Il programma Shuttle

Riprendiamo il racconto sulla storia del cibo spaziale con quello dello Space Shuttle, utilizzato dalla NASA dal 1981 al 2011. Lo Space Transportation System (STS), questo il suo nome ufficiale, era una navetta spaziale riutilizzabile in grado di raggiungere un’orbita di oltre 600 km. In totale sono stati costruiti cinque orbiter, impiegati nell’arco di 135 missioni, ma purtroppo due di questi sono andati distrutti nei terribili incidenti del Challenger (1986) e del Columbia (2003).

La patch del programma Space Shuttle. Credits: NASA

La patch del programma Space Shuttle. Credits: NASA

Di questi Shuttle fu l’Atlantis a portare in orbita Franco Malerba, il primo astronauta italiano che ha volato con la missione STS-46. Fu grazie alla partecipazione dell’Agenzia Spaziale Italiana alla costruzione della Stazione Spaziale Internazionale, costruita proprio durante le missioni Shuttle, che altri cinque italiani hanno potuto volare nello spazio; Samantha Cristoforetti, con la sua missione Futura in collaborazione con ESA, ASI e l’Aeronautica Militare sarà la sesta dopo la sua partenza il 23 novembre.

Progettata per missioni di breve durata, circa due settimane, la navetta non aveva lo spazio e nemmeno la potenza per poter ospitare frigoriferi o congelatori, quindi la NASA concentrò i propri sforzi sullo sviluppo di un sistema alimentare a lunga conservazione senza catena del freddo. Avendo spazio a disposizione venne sviluppato un nuovo vassoio in sostituzione del tavolo da pranzo utilizzato sullo Skylab. L’imballaggio fu perfezionato, passando dai pacchetti rigidi ad altri più flessibili, simili a quelli utilizzati ai giorni nostri.

Nel programma Shuttle, sono stati utilizzati molti prodotti alimentari disponibili in commercio: biscotti, cracker, frutta secca e bevande in polvere. Altri, come per esempio le verdure, sono stati trasformati in prodotti liofilizzati per lo spazio. L’uso di articoli commerciali ha ridotto i costi e permesso all’equipaggio di mangiare prodotti più familiari. Tuttavia, la maggior parte di questi aveva più grassi e sodio di quanto raccomandato per gli astronauti.

I cibi e le bevande liofilizzate erano presenti in gran numero nel menu Shuttle perché l’uso di celle a combustibile per creare elettricità produceva una quantità significativa di acqua come un sottoprodotto di questo processo. Questo non avviene più sulla Stazione Spaziale Internazionale, dove i pannelli solari forniscono elettricità, ma l’acqua deve essere trasportata in orbita oppure riciclata tramite il Potable Water Dispenser. Tra l’altro, rispetto a quello liofilizzato, il cibo termostabilizzato ha il vantaggio di mantenere pressoché intatta la consistenza e il gusto del cibo. Questo è proprio uno dei motivi per cui Argotec e Stefano Polato hanno preferito questa tecnica di conservazione.

Un esempio del cibo spaziale a disposizione sullo Space Shuttle. Credits: NASA

Un esempio del cibo spaziale a disposizione sullo Space Shuttle.
Credits: NASA

Il menu Shuttle ha permesso agli astronauti di avere più scelta rispetto ai decenni precedenti, dando loro la possibilità di comporre un menu personalizzato selezionando tra numerosi prodotti disponibili. Purtroppo, i loro menu avevano in generale più sodio e ferro di quanto richiesto, probabilmente a causa dell’impiego di numerose confezioni commerciali, spesso arricchite con sale per migliorarne il sapore e facilitarne la conservazione.

Il sistema alimentare dello Shuttle è stato certamente un passo in avanti per l’equipaggio, che poteva anche disporre di acqua fredda o calda per la reidratazione insieme a un sistema di riscaldamento degli alimenti più affidabile. Tuttavia, il consumo medio effettivo di cibo durante le missioni Shuttle è stato spesso inadeguato, probabilmente a causa del sistema alimentare stesso, oltre che ai pesanti carichi di lavoro tipici delle missioni di breve durata dove c’è anche il problema dell’adattamento alla microgravità nei primi giorni in orbita.

Antonio Pilello

Per saperne di più: https://www.argotec.it/argotec/index.php/spacefood

L’immagine in copertina in questo post e’ stata scattata il 14 Aprile 1981 all’atterraggio dello Space Shuttle Colombia, dopo aver concluso la prima missione del programma Shuttle (STS-1).

Storia del cibo spaziale

30/10/2014

Meno sale, più spezie

Una delle qualità principali che caratterizzano gli alimenti e le pietanze che accompagneranno il capitano Samantha Cristoforetti durante la sua permanenza sulla ISS per la missione Futura dell’Agenzia Spaziale Italiana è la totale assenza di sale.

L’eccesso di sodio nei cibi, come confermato da numerosi studi, è uno dei fattori che contribuisce a causare l’ipertensione, con effetti negativi sull’intero sistemo cardiocircolatorio. Specialmente nei prodotti industriali elaborati si riscontrano quantitativi di sale ancora troppo alti. Sarebbe bene, quindi, per la nostra salute, cercare di diminuire quanto più possibile l’uso del sale in cucina. Purtroppo, però, siccome siamo abituati a sapori molto salati, sembra che il nostro palato non riesca a sopportare dei cibi privi di sale.

Si può dunque cercare di ridurre poco per volta la quantità di sale sostituendolo con delle erbe aromatiche o spezie. Curcuma, zenzero, cannella e altri tipi di spezie possono essere aggiunte nelle ricette non solo per insaporire il piatto ma anche per le loro proprietà benefiche.

È noto, per esempio, come la curcuma, cioè una delle spezie presenti nel curry, sia ricca di antiossidanti e di proprietà antinfiammatorie. Per favorire il suo assorbimento è bene associarla al peperoncino, un altro aroma dalle notevoli virtù date soprattutto dal suo principio attivo, la capsaicina. Questa sostanza conferisce al peperoncino il suo intenso sapore piccante e ottime proprietà analgesiche. Anche allo zenzero e alla cannella sono riconosciute ottime qualità: il primo contribuisce a ridurre i livelli di colesterolo-LDL nel sangue e allevia gli stati di nausea e vomito, mentre la seconda è in grado di regolarizzare la glicemia.

Gradualmente, grazie all’uso della spezie, sarà possibile ridurre se non eliminare del tutto il sale in cucina.

Dr. Filippo Ongaro

Per saperne di più: https://www.filippo-ongaro.it/

Nutrizione e salute

28/10/2014

Il buongiorno si vede… dalla colazione

Immaginate di svegliarvi la mattina, guardare fuori e vedere la Terra: è il panorama unico di cui probabilmente possono godere ogni giorno al loro risveglio gli astronauti in missione sulla ISS. Se la vista per noi e per gli astronauti è molto diversa, non si discosta di molto il rituale mattutino, soprattutto per quanto riguarda la colazione.

In realtà, qui sulla Terra sono ancora troppe le persone che concepiscono la colazione solo come “cappuccino e brioche” o che la saltano del tutto. Eppure la colazione gioca un ruolo strategico nel corretto funzionamento dell’organismo. Al risveglio, il corpo si trova ad essere “affamato” perché è rimasto a digiuno per diverse ore: si aspetta quindi di essere nutrito ed è pronto a fare buon uso delle sostanze nutritive dagli alimenti che si ingeriscono. Con la colazione si attiva il metabolismo che, invece, rimarrebbe bloccato in caso di digiuno e il corpo sarebbe costretto a ricavare energia trattenendo il grasso accumulato. Per questo, saltare la colazione non è la soluzione migliore per dimagrire.

Bisogna anche considerare la tipologia degli alimenti che si assumono a colazione. Di solito la colazione “all’italiana” è ricchissima di zuccheri, invece la colazione ideale contiene quantità giuste di proteine, grassi e carboidrati, tra cui fibre, sia solubili che insolubili. Grazie a una colazione adeguata è possibile evitare picchi nella glicemia e si è portati anche a tenere sotto controllo l’introito calorico nel corso di tutta la giornata. In una corretta colazione, quindi, si possono consumare dei fiocchi di avena integrali con una bevanda vegetale, un paio di noci, caffè o tè senza zucchero e un frutto. In alternativa si possono scegliere dello yogurt magro biologico, un po’ di noci o mandorle, dell’avena integrale e un frutto. Chi vuole sperimentare la colazione salata, può provare con due uova sode o del salmone affumicato o del tonno assieme a del pane integrale e all’immancabile frutto.

Dr. Filippo Ongaro

Per saperne di più’: https://www.filippo-ongaro.it/

Nutrizione e salute

21/10/2014

Prodotti di stagione

I prodotti di stagione possono fare bene a noi stessi, ma anche all’ambiente. Come stimato dalla Coldiretti, il trasporto di prodotti non locali come i mirtilli dell’Argentina, le ciliegie del Cile o gli asparagi del Perù, può produrre una quantità elevata di anidride carbonica. In totale, una famiglia di medie dimensioni potrebbe addirittura risparmiare fino a una tonnellata di CO2ogni anno, semplicemente scegliendo di consumare frutta e verdura di stagione. Tra l’altro, da questo punto di vista, l’Italia ha anche il vantaggio di avere una varietà alimentare molto ampia. In generale, una modifica delle abitudini delle famiglie italiane potrebbe portare alla riduzione di ben 100 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno.

Anche Stefano Polato, il responsabile dello Space Food Lab di Argotec, è un grande sostenitore della stagionalità dei prodotti. Prima di tutto – ci spiega lo chef –sarebbe opportuno assumere un comportamento più corretto e responsabile nei confronti dell’ambiente, degli altri, di se stessi. Visto che i prodotti regionali non fanno molta strada, i prezzi sarebbero decisamente più bassi. Di conseguenza, prima di fare un acquisto, pensiamo sempre alla provenienza di quello che stiamo mettendo nel carrello e leggiamo bene le etichette. Spesso, infatti, anche gli alimenti più “insospettabili” arrivano sulle nostre tavole dopo aver percorso molti, certamente troppi, chilometri. In realtà, molto probabilmente avremmo potuto consumare un prodotto simile più vicino”.

Molte persone, infine, non sanno che anche il pesce ha una sua stagionalità: Per esempio – secondo Polato – in autunno-inverno è meglio mangiare delle belle triglie o un rombo chiodato. In primavera-estate, invece, il mio consiglio è quello di gustare una buona spigola o delle sarde. In generale, il pesce di stagione ha molto probabilmente il vantaggio di non essere allevato, evitando così tutte le problematiche collegate agli allevamenti. Allo stesso modo, anche frutta e verdura coltivati in serra presentano alcuni inconvenienti, tipicamente il poco gusto dovuto alla mancanza di luce solare. In linea di massima, gli alimenti di stagione ci fanno stare meglio, con un carico maggiore di vitamine, quindi vale assolutamente la pena di scegliere qualche prodotto tipico. Proprio come ha fatto Argotec con il bonus food di Samantha”.

Antonio Pilello

Per saperne di più:

https://www.argotec.it/argotec/index.php/spacefood/spacefood_futura

Dietro le quinte

16/10/2014

Perché il cibo spazzatura è così irresistibile

Si apre un sacchetto di patatine per sgranocchiarne un po’ e senza rendersene conto non ne rimane nemmeno una briciola: è la classica situazione che si crea ogni volta che ci si trova davanti a del “cibo spazzatura” cioè a degli alimenti industriali elaborati ad hoc per essere percepiti come delle “droghe” a cui è difficile resistere.

Com’è possibile? Perché è quasi impossibile trattenersi davanti a pop-corn, salatini, caramelle e merendine?

Questi alimenti sono prodotti con miscele di ingredienti appositamente dosati per produrre la massima risposta di piacere. Il segreto è quindi il bliss point, o “punto di beatitudine”, cioè il giusto equilibrio tra zuccheri, grassi e sale che favorisce il rilascio di dopamina, il neurotrasmettitore collegato alle sensazioni di piacere e appagamento.

Si innesta così un circolo vizioso: una volta provato il piacere provocato dal consumo di cibi spazzatura è difficile farne a meno, per questo motivo si è portati consumarli più spesso e in maggior quantità anche perché la dopamina, purtroppo, non si accumula e si esaurisce velocemente. I cibi creati attorno al principio del bliss point, quindi, sono delle vere e proprie trappole per l’organismo e la salute.

Che fare, dunque? Essere consapevoli di questi meccanismi e di tutto ciò che è contenuto nei prodotti alimentari industriali per non lasciarsi ingannare e limitare così il consumo di cibi super elaborati e ricchi di zuccheri, grassi e sale. Si può cercare un piacere sano negli alimenti naturali, come frutta, verdura, cereali integrali e frutta secca, partendo dal presupposto che la vera soddisfazione deriva dalla consapevolezza di poter favorire il proprio benessere.

Dr. Filippo Ongaro

per saperne di più: https://www.filippo-ongaro.it/

 

Nutrizione e salute

14/10/2014

Skylab

Che cosa mangiavano gli astronauti prima del bonus food prodotto da Argotec? Dopo la fine delle missioni Apollo, negli anni Settanta la NASA ha concentrato i propri sforzi sul progetto Skylab, un laboratorio spaziale composto dal secondo stadio di un razzo vettore Saturn. Tra il 1973 e il 1974, questa piccola stazione ha ospitato tre equipaggi, per un totale di 171 giorni di volo. La tecnologia utilizzata per la conservazione degli alimenti è stata una delle più sofisticate mai utilizzate dalla NASA, anche se molto dispendiosa. Nel menu standard, infatti, per la prima volta sono stati inclusi anche prodotti alimentari congelati oppure refrigerati. Un altro aspetto importante è stato certamente l’utilizzo di una sorta di tavolo per il consumo del pasto. In generale, l’apporto calorico per ogni astronauta è stato molto più elevato rispetto al passato, probabilmente grazie ai progressi logistici, ma anche a causa dei numerosi studi sul metabolismo effettuati in quegli anni.

Il logo di Skylab

Il logo di Skylab

Lo Skylab poteva disporre di un grande volume interno, così fu possibile posizionare un tavolo con sopra diverse vaschette per gli alimenti. I vassoi, oltre a contenere il cibo, avevano anche la funzione di scaldavivande, sino a una temperatura di 66 °C. Per quanto riguarda il packaging, gli astronauti avevano a disposizione alcune lattine contenenti del cibo termostabilizzato, con un’apposita membrana protettiva per non far fuoriscire il contenuto al momento dell’apertura oppure con una valvolina per la reidratazione. Invece dei classici sacchetti, per bere venivano usate delle bottigliette comprimibili ed espandibili come una fisarmonica. Mangiare sullo Skylab era un’attività piuttosto facile: coltello, forchetta, cucchiaio e forbici erano tenuti attaccati al vassoio tramite un magnete. Il menù era piuttosto ampio, con 72 portate, vista anche la grande possibilità di stoccaggio. Infine, c’era anche un frigorifero per poter conservare gelato reidratabile, frutta e bevande.

Ancora ben lontano dalla qualità del bonus food fornito da Argotec, il cibo dello Skylab era migliore rispetto a quello Apollo, ma ancora abbastanza insoddisfacente e poco gustoso. Un menu sullo Skylab poteva essere composto da tacchino al sugo, purè di patate, pesche, biscotti e caffè. Una speciale pistola ad acqua permetteva di reidratare il contenuto dei sacchetti sino a ottenere la giusta consistenza. I costi furono più contenuti rispetto al passato: 75 $ (dell’epoca) al giorno per ogni astronauta rispetto ai 142-190 $ per gli equipaggi Apollo e i 300 $ per quelli Gemini.

Per saperne di più sullo space food: https://www.argotec.it/argotec/index.php/spacefood

Storia del cibo spaziale

09/10/2014

Liofilizzazione

Sulla superficie della Terra la velocità di fuga (ovvero quella necessaria ad un corpo per lasciare l’atmosfera terrestre) è pari a circa 11.2 km/s, cioè oltre 40mila km/h. In passato, molti autori di fantascienza hanno pensato a un sistema alternativo che fosse in grado di trasportare uomini e mezzi dalla Terra direttamente nello spazio, senza dover fare necessariamente ricorso alla propulsione a razzo. È il caso, per esempio, di scrittori molto noti come Arthur C. Clarke e Frank Shätzing, che hanno utilizzato in alcune opere l’espediente dell’ascensore spaziale, la cui realizzazione è da sempre oggetto di studio, vista la sua grande complessità. Una volta costruita, il ritorno economico di una simile struttura sarebbe evidente: costi ridotti per il trasporto di materiale e personale, ma anche la possibilità di lanciare satelliti artificiali e navette semplicemente sfruttando la forza centrifuga alla sua sommità.

Per il momento, se vogliamo ridurre i costi, è ancora opportuno minimizzare il carico trasportato in orbita. Nel caso dello space food, un buon sistema è quello della liofilizzazione, che tra l’altro permette di mantenere pressoché inalterati colore, gusto e consistenza dei prodotti, una volta reidratati. In particolare, Argotec ha scelto questa tecnica per due ragioni: la shelf-life (ovvero il periodo di conservazione) è molto più lunga rispetto alla semplice disidratazione, superiore ai due anni anche a temperatura ambiente; inoltre si tratta di un processo che rispetta maggiormente gli alimenti e i valori nutrizionali. La liofilizzazione avviene in condizioni di vuoto spinto: i prodotti vengono congelati velocemente a -30, -40 °C, poi la pressione viene ridotta fino al punto in cui l’acqua contenuta nel cibo può sublimare (ovvero passare dallo stato solido di ghiaccio a quello di vapore) mediante un opportuno riscaldamento a una temperatura di 30 °C.

Come ci racconta Stefano Polato, il responsabile dello Space Food Lab di Argotec, i primi studi sono stati legati al fabbisogno degli astronauti, ma questa tecnica è ormai utilizzata con successo anche sulla Terra dal momento che comporta una serie di vantaggi per le grandi industrie alimentari, soprattutto per una questione di praticità nello stoccaggio e salubrità. Per quanto riguarda i prodotti di Samantha, in base al contenuto iniziale di acqua è stato possibile ridurre la massa del suo bonus food anche di oltre la metà. Ci sono diversi alimenti che possono essere liofilizzati partendo dal prodotto naturale, come ad esempio i lamponi (link al post su avamposto42). Altri, invece, devono essere lavorati in modo da formare una struttura idonea al trattamento. È il caso tipico di frutta e verdura, a cui in alcuni casi è necessario aggiungere maltodestrine o zuccheri per evitare che durante il processo di liofilizzazione si formino dei blocchi insolubili, cioè non più reidratabili. In ogni caso, Argotec ha selezionato per la missione di Samantha i prodotti naturali migliori, senza aggiunta di additivi.

Antonio Pilello, Argotec

Per saperne di più: https://www.argotec.it/argotec/index.php/about_us/spacefood_lab

Dietro le quinte

04/09/2014

Grassi buoni e grassi cattivi

I grassi sono nell’immaginario collettivo agli antipodi dello stile di vita sano. Eppure anche ai grassi, o meglio ai lipidi, è riconosciuto un ruolo chiave in un’alimentazione corretta.

Bisogna capire prima di tutto che con il termine “lipidi” si intende un vasto gruppo di molecole naturali che includono grassi, cere, steroli, vitamine liposolubili, mono, di , trigliceridi e fosfolipidi. All’interno di questa ampia famiglia esistono dei grassi dannosi per la nostra salute come gli insaturi trans; ma ne esistono altri che sono necessari al corretto funzionamento del nostro organismo. Per esempio, nella classe dei grassi polinsaturi ci sono gli acidi grassi omega-3, presenti nel pesce azzurro, nelle noci, nei semi e nei legumi, che sono dei potenti antinfiammatori che ci aiutano a prevenire diversi tipi di patologie, tra cui malattie cardiovascolari e tumori. I grassi monoinsaturi sono invece presenti nell’olio di oliva e nell’avocado e sono anch’essi benefici per il sistema cardiocircolatorio.

I grassi, quindi, entrano in una sana alimentazione grazie agli omega-3, ai monoinsaturi e anche ai grassi saturi, da consumare con moderazione, contenuti negli alimenti di origine animale, come le uova.

Con questi grassi sani non bisogna temere di ingrassare: è lo squilibrio tra introito calorico e dispendio energetico, assieme agli squilibri ormonali causati da un consumo eccessivo di zuccheri e cereali raffinati, a determinare un aumento di peso. Ricordiamoci quindi che non tutti i grassi sono uguali e che ne esistono di “buoni” che fanno addirittura bene al nostro organismo.

Dr. Filippo Ongaro

Per saperne di più: https://www.filippo-ongaro.it/

Nutrizione e salute

29/08/2014

Apollo

“Okay, Houston, we’ve had a problem here”. La missione Apollo 13 avrebbe dovuto essere la terza missione della NASA a portare alcuni astronauti sulla Luna. Tuttavia, un guasto impedì il previsto allunaggio, rendendo molto complicato e pericoloso il loro rientro sulla Terra. Questa vicenda è stata raccontata molto bene nel film del 1995 diretto da Ron Howard. Il programma Apollo, che utilizzò la navicella spaziale omonima e il razzo vettore Saturn, si svolse tra il 1961 e il 1975. Il momento più importante fu certamente il 20 luglio 1969, quando gli astronauti Neil Armstrong e Buzz Aldrin dell’Apollo 11 sbarcarono sul nostro satellite naturale. Nel corso di quegli anni, pur essendo ancora molto distanti dai menu ad hoc preparati da Argotec, ci furono parecchie novità anche per quanto riguarda i sistemi alimentari presenti a bordo.

aldrin footprint

L’impronta dell’astronauta NASA Buzz Aldrin durante la sua discesa sulla Luna il 20 Luglio 1969, all’interno della missione Apollo11.

Durante i programmi spaziali precedenti, Mercury e Gemini, il consumo di cibo degli equipaggi era spesso inadeguato. Tuttavia, con il passare del tempo, la qualità e la varietà dello space food iniziò ad aumentare. Gli astronauti delle missioni Apollo, per esempio, furono i primi a poter utilizzare l’acqua calda, che rese possibile la reidratazione degli alimenti e migliorò allo stesso tempo il gusto del cibo, rendendolo più appetibile. Gli equipaggi diretti verso la Luna furono anche i primi a utilizzare lo “spoon bowl”, cioè un contenitore di plastica che può essere aperto e il cui contenuto può essere mangiato con un cucchiaio. La NASA utilizzò in quel periodo anche alcuni alimenti termostabilizzati o irradiati, tecniche di conservazione che al tempo erano solo agli inizi dello sviluppo. La loro versione moderna viene oggi utilizzata all’interno dello Space Food Lab di Argotec.

Per quanto riguarda l’Apollo 11, i primi “pasti lunari” furono preparati in modo da essere gustosi, nutrienti e variegati. Armstrong e Aldrin ne ebbero a disposizione due durante la loro permanenza sul nostro satellite. Il primo era composto da alcuni quadratini di pancetta, pesche, cubetti di biscotto zuccherato, succo di frutta all’ananas e al pompelmo oltre che caffè. Con il secondo era invece possibile gustare stufato di manzo, crema di zuppa di pollo, torta di frutta e succo d’arancia. In questi menu furono inclusi anche alcuni snack, in particolare frutta secca e caramelle, insieme ad altre bevande supplementari.

A differenza delle altre missioni, i nutrizionisti programmarono i menu dell’Apollo 11 solo per i primi cinque giorni di volo. Agli astronauti fu messa a disposizione una sorta di dispensa da cui scegliere le pietanze in base ai propri gusti e necessità. Tra queste erano presenti alcuni dessert reidratabili come il budino alla banana, alle mele o al cioccolato. Oppure prodotti per la colazione come pesche, macedonia di frutta, pancetta, corn flakes, cubetti di fragola o albicocca. Senza dimenticare vari tipi di insalate, carni e persino un cocktail di gamberi.

Per saperne di più:

https://www.argotec.it/argotec/index.php/spacefood/spacefood

Storia del cibo spaziale

28/08/2014

Quel qualcosa in più !

Nel programma alimentare di un astronauta che deve passare diversi mesi sulla ISS è prevista anche l’assunzione di specifici integratori alimentari.

Gli integratori alimentari sono utili per garantire quei livelli ottimali di nutrienti necessari all’organismo e per mantenere la macchina metabolica tarata al meglio. Ne esistono di diversi tipi.

Tra gli integratori più noti si riconoscono delle erbe adattogene, cioè capaci di aiutare l’organismo ad adattarsi agli stimoli ambientali. Ne sono esempi l’ashwagandha, il ginseng, la rodiola rosea che hanno effetti benefici antistress.

Alcuni alimenti che consumiamo abitualmente hanno il loro corrispettivo in integratori alimentari. Il cacao, il tè verde e la melagrana sono dei potenti antiossidanti, la cannella si può usare nella regolarizzazione della glicemia, la curcuma è un potente antinfiammatorio, la liquirizia aiuta a contrastare lo stress mentre lo zenzero può essere un valido aiuto per ridurre il colesterolo.

Alcuni integratori, invece, hanno nomi decisamente meno comuni ma è bene conoscerli per saper assumerli in modo corretto. L’acetil carnitina, per esempio, è un aminoacido che può essere consigliato, sotto controllo medico, alle persone che soffrono di diabete; l’acido alfalipoico agisce contro lo stress ossidativo, così come anche il coenzima Q10 che è un noto antiossidante; per favorire la detossificazione del fegato può essere utile assumere della N-acetilcisteina.

Infine, non bisogna dimenticare le vitamine: in questa numerosa famiglia alcune sono potenti antiossidanti (vitamina A, C, E) e altre sono co-fattori nel metabolismo (vitamine del gruppo B). Indispensabile per il nostro organismo è anche la vitamina D per la sua intensa azione protettiva e preventiva sulle arterie e su alcuni tipi di tumori. La vitamina D viene prodotta con l’esposizione alla luce solare: per questo, siccome non è sempre possibile, soprattutto d’inverno, esporsi al sole, è importante valutare con il proprio medico la possibilità di assumere un integratore di vitamina D.

Quando si parla di integratori alimentari vale la regola di non affidarsi al fai-da-te: è sempre bene rivolgersi al proprio medico curante per decidere se e quali integratori assumere.

 Dr. Filippo Ongaro

Per saperne di più’: https://www.filippo-ongaro.it/

Nutrizione e salute

26/08/2014