Quihicha, blanco ancho e chullpi: i cereali alternativi
Nella lingua Quechua è noto con il nome quihicha o kiwicha (noto anche come amaranto) ed è una pianta annuale, rustica, resistente alla siccità, al caldo e al freddo, coltivata negli orti e nei piccoli appezzamenti delle Ande, fino a 3.600 metri sopra il livello del mare e diffusa in America Latina. L’amaranto non è propriamente un cereale, ma simili ai cereali sono i suoi utilizzi: è impiegato come grano integrale, tostato, bollito o trasformato in farina, mentre le foglie più giovani possono essere utilizzare come qualsiasi altro ortaggio a foglia. Anche se vi sono ancora comunità che lo coltivano, l’uso tradizionale dell’amaranto come alimento rischia di scomparire per via di alcuni cambiamenti nelle abitudini alimentari locali.
Eppure, nonostante il progressivo abbandono della loro coltivazione, nel mondo esistono e resistono moltissime tipologie di cereali e pseudocereali alternativi ai soliti noti, e anche per grano, mais, riso vi sono centinaia di migliaia di varietà, coltivate in piccole quantità e base della sussistenza delle comunità locali. In Argentina, ad esempio, potremmo elencare il mais amarillo angosto, il blanco ancho, il blanco criollo, il capia, il capia rosato, il chullpi, il colorado, l’amarillo socorro e moltissimi altri. Similmente, nelle Filippine, potremmo dar conto dell’esistenza di innumerevoli varietà di riso, tra cui ad esempio l’ominio, una varietà glutinosa a crescita lenta che richiede almeno un periodo di crescita di cinque mesi dalla semina alla raccolta, che secondo una recente ricerca condotta dall’IRRI sarebbe presente in tre soli luoghi al mondo.
Per trovare cereali poco noti non è neppure necessario cambiare continente. In Francia, ad esempio, in Alta Provenza si coltiva ancora il piccolo farro(in foto in copertina), che da un po’ di anni ha ricominciato a destare interesse, grazie alla rusticità della pianta, adattata ai climi semiaridi e ai terreni poveri, e alle qualità nutritive e organolettiche dei suoi grani, particolarmente ricchi in proteine, magnesio e fosforo. E molti esempi interessanti arrivano anche dall’Italia: in Veneto, ad esempio, nelle valli bellunesi si coltiva ancora l’orzo antico, utilizzato per preparare minestre, farine e birra; in Valtellina si raccoglie ancora il grano saraceno, con la cui farina si preparano la polenta “nera” e i pizzoccheri e poi interessanti varietà di riso, di grano e di mais. Trovarle in commercio non è impossibile. Un po’ in tutta Italia, infatti, stanno tornando in auge i molini che lavorano bene, con varietà locali e procedure tradizionali e che rendono probabile apprezzare e conoscere tutta questa biodiversità.
Slow Food
Per saperne di più: https://www.slowfood.it/
04/12/2014