Mars500: cibo spaziale in allenamento per Marte
Nessun uomo è ancora andato a fare compagnia al Mars Rover Opportunity sul pianeta rosso ma la ricerca affinché ciò sia possibile un giorno va avanti.
Cosa e’ quindi la missione Mars500?
Si tratta di una simulazione, fatta a Terra all’interno di un veicolo spaziale appositamente costruito, di quello che sarebbe un viaggio verso Marte, rispettando i tempi di viaggio e permanenza realistici: più di cinquecento giorni in totale. Proprio come in un vero viaggio spaziale di così lunga durata gli astronauti, tutti volontari, hanno dovuto portare con se tutto il cibo necessario, il materiale necessario alla missione e vivere in un ambiente completamente isolato dal mondo esterno. Anche le comunicazioni con il centro di controllo hanno rispettato la “realtà marziana avvenendo praticamente solo attraverso un computer e con un ritardo nella risposta fino a quaranta minuti.
Fra i vari problemi che un viaggio così lungo e difficile è necessario affrontare c’è quello del cibo: che tipo di alimenti possono durare a lungo mantenendo le proprie proprietà? gli astronauti possono resistere, anche psicologicamente, a mangiare in modo così diverso per più di un anno?
Lo ha chiesto per noi Antonio Pilello di Argotec a Diego Urbina, uno degli astronauti volontari che hanno partecipato a Mars500.
Diego, che cosa avete mangiato durante la missione Mars500? Da chi è stato fornito il cibo?
Il cibo è stato diverso per le differenti fasi della finta missione. Durante il viaggio di andata per Marte che stavamo simulando il cibo era tedesco e surgelato: proprio questo era uno degli aspetti più difficili, perché dovevamo mangiare tutto, né più né meno di quello che c’era sul menu. Una volta raggiunto “il suolo marziano” abbiamo mangiato in barattoli che si usano nel segmento russo della Stazione Spaziale Internazionale.
A me piacevano molto, forse perché è stato un cambiamento rispetto agli 8 mesi precedenti del viaggio di andata. Nel viaggio di ritorno, abbiamo mangiato cibo russo ma anche internazionale, per la maggior parte liofilizzato o sempre in barattoli.
Il cibo era già pronto (termostabilizzato, liofilizzato?) oppure avete potuto “cucinare” mescolando alcuni ingredienti?
Una parte del cibo era liofilizzato, congelato, o appunto in barattolo. Volevano testare diverse opzioni.
Abbiamo cucinato solo una volta quando ho deciso di fare una “pizza” (anche se non era una vera e propria pizza!) sfruttando gli ingredienti a disposizione. È stato divertente e i ragazzi mi hanno aiutato: gli è piaciuta molto. Ma diciamo che, in generale, gli alimenti che c’erano non erano stati pensati per cucinare.
Hai potuto gustare dei prodotti tipici italiani/colombiani o il menu era uguale per tutti? Hai potuto “costruire” il tuo menu, scegliendo tra varie opzioni? Oppure la tua dieta è stata scelta dal personale medico?
Avevamo due prodotti italiani: del parmigiano (ho improvvisato una grattugia grazie a un tappo di plastica e un trapano!) e dello yogurt liofilizzato.
All’inizio ci hanno chiesto che cosa non ci piaceva affatto, ma la “costruzione” del menu si è limitata a quello, dovevamo mangiare quello che c’era a disposizione. Era difficile aggiungere piatti tipici dei nostri paesi perché tutto era controllato dal punto di vista della composizione, dei valori nutrizionali, eccetera. A me piace molto mangiare cose insolite quindi non è stato un problema, ma non è sempre così per tutti.
Durante una missione così lunga, possiamo considerare il cibo (colore, profumo, sapore) come una sorta di aiuto psicologico? Che cosa hai apprezzato di più?
Decisamente, se c’è qualcosa di buono a tavola, fa una grandissima differenza, per me non era così evidente prima. Soprattutto si apprezzano le cose buone, e nuove, e poi se si tratta di cibo fresco è sicuramente molto meglio(avevamo una piccola serra che ogni tanto ci dava un po’ di cibo fresco).
La condivisione del cibo è uno degli aspetti più importanti durante le missioni di lunga durata: avete sempre mangiato insieme?
Cercavamo di farlo, ma non era sempre possibile. Di solito riuscivamo a fare insieme la colazione ed era piacevole perché era l’unico momento in cui effettivamente ci vedevamo tutti e cinque allo stesso tavolo.
Dopo la fine della missione, è stato facile o difficile riabituarsi alla “cucina della Terra”? Fai più attenzione alla tua alimentazione rispetto a prima della missione?
Uno degli esperimenti prevedeva l’abbassamento della quantità di sale nel cibo, e ci siamo resi conto che era possibile vivere con poco sale, ci si abitua e dopo un po’ non si nota la differenza e inoltre ha molti benefici per la salute.
In generale adesso che la simulazione è finita, cerco di mangiare un po’ più sano di prima, perché conosco molto meglio come reagisce il mio corpo al cibo. Non sempre è possibile, ma una delle cose che vedo con occhi diversi dopo 520 giorni di isolamento è proprio il mio modo di mangiare.
08/07/2014