato come il segreto per una buona frittura risieda nel punto di fumo dell’olio, cioè la temperatura alla quale esso comincia a sviluppare sostanze nocive per l’organismo. La giusta scelta dell’olio da cucina, in effetti, non è affatto banale, ma implica la valutazione di importanti variabili quali il gusto, le proprietà funzionali, il costo e l’impatto sulla salute. Anche per quanto riguarda il bonus food di Samantha Cristoforetti, il team di nutrizionisti e tecnologici alimentari coordinato da Argotec ha posto particolare attenzione a questo aspetto, selezionando un olio extravergine di oliva di primissima qualità. Si tratta di un fatto rimarcato anche dallo chef ufficiale della missione Futura, nata dalla collaborazione tra ASI, ESA e Aeronautica Militare: «Per la nostra astronauta abbiamo selezionato accuratamente tutti gli ingredienti alla base delle ricette spaziali. Tra questi, ovviamente, anche l’olio impiegato nella preparazione dei pasti. Abbiamo anche progettato una “speciale” oliera mono goccia da utilizzare in orbita, permettendo il condimento dei pasti anche in assenza di peso. Lo stesso è stato fatto per l’aceto balsamico».
Sulla Terra, possiamo scegliere tra diversi oli vegetali, soprattutto in base al sapore e alla funzione. Quello extravergine di oliva è certamente quello più conosciuto, ma secondo Polato le alternative non mancano: «In generale, il mio consiglio è quello di provare vari tipi di oli insaturi per dare più spazio al gusto riducendo allo stesso tempo il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari. In ogni caso, valutate sempre bene il valore del punto di fumo e leggete con attenzione l’etichetta in modo da fare un acquisto più consapevole. Infine, per quanto riguarda i condimenti a crudo, provate la citronette o la vinaigrette. La prima è un’emulsione a base di olio extravergine di oliva, pepe e succo di agrumi, divertitevi e sbizzarritevi con le erbe aromatiche senza usare il sale. La seconda è una salsa a base di aceto, olio e aromi naturali».
Antonio Pilello
Per saperne di più: https://www.argotec.it/argotec/
19/03/2015
Provate a immaginare di mangiare per un mese intero il cibo dei fast food, tre volte al giorno (colazione, pranzo e cena), magari interrompendo ogni tipo di attività fisica. Credete sia impossibile? No, non lo è, ma sicuramente è molto pericoloso per la salute. Nel 2004, il film documentario Super Size Me, diretto ed interpretato da Morgan Spurlock, ha mostrato gli effetti fisici e psicologici di una simile dieta. Alla fine dell’esperimento, il regista era ingrassato di 11 kg (partendo da 84 kg) con un aumento del 13% della massa corporea.
Si tratta di uno scenario estremo, ma senza dubbio inquietante, soprattutto se si pensa che molte persone mangiano regolarmente junk food, il cosiddetto cibo spazzatura. Tuttavia, sarebbe altrettanto sbagliato rinunciare completamente ai grassi. Quelli “buoni”, infatti, costituiscono un’importante scorta di energia per il corpo e svolgono diversi ruoli nel nostro organismo; per esempio gli acidi grassi polinsaturi omega 3 sono fondamentali per il corretto funzionamento del sistema nervoso.
I grassi “buoni” sono benefici tanto sulla Terra quanto nello spazio. Senza le giuste precauzioni, il volo spaziale può avere molti effetti negativi sulla fisiologia umana, come la perdita di massa muscolare e ossea. Tuttavia, una dieta ricca di alimenti che contengono omega 3 (come il pesce azzurro), può rallentare questo meccanismo e favorire il mantenimento della densità minerale ossea. Questo risultato si verifica anche durante le simulazioni a terra che vengono fatte tramite il riposo prolungato a letto.
Al di là della conservazione dei muscoli, delle ossa e della funzione immunitaria, gli omega 3 potrebbero avere un ruolo importante nella prevenzione del cancro e nel contrastare gli effetti delle radiazioni durante le missioni di lunga durata. I primi studi su modelli animali sembrano dare un esito positivo a riguardo. Inoltre, depressione e disturbi della personalità sono stati associati a eventuali carenze. In effetti, questi acidi grassi potrebbero influenzare non solo le funzioni cognitive, ma anche l’umore e lo stato emotivo.
Dr. Filippo Ongaro
17/03/2015
Potremmo chiamarli il buono, il brutto e il cattivo! No, non stiamo parlando di spaghetti-western e del celebre film del 1966 diretto da Sergio Leone. Ci riferiamo, invece, ai grassi, i cosiddetti lipìdi. Molto spesso se ne parla male, tuttavia alcuni sono fondamentali per la nostra salute visto che riducono l’infiammazione cronica, favoriscono l’abbassamento del colesterolo “cattivo” LDL e sono un valido aiuto nella prevenzione delle patologie cardiovascolari. Altri, al contrario, sono dannosi e dobbiamo fare attenzione affinché non siano presenti nella nostra dieta. Voi avete davvero idea di quello che mangiate? Sapete distinguere quali alimenti hanno i grassi buoni e quali quelli cattivi?
I lipìdi buoni attivano i geni che fanno bruciare calorie, aumentano il metabolismo e migliorano l’azione dell’insulina. Quelli cattivi hanno invece l’effetto opposto.
Del gruppo dei lipìdi buoni fanno parte gli acidi grassi polinsaturi omega 3: sono dei potenti antinfiammatori e sono contenuti in salmone, sgombro, sardine, in vari semi, come quelli di lino, e nelle noci. Poi abbiamo i grassi monoinsaturi: abbassano il colesterolo e la glicemia e sono contenuti nell’olio d’oliva, nelle mandorle, nelle noci brasiliane, negli anacardi, nell’avocado e in alcuni semi, come quelli del sesamo.
Fanno parte dei buoni anche alcuni grassi saturi. Normalmente non fanno bene, soprattutto quelli contenuti in formaggi e carni, tuttavia una minima quantità, per esempio proveniente dal latte di cocco, è utile all’organismo grazie al ricco contenuto di acido laurico che è importante per il sistema nervoso centrale. Infine, anche alcuni degli acidi grassi polinsaturi omega 6 sono in grado di produrre delle sostanze antinfiammatorie. È necessario assumerne piccole dosi da fonti non raffinate, cioè da prodotti alimentari industriali non eccessivamente elaborati, come olio di sesamo, di girasole, di noce, pressati a freddo.
Nel secondo gruppo, ovvero dei grassi “cattivi”, ci sono tutti gli altri acidi grassi omega 6: sono quelli polinsaturi raffinati e non pressati a freddo degli oli vegetali. C’è anche l’acido arachidonico, presente nel latte, nei suoi derivati e nella carne rossa. Sono nocivi anche gli altri acidi grassi saturi, cioè quelli presenti in manzo, pollo, formaggi, latte e derivati. Contrariamente a quanto si possa pensare, le uova contengono invece una quantità molto limitata di grassi.
Anche alcuni grassi sintetici hanno un effetto negativo sul metabolismo perché vengono prodotti industrialmente attraverso l’idrogenazione, un processo in cui l’idrogeno viene aggiunto a un olio vegetale per trasformarlo in un prodotto solido. È il caso della margarina, per esempio, ma questi grassi vengono usati nei prodotti da forno (crackers, biscotti, snack), nei cibi fritti e in quelli processati. Un consumo eccessivo di questi grassi “cattivi” compromette la salute di cuore e vasi e può aumentare il rischio di tumore.
Filippo Ongaro
16/03/2015