L’olio di palma non ha in genere una buona fama, in quanto rappresenta uno degli ingredienti industriali più diffusi – lo ritroviamo praticamente ovunque: nei biscotti, nelle merendine, nei crackers, nelle creme spalmabili… – nonché la causa principale della deforestazione in Indonesia e Malesia. In più, fino a non troppo tempo fa, la sua presenza era “mascherata” da etichette non sempre chiare sul tipo di grasso impiegato: la dicitura “oli e grassi vegetali” sottendeva spesso la presenza di questo ingrediente. Quindi partire di qui per parlare di oli vegetali alternativi può sembrare una contraddizione bella e buona.
La preparazione dell’olio di palma selvatica.
Credits: Slowfood
Eppure, non tutti gli oli di palma sono uguali. In Guinea Bissau, ad esempio, Slow Food ha avviato da qualche anno un Presidio sull’olio di palma selvatica (https://fondazioneslowfood.it/presidi/dettaglio/4433/olio-di-palma-selvatica#.VOcQicb5rTU), trasformato artigianalmente dalle comunità in un olio denso, dal colore aranciato, con profumi di pomodoro, spezie e frutta. Si tratta di un prodotto buono e nutritivo, che costituisce uno degli ingredienti principali della cucina tradizionale locale. Inoltre, oltre a rappresentare un nutrimento buono per le comunità, questo olio non esaurisce le risorse naturali della foresta.
Molto noto è anche l’olio di argan, prodotto dall’Argania spinosa, una pianta simile all’olivo ma diffusa solo in Marocco, in una zona arida compresa tra Safi e Goulimime. L’olio che si ricava dalle sue bacche (armelline) è oggetto di un Presidio Slow Food (https://fondazioneslowfood.it/presidi/dettaglio/1218/olio-di-argan#.VOccf8b5rTU) ed è da sempre l’ingrediente fondamentale della cucina dei berberi. La produzione, come anche nel caso dell’olio di palma, è un’attività prevalentemente femminile, ed è un’attività particolarmente lunga e laboriosa. Rinomato per le sue proprietà cosmetiche, ha anche molti usi alimentari: ad esempio, è utilizzato al termine della cottura del cuscus, nelle tajine di pesce e di carne e nelle crudités e può essere anche consumato crudo, su una semplice fetta di pane.
Nei cantoni della Svizzera nord occidentale, invece, è tuttora pratica comune l’estrazione di olio dalle noci, testimonianza della diffusa tradizione di produrre diversi oli vegetali non di oliva, più economici rispetto al burro. Nei documenti d’archivio svizzeri, questa produzione è attestata già dal XVI secolo e ne vengono descritte due diverse tipologie: una piccola produzione di olio estratto a freddo destinato ai nobili e una produzione di olio estratto a caldo usato dalle altre classi sociali e per la farmacopea. Ed è proprio l’estrazione a caldo che si è progressivamente affermata nel corso del tempo, dando luogo a un prodotto dai sentori gradevoli di frutta tostata. Anche l’olio di noci è oggetto di un Presidio Slow Food (https://fondazioneslowfood.it/presidi-svizzera/dettaglio/4486/olio-di-noci#.VOcfR8b5rTU).
Oltre agli oli già elencati, altri esempi di oli vegetali alternativi provengono dalla rete delle comunità del cibo di Terra Madre: in Messico, ad esempio, un gruppo di produttori si dedica alla produzione dell’olio essenziale di linaloe (https://www.terramadre.info/comunita-del-cibo/produttori-di-olio-di-linaloe-di-guerrero/); in Russia, invece, l’etnia indigena degli Shor ricava l’olio dai pinoli (https://www.terramadre.info/comunita-del-cibo/produttori-di-olio-di-pinoli/).
Silvia Ceriani
Per saperne di più:
www.fondazioneslowfood.it
www.terramadre.org