Sulla superficie della Terra la velocità di fuga (ovvero quella necessaria ad un corpo per lasciare l’atmosfera terrestre) è pari a circa 11.2 km/s, cioè oltre 40mila km/h. In passato, molti autori di fantascienza hanno pensato a un sistema alternativo che fosse in grado di trasportare uomini e mezzi dalla Terra direttamente nello spazio, senza dover fare necessariamente ricorso alla propulsione a razzo. È il caso, per esempio, di scrittori molto noti come Arthur C. Clarke e Frank Shätzing, che hanno utilizzato in alcune opere l’espediente dell’ascensore spaziale, la cui realizzazione è da sempre oggetto di studio, vista la sua grande complessità. Una volta costruita, il ritorno economico di una simile struttura sarebbe evidente: costi ridotti per il trasporto di materiale e personale, ma anche la possibilità di lanciare satelliti artificiali e navette semplicemente sfruttando la forza centrifuga alla sua sommità.
Per il momento, se vogliamo ridurre i costi, è ancora opportuno minimizzare il carico trasportato in orbita. Nel caso dello space food, un buon sistema è quello della liofilizzazione, che tra l’altro permette di mantenere pressoché inalterati colore, gusto e consistenza dei prodotti, una volta reidratati. In particolare, Argotec ha scelto questa tecnica per due ragioni: la shelf-life (ovvero il periodo di conservazione) è molto più lunga rispetto alla semplice disidratazione, superiore ai due anni anche a temperatura ambiente; inoltre si tratta di un processo che rispetta maggiormente gli alimenti e i valori nutrizionali. La liofilizzazione avviene in condizioni di vuoto spinto: i prodotti vengono congelati velocemente a -30, -40 °C, poi la pressione viene ridotta fino al punto in cui l’acqua contenuta nel cibo può sublimare (ovvero passare dallo stato solido di ghiaccio a quello di vapore) mediante un opportuno riscaldamento a una temperatura di 30 °C.
Come ci racconta Stefano Polato, il responsabile dello Space Food Lab di Argotec, i primi studi sono stati legati al fabbisogno degli astronauti, ma questa tecnica è ormai utilizzata con successo anche sulla Terra dal momento che comporta una serie di vantaggi per le grandi industrie alimentari, soprattutto per una questione di praticità nello stoccaggio e salubrità. Per quanto riguarda i prodotti di Samantha, in base al contenuto iniziale di acqua è stato possibile ridurre la massa del suo bonus food anche di oltre la metà. Ci sono diversi alimenti che possono essere liofilizzati partendo dal prodotto naturale, come ad esempio i lamponi (link al post su avamposto42). Altri, invece, devono essere lavorati in modo da formare una struttura idonea al trattamento. È il caso tipico di frutta e verdura, a cui in alcuni casi è necessario aggiungere maltodestrine o zuccheri per evitare che durante il processo di liofilizzazione si formino dei blocchi insolubili, cioè non più reidratabili. In ogni caso, Argotec ha selezionato per la missione di Samantha i prodotti naturali migliori, senza aggiunta di additivi.
Antonio Pilello, Argotec
Per saperne di più: https://www.argotec.it/argotec/index.php/about_us/spacefood_lab
04/09/2014
1 Comment
Una domanda molto “terra-terra”: gli eventuali nutrienti presenti, prima della liofilizzazione, in soluzione acquosa (quindi “disciolti” in acqua, come ad esempio vitamine, sali minerali, ecc.), se ne vanno anch’essi con la sublimazione dell’acqua?
Grazie!