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Indossare una bolla d’aria

Una bolla d’aria: ecco come viene descritta dall’astronauta canadese Chris Hadfield la tuta Sokol, che Samantha e i suoi colleghi indosseranno nel corso del lancio della Soyuz che li porterà sulla Stazione Spaziale, nella notte fra domenica 23 e lunedì 24 novembre. Una bolla d’aria, e non perché sia leggera come il vento o morbida come un soffio d’aria sul viso, ma perché è la descrizione letterale del suo funzionamento. La Sokol è infatti una tuta che, in caso di emergenza, è in grado di sigillare l’astronauta al proprio interno, garantendogli le giuste condizioni ambientali, con un’aria pienamente respirabile.

Il mantenimento della bolla respirabile nella tuta è dovuto a uno strato interno di policaprolattame gommificato e uno strato esterno di tela di nylon bianco. La tenuta è garantita per circa 30 ore in un ambiente pressurizzato, mentre per un paio di ore in ambiente non pressurizzato. La tuta, inoltre, è provvista di cavi elettrici che alimentano un ventilatore, per eliminare o ridurre il sudore, e di cavi che riforniscono la tuta di ossigeno e di aria.

sam entering the sokolIndossarla è più semplice di quanto non accada con una tuta per le attività extraveicolari, ma non è certo come mettersi una t-shirt. La Sokol è un pezzo unico, guanti a parte, dalla testa agli scarponi. Ci si infila dentro come… avete mai visto il film di fantascienza (con varie punte di horror) che si intitola La cosa? Il regista era John Carpenter. Un alieno cattivissimo usciva improvvisamente da sotto lo sterno dei malcapitati umani che ne erano vittime. Per la Sokol è un po’ il viceversa. Ci si cala dentro la tuta – iniziando dai piedi – all’altezza dello sterno, infilandosi dentro a una specie di membrana che forma un budello. Quando la parte inferiore del corpo è a posto, allora si procede a infilare anche braccia e spalle infine la testa, inchinandosi e facendola poi riemergere nell’alloggiamento a cui è fissato il casco. I guanti vengono messi dopo.

Unici pregi, per quanto riguarda la vestizione: pesa appena 10 kg ed è tagliata su misura per ogni membro dell’equipaggio. Per curiosità: quella di Samantha è la Sokol numero 422, che contiene il numero 42 – quello della spedizione e quello della nota risposta alla domanda fondamentale della Guida galattica.

Una volta indossato questo bozzolo protettivo, la vera comodità arriva solo quando l’astronauta assume una posizione “alla Soyuz”. Ovvero seduto, con le ginocchia piegate verso la cassa toracica, in posizione di partenza. Come molti altri elementi spaziali russi, insomma, è un oggetto molto orientato al suo scopo, terribilmente efficiente ma che non lascia grandi spazi di manovra.

Una volta attraccati alla Stazione Spaziale, Samantha e i suoi colleghi lotteranno diversi minuti per togliersi questa tuta e si cambieranno d’abito prima dell’ingresso nella casa orbitale. Come conviene a chi festeggia l’arrivo in una nuova casa.

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Altre foto di Samantha con la Sokol qui.

Stefano Sandrelli

Niente Panico

21/11/2014