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Space Fashion #2: stile russo

Se gli americani rinnovano la propria collezione per rendere più “eleganti” (cioè più sicure ed efficienti) le passeggiate spaziali, i russi non sono da meno.

Entro il 2015, infatti, è stato annunciato in arrivo sulla Stazione Spaziale, la nuova tuta per EVA, la Orlan modello MKS. Per la verità, doveva essere già sulla stazione dal 2013, ma a causa di alcuni ritardi l’uscita è stata posticipata.

Una volta messa a punto nel 1977, la Orlan ha accompagnato i cosmonauti in centinaia di passeggiate spaziali senza subire stravolgimenti, com’è nello spirito russo: affidabile e sicura per decenni. Nel corso del tempo, però, sono stati apportati numerosi ritocchi, piccoli miglioramenti, che hanno dato luogo a diversi modelli: la Orlan-D, la Orlan-DM, la Orlan-DMA, la Orlan-M. Al momento, sulla stazione spaziale si usa il modello Orlan-MK, che fu introdotto nel 2009 e che è stata la prima tuta spaziale russa completamente computerizzata. Il pc integrato nella tuta guida il cosmonauta in tutte le procedure di utilizzo e controllo della tuta nel corso delle attività veicolari.

Sebbene dai 59 kg del modello D si sia passati ai 120 kg del MK, la Orlan ha sempre mantenuto alcune caratteristiche che la differenziano dalla EMU della NASA.

Samantha_spacewalk_training orlan suitPer esempio, la tuta russa ha una struttura semi-rigida, che non permette movimenti altrettanto fluidi – per modo di dire, s’intende – di quelli consentiti dalla EMU. In compenso è decisamente più semplice da indossare: a differenza della EMU, non è necessario l’aiuto di un collega e occorrono appena 5 minuti. Nella Orlan, infatti, si entra dalla parte posteriore, aprendo l’intera piattaforma che ospita il sistema (il life support equipment), che mantiene le condizioni ideali per il cosmonauta che la indossa. Un vero e proprio portellone d’accesso, insomma.

Anche la manutenzione è più semplice: una volta terminata l’EVA, la tuta può essere immediatamente preparata per l’attività extraveicolare successiva. Come nel caso della EMU, l’atmosfera interna è mantenuta a 0,4 atm: occorrono circa 30 minuti di preparazione specifica da parte degli astronauti, prima di chiudersi nella loro nuova pelle. Perché nelle tute spaziali non si ricrea un’atmosfera simile a quella terrestre? Pazientate ancora un poco: ne parleremo in un prossimo post.

Nel frattempo, ecco la storia di Mr Smith – un nome perfetto per una spia degna di 007 – che visse un breve momento di celebrità quando, nel febbraio 2006, fu letteralmente defenestrato dalla Stazione Spaziale. Il cosmonauta Valeri Tokarev e il suo collega della NASA Bill McArthur, che lanciarono Mr Smith in orbita, potrebbero difendersi dicendo che era un “pallone” gonfiato e, per certi versi, è vero. O che fosse impalpabile e inconsistente, come un fantasma. Anche questo è vero. Solo che nessuno li accuserebbe mai di omicidio. Mr Smith era una tuta Orlan che fu immessa in orbita intorno alla Terra utilizzando la Stazione spaziale come base di lancio. Naturalmente senza alcun astronauta al suo interno. Si voleva verificare se fosse possibile utilizzare tute spaziali come piattaforme per alloggiare piccoli satelliti per uso amatoriale, risparmiando enormemente sui costi di lancio. Nel casco di Mr Smith era stato montato un radio trasmettitore, che doveva servire per le comunicazioni di tipo ARISS.

L’esperimento SuitSat-1 (questo il suo nome formale) cessò nel settembre dello stesso anno, quando la tuta fantasma con il nome da spia da Guerra Fredda si tuffò in atmosfera, rimanendone polverizzata.

Dimenticavo: Mr Smith era chiamato anche Ivan Ivanovich. Ma questa è tutta un’altra storia.

Stefano Sandrelli

Niente Panico

09/01/2015