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Perdere peso?

Quanti di noi hanno desiderato essere nello spazio solo per il gusto di perdere peso? Perderlo del tutto, voglio dire.

Eppure nessun dietologo serio ve lo consiglierebbe: intanto perché saprebbe perfettamente che, se vogliamo smaltire un po’ di ciccia, è la massa, non il peso, quella che si deve perdere. E saprebbe anche che la massa ve la portate dietro tale e quale ovunque voi siate: a casa, al mare, in montagna, nello spazio. E sulla Stazione Spaziale.

Se poi vi accontentate di perdere letteralmente peso… be’, niente da fare nemmeno in questo caso. Tecnicamente, a bordo della ISS non si perde affatto peso. Il motivo è semplice. Il nostro peso non è altro che la forza con la quale la Terra ci attrae e dipende dalla distanza tra noi stessi e il centro del pianeta: più ci allontaniamo, più la forza diminuisce.

Ecco, proprio qui sta il punto: la ISS si trova ad appena 400 km di quota, mentre il raggio medio della Terra è di circa 6371 km. In altri termini, nonostante la gran fatica e tutta la tecnologia necessaria per arrivare in orbita non ci siamo allontanati poi di molto e il peso – inteso come forza peso – diminuisce appena del 10%.

Riassumendo quindi la massa rimane la stessa e il peso diminuisce di poco. Eppure gli astronauti della ISS galleggiano nello spazio. Com’è questa storia? Ma se abbiamo ancora peso, perché non si cade? Gli astronauti, quando li vediamo galleggiare, stanno cadendo. Non verso la Terra, ma intorno alla Terra.

Non perdetevi la prossima puntata e … Niente Panico!

 

Stefano Sandrelli

 

Niente Panico

26/06/2014

Così lontani, così vicini

Spazio e Terra: difficile immaginarsi due cose tanto diverse e distanti. Eppure sulla terra ancor oggi la nutrizione clinica si avvale di innovazioni che arrivano direttamente dallo spazio e anche una dieta come quella “spaziale” può essere improntata alla ricerca di alimenti buoni, puliti e giusti, frutto della nostra Terra Madre.

Le esplorazioni spaziali e la permanenza prolungata nello spazio hanno avuto enormi ripercussioni su vari ambiti della nostra vita sulla terra, influenzando le tecnologie disponibili, incrementando le conoscenze sulla fisiologia del corpo umano e aprendo la via a nuove frontiere dell’alimentazione e della nutrizione.

Ancora oggi infatti, negli ospedali di tutto il mondo, si utilizzano quotidianamente formule per nutrizione enterale, cioè somministrate attraverso sonde posizionate nell’ intestino (gastrostomie e sondini naso-gastrici), che sono arrivate alla nutrizione clinica dopo le sperimentazioni condotte nello spazio, dove sono state studiate per fornire agli astronauti alimenti estremamente digeribili e nutrizionalmente completi.

Dopo la prima fase della presenza umana nello spazio l’evoluzione dei tempi di permanenza (non più pochi giorni, ma settimane o mesi) e delle finalità della permanenza (non più solo sfida, ma occasione per lo sfruttamento dell’assenza di gravità a fini scientifici) ha indotto sostanziali differenze nell’ organizzazione della giornata alimentare. Non le “mega-pillole” spaziali dei film di fantascienza e dell’immaginario collettivo, ma un’alimentazione che venisse incontro alle molte esigenze: sicurezza microbiologica (già prioritaria sulla terra, ancora più nello spazio), adeguata consistenza (ad esempio, nello spazio le briciole non sono permesse), bilanciamenti nutrizionali in micro e macronutrienti (tra i quali fornire adeguate calorie e proteine, riducendo il sodio per contrastare la rarefazione del tessuto osseo). E naturalmente la piacevolezza sensoriale; anche lassù non si può solo pensare al cibo come medicina:  il gusto è un elemento essenziale.

E’ quindi naturale che le recenti evoluzioni del cibo spaziale si coniughino, nelle scelte di Samantha Cristoforetti, fra la tradizione – nella scelta di alimenti che sono frutto di esperienze e saperi e sede di una memoria individuale e collettiva – e le più recenti innovazioni tecnologiche: un “buono-pulito-e-giusto-anche-nello-spazio”. Pasti “cucinati”, basati su alimenti tradizionali, ricchi di sapori e storia, a partire da legumi e cereali antichi e tradizionali tipici della gastronomia italiana e mediterranea.

Andrea Pezzana, Slow Food Italia

18/06/2014

Posto che vai gravita’ che (non) trovi!

Quando il cavaliere Jedi Qui-Gon Jinn e il suo allievo Obi-Wan Kenobi atterrano sul pianeta Naboo, imbarcano nella loro compagnia Jar Jar Binks, un umanoide anfibio e pasticcione – un tipo decisamente simpatico, se non lo si deve frequentare troppo spesso. Sul pianeta Tatooine, invece, i due incontrano il mercante Watto, un toydariano – una specie di calabrone di cui si stenta a credere possa volare davvero. Per quanto i pianeti e le razze che li popolano siano differenti fra loro, per quanto Naboo sia ricco di acqua e Tatooine desertico, c’e’ qualcosa che li accomuna: la forza di gravità. Per accorgersene basta osservare come camminano nel film Jinn e Kenobi: pur cambiando pianeta si muovono esattamente allo stesso modo sembrando anche a loro agio; e’ quindi probabile che quei pianeti esercitino un’attrazione gravitazionale simile a quella dei pianeti d’origine dei personaggi. E non è soltanto la scioltezza dei movimenti: anche se non ce ne accorgiamo, il peso e quindi la forza di gravita’, influenza profondamente tutta la nostra vita quotidiana, persino nei dettagli. Quando siamo in piedi, per esempio, il sangue si trova in gran parte sotto il livello del cuore: se la circolazione deve funzionare, allora il muscolo cardiaco deve pompare con una forza sufficiente a vincere l’attrazione gravitazionale. Il nostro senso dell’equilibrio dipende dai movimenti degli otoliti, sassolini che si trovano nell’orecchio interno e che si muovono sotto l’azione della gravità: cambiate la gravità e il nostro sistema di orientamento naturale andrà del tutto in tilt. E questi non sono che due casi particolari. E sulla Stazione Spaziale? Lassù in orbita, la forza di gravità è controbilanciata dalla forza centrifuga: è come se il peso scomparisse. Gli astronauti devono fare i conti con la mancanza della principale forza con cui facciamo i conti quotidianamente: una bella prova di adattamento!

Stefano Sandrelli

Niente Panico

17/06/2014

Uno chef… spaziale: Stefano Polato

Ogni luogo, città, regione o paese può comunicare con la gente attraverso la cucina. Stefano Polato, lo chef ufficiale della missione Futura di Samantha Cristoforetti, ha iniziato a lavorare con Argotec nel 2012. Tre parole possono descrivere bene il lavoro di Stefano: passione, natura e gratitudine. La prima lo ispira ogni giorno e lo sostiene nella ricerca di nuove soluzioni a tavola. La seconda è pensata come un esempio positivo da cui prendere spunto quando si pensa a una nuova ricetta. Infine, l’ultima è il sentimento che il nostro chef prova dentro di sè quando un cliente lo onora con la sua presenza. Oltre a queste, in realtà potremmo usare molte altre parole per far capire a tutti chi è Stefano: gusto, benessere, salute, amicizia e buona compagnia.

Stefano Polato al lavoro

Stefano Polato al lavoro

Tra Stefano e Samantha c’è stata fin da subito un’ottima sintonia nella scelta degli alimenti da portare in orbita. Da questo punto di vista, è molto importante raggiungere il giusto equilibrio tra l’alta qualità dei prodotti locali così come di quelli più esotici. La scelta dei nutrimenti utilizzati da Argotec nella preparazione del bonus food è anche stata fatta sulla base di criteri scientifici molto rigorosi, in modo da selezionare, tra gli ingredienti più sani e nutrienti, quelli maggiormente adatti per la salute e il piacere di Samantha. È molto importante mangiare in modo corretto sulla Terra, ma questo vale ancora di più in condizioni di microgravità.

Raggiungiamo Stefano all’interno dello Space Food Lab di Argotec a Torino, proprio mentre sta preparando qualcosa di gustoso per la missione Futura:

La Stazione è internazionale per definizione, con persone di diversa provenienza e cultura, con tradizioni e gusti differenti di cui ho tenuto conto pensando ai momenti di condivisione tra Samantha e i suoi colleghi. Inoltre, attraverso la cucina è possibile trasmettere al grande pubblico alcuni concetti interessanti. In particolare, Samantha ci ha chiesto un bonus food che rappresentasse bene la sana alimentazione e il benessere psicofisico. L’astronauta, può essere pensato come una lente di ingrandimento, un esempio positivo tramite cui avere accesso a informazioni utili da applicare nella vita quotidiana sulla Terra. In particolare cercheremo di sottolineare quanto siano importanti i metodi di cottura: abbiamo selezionato quelli meno impattanti per l’alimento in modo da avere un pasto pronto, completo e con una shelf-life di almeno 18-24 mesi.”

Antonio Pilello, Argotec

Dietro le quinte

11/06/2014

Nutrirsi nello spazio: la nutrigenomica

Un ruolo di rilievo, tra i molteplici aspetti che si considerano prima e durante un volo spaziale umano, è rivestito dall’ alimentazione che gli astronauti devono seguire durante la loro permanenza nello spazio. Gli effetti della microgravità e degli altri fattori di stress a cui gli astronauti sono sottoposti vengono controbilanciati da un preciso programma alimentare che viene studiato dal punto di vista nutrigenomico. La nutrigenomica è un approccio medico innovativo che non considera più il cibo come un semplice insieme di calorie ma come informazione che entra nell’ organismo e regola i processi cellulari e l’espressione genica. I nutrienti contenuti nei cibi interagiscono in modo diverso con il nostro organismo a seconda delle “istruzioni” presenti nelle nostre cellule. È in base a come nutrienti e geni dialogano tra di loro che, secondo l’approccio nutrigenomico, è possibile costruire un programma alimentare completo di tutte le indicazioni sullo specifico apporto di calorie, nutrienti e integratori alimentari che contribuiscono a ristabilire la funzionalità metabolica ottimale, ossia a regolare la moltitudine di reazioni biochimiche che ogni istante avvengono nelle nostre cellule. Gli effetti positivi della nutrigenomica si possono testare, oltre che nello spazio, anche sulla Terra. Secondo questa disciplina medica, infatti, è possibile capire quali cibi assumere per influenzare la funzionalità del DNA e delle nostre cellule e prevenire il rischio dell’insorgenza di malattie. È risaputo, infatti, come l’alimentazione sia uno dei primi fattori di prevenzione di alcune delle più comuni patologie come obesità, diabete e alcuni tumori, in particolare quelli più legati allo stile alimentare come quelli del colon. Nonostante la nutrigenomica preveda un approccio personalizzato per ciascun paziente, individua comunque dei capisaldi che possono essere considerati validi per tutti. I principi base della nutrigenomica sono: –       l’importanza di costruire i pasti secondo il principio del piatto unico; –       il consumo di frutta e verdura in abbondanza; –       l’introduzione dei legumi come fonti di proteine vegetali e dei cereali integrali per il loro contenuto di fibre; –       la preferenza di noci, mandorle e frutta secca per degli spuntini energetici; –       la predilezione per pesce azzurro, uova e carni magre per le proteine animali.  

Dr. Filippo Ongaro

 

Nutrizione e salute

09/06/2014

2001: Odissea nello spazio… e in cucina.

Nel capolavoro di Stanley Kubrick del 1968, gli astronauti David Bowman e Frank Poole consumano un cibo altamente tecnologico e liofilizzato durante il lungo viaggio a bordo dell’astronave Discovery One, diretta verso Giove. L’equipaggio può comporre il proprio menu scegliendo tra i vari prodotti disponibili, per lo più cremosi o gelatinosi, che vengono preparati da una macchina self service e serviti in appositi vassoi. Senza dubbio, il celebre regista aveva già capito molti anni fa l’importanza dell’alimentazione nel corso delle missioni spaziali. Ai giorni nostri, gli astronauti europei possono gustare in orbita i piatti della tradizione così come quelli più sani e nutrienti. L’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha affidato lo studio, lo sviluppo e la produzione del proprio cibo spaziale all’azienda italiana Argotec, responsabile unica in Europa per il bonus food degli astronauti europei. Nello Space Food Lab di Torino, lo chef Stefano Polato della missione Futura e alcuni esperti di nutrizione sviluppano il cibo extra delle “grandi occasioni”, che ha una durata di almeno 18-24 mesi ed è costituito interamente da ingredienti biologici. In particolare, dopo le positive esperienze con Luca Parmitano e Alexander Gerst, il menu per Samantha Cristoforetti è il risultato di oltre un anno e mezzo di ricerca e sviluppo del team guidato dallo Chef Polato di Argotec. L’obiettivo principale è quello di ridurre al minimo il contenuto di sale nel cibo, per evitare la ritenzione idrica e i suoi effetti negativi, e garantirne la conservazione senza alterarne colore, consistenza, odore e sapore. Durante la produzione sono stati applicati metodi innovativi di disidratazione e termostabilizzazione, sempre nel massimo rispetto delle qualità organolettiche e nutrizionali degli alimenti. Dalle confezioni non devono fuoriuscire briciole o pezzetti di cibo che potrebbero finire all’interno delle strumentazioni oppure essere inalate. Gli ingredienti vengono pensati appositamente per ciascun astronauta europeo e rappresentano un vero e proprio boost psicologico nel corso delle missioni di lunga durata, senza trascurare gli effetti positivi della condivisione con i colleghi della Stazione Spaziale Internazionale. La sana e corretta alimentazione, insieme alla necessaria attività fisica giornaliera, è l’unico modo realmente efficace per preservare la salute degli astronauti e per facilitarne la successiva riabilitazione dopo il rientro.  

Antonio Pilello, Argotec

05/06/2014

Lunga vita e prosperità

Lunga vita e prosperità: il famoso saluto vulcaniano fu usato per la prima volta dal mitico Spock nel 1967, nel corso della seconda stagione di Star Trek. Prima di tutto, se si vuole vivere in buona salute per molti anni, si deve prestare attenzione alla propria dieta e allenarsi regolarmente. Naturalmente, i personaggi di Star Trek non hanno grandi problemi riguardo alla loro condizione fisica: possono utilizzare un replicatore, una macchina in grado di sintetizzare i piatti più gustosi e genuini della Galassia, e possono allenarsi in qualsiasi condizione utilizzando la realtà simulata di un ponte ologrammi, che permette di ricreare scene molto realistiche grazie appunto a ologrammi e suoni indistinguibili dalla realtà’. 

Questo e’ solo un universo immaginario ma disporre di cibo sicuro, nutriente e accettabile al palato è molto importante per la salute e le prestazioni di un equipaggio, soprattutto se si tratta di missioni di lunga durata. Inoltre, secondo questo report, l’esplorazione umana dello spazio al di là dell’orbita bassa terrestre (ovvero tra 160 e 2000 km dalla Terra) sarà realmente produttiva, fattibile e sicura solo se si riuscirà a fornire un sistema di alimentazione adeguato per gli astronauti. Al momento infatti il periodo di conservazione di molti alimenti è di soli 1,5 anni e diversi nutrienti chiave rischiano di degradare troppo in fretta oltre questa soglia. Bisogna infine tenere conto dei problemi legati alla massa, al volume delle confezioni e al loro smaltimento.

Le attuali procedure di pre-volo e l’uso di provviste preconfezionate garantiscono la sicurezza alimentare del cibo che viene trasportato ma è comunque importante estendere nel tempo la fruibilità dei prodotti e limitare l’uso delle risorse per il trasporto e per la preparazione di scorte alimentari appetibili. Il gusto e la consistenza degli alimenti sono di particolare importanza per gli astronauti, che hanno bisogno non solo delle sostanze nutritive essenziali per sopravvivere ma anche di cibo familiare per migliorare la loro condizione psicologica in un ambiente insolito e artificiale.

19/05/2014

Samantha Cristoforetti

Nata a Milano ma vissuta a Malè in provincia di Trento, Samantha Cristoforetti è uno dei sei astronauti ESA classe 2009, gli Shenanigans. Pilota dell’Aeronautica Militare Italiana parteciperà all’Expedition42/43 e servirà sulla navicella Soyuz TMA-15 come ingegnere di bordo. È stata selezionata per la missione Futura, la seconda di lunga durata dell’Agenzia Spaziale Italiana dopo quella del collega Parmitano. La data del lancio della sua prima missione è fissata per il 23 novembre alle ore 22:01 italiane dal cosmodromo di Bajkonour in Kazakistan. Leggi ancora

The team

18/09/2013

Anton Shkaplerov

Selezionato nel 2003 come astronauta per la RSA (L’Agenzia Spaziale Russa), Anton Shkaplerov ha lavorato come pilota istruttore per l’Aeronautica russa e, dal 2003 al 2005, come direttore delle operazioni per l’Agenzia Spaziale Russa presso il Johnson Space Center della NASA. È volato per la prima volta verso la Stazione Spaziale Internazionale nel 2011, durante l’Expedition 29/30; nel febbraio del 2012 ha effettuato la sua prima passeggiata spaziale. Anton Shkaplerov partirà per la sua seconda missione insieme a Samantha Cristoforetti il 23 Novembre 2014 come comandante della Soyuz TMA-15M.

The team

18/09/2013

Aleksandr Samokutyayev

Astronauta della RSA (L’Agenzia Spaziale Russa), è stato reclutato nel 2005 dopo aver già lavorato per i cinque anni precedenti al Gagarin Cosmonaut Training Center, il centro russo di addestramento astronauti. Ha lavorato poi come comandante di riserva e ingegnere di volo; nel 2011 ha partecipato all’Expedition 27/28, condividendo tre mesi nello spazio con l’italiano Paolo Nespoli e partecipando ad una passeggiata spaziale della durata di sei ore e ventitré minuti. La missione 27/28 è stata effettuata durante l’anniversario del volo di Yury Gagarin, il primo uomo a essere salito nello spazio nell’aprile del 1961. Samokutyayev sta attualmente partecipando all’Expedition 41/42 come comandante della Soyuz TMA-14; resterà sulla ISS fino a Marzo 2015.

The team

18/09/2013