Uno stile di vita sedentario, che si sta sempre di più diffondendo soprattutto nei paese occidentali, ha gravi conseguenze a lungo termine sulla salute del corpo umano. Spesso fin da giovani le persone non fanno abbastanza esercizio fisico e in molti casi il lavoro in ufficio costringe le persone a restare sedute per gran parte della giornata. Se poi a questo si aggiunge un apporto calorico giornaliero superiore al reale fabbisogno (anche a causa delle molte bibite gassate e con molti zuccheri disponibili sul mercato) è facile capire come la percentuale di obesità nella popolazione stia aumentando.
Entrambi questi fattori, la ridotta attività fisica e l’alta percentuale di massa grassa, possono avere conseguenze negative tra cui alcuni effetti sul metabolismo dei carboidrati.
Durante la digestione dei carboidrati il glucosio viene assorbito e entra all’interno del nostro flusso sanguigno; quando viene assorbito quindi il livello di glucosio nel sangue aumenta. Un maggiore livello di glucosio fa poi sì che il pancreas riceva l’istruzione di produrre insulina, un ormone che aiuta a prelevare il glucosio dal sangue e portarlo alle cellule, in particolare quelle muscolari. Allo stesso tempo la sintesi del glucosio da parte del fegato (che si occupa di produrre glucosio nei casi in cui il suo livello nel sangue sia troppo basso) viene fermata.
Nelle persone in salute l’aumento del livello di glucosio nel sangue in seguito all’aver mangiato dei carboidrati avviene dunque fino ad una determinata concentrazione oltre la quale l’insulina inizia a lavorare trasportando il glucosio dal sangue alle cellule e riportando i valori ai livelli iniziali.
Nelle persone che conducono invece una vita sedentaria o la cui percentuale di massa grassa è troppo elevata il livello di glucosio nel sangue dopo un pasto in cui si sono consumati carboidrati cresce
molto di più. Nonostante il pancreas produca insulina e questa a sua volta inizi a portare glucosio alle cellule la concentrazione nel sangue rimane elevata, suggerendo l’idea che l’insulina non sia più in grado di lavorare in maniera adeguata. Questo è quello che viene chiamato “intolleranza al glucosio”.
Questo tipo di intolleranza può svilupparsi anche in persone giovani e in salute che solo recentemente hanno iniziato ad avere uno stile di vita più sedentario. Questo è stato ad esempio confermato da alcuni studi in cui i soggetti erano in riposo forzato a letto (bed rest studies) per un determinato periodo: anche brevi periodi di quasi immobilità forzata possono portare ad una diminuzione nella tolleranza al glucosio. Anche negli astronauti è stato riscontrato lo stesso effetto durante alcuni studi durante le missioni Apollo e Skylab, avvenute negli anni ’60 e ’70. A suo tempo era stato fatto uno studio comparando i livelli di glucosio nel sangue e di insulina prima e dopo il volo; i cambiamenti presenti tra l’inizio e la fine della missione (all’epoca non erano stati fatti prelievi durante il periodo nello spazio)erano del tutto simili a quelli presenti nei soggetti costretti a letto negli studi di bed rest.
Anche se gli astronauti durante la loro permanenza nello spazio sono solitamente molto attivi senza esercizi appositi la loro muscolatura in microgravità non viene stimolata. Questa ridotta attività dei muscoli è sufficiente appunto a portare il livello di glucosio nel sangue a valori superiori a quelli accettabili e portare quindi l’astronauta a sviluppare un’intolleranza al glucosio.
Dr. Martina Heer
05/12/2014