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L-75: Due anni fa la nostra spedizione in Alaska!

Johnson Space Center (Houston, USA), 9 settembre 2014—Questa settimana è iniziata con un sacco di eventi che fanno capire davvero che presto voleremo nello spazio!

Che ne dite di una riunione con la direzione del programma ISS ieri? O un incontro di quattro ore con il team di controllo del volo sulla situazione attuale dei sistemi della ISS? O aver ricevuto i nostri “quaderni dell’equipaggio” ufficiali, certificati per volare sulla ISS? O aver ripreso in video la mia intervista pre-volo questa mattina?

E parlando di ultime cose, sto anche portando in giro un refrigeratore per la mia raccolta finale delle urine delle 48 ore… decisamente uno degli aspetti meno glamour e piacevoli dell’addestramento da astronauta!

Hey, oggi è anche un grande anniversario per il nostro equipaggio: esattamente due anni fa abbiamo iniziato la nostra spedizione NOLS in Alaska. È stato quando Butch, Terry e io abbiamo avuto veramente per la prima volta l’opportunità di conoscerci fra noi. Kimiya e Kjell, che hanno condiviso quell’avventura con noi, sono ora il nostro equipaggio di backup. Hel è ora il CAPCOM principale della Expedition 43, mentre Thomas è ancora il nostro Lead Flight Director [direttore di volo principale—N.d.T.] della Expedition 42!

Ho raccontato un po’ di più su questa storia qui.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Per saperne di più’: https://www.astronautinews.it/

09/09/2014

L-79: L’ultima esecuzione della famigerata 2.600… si spera!

Johnson Space Center (Houston, USA), 5 settembre 2014—Prima di tutto, mi scuso per il lungo silenzio. Non ho mai avuto intenzione di fare un’interruzione così lunga del diario, ma sono accadute delle cose nel lato privato della vita che hanno semplicemente avuto la priorità Così, ora sono tornata, lavorando a tutta velocità per una data di lancio che ora è, wow, lontana soli 79 giorni! Dalla mia ultima nota del diario ho fatto dei brevi viaggi in Giappone e in Europa che hanno incluso un po’ di ripasso sui sistemi del JEM e di Columbus rispettivamente, ma soprattutto l’addestramento agli esperimenti della JAXA e dell’ESA che farò durante la mia permanenza sulla ISS. Cercherò di riparlarne in qualche prossima nota del diario. Ora sono di nuovo a Houston per le mie poche settimane finali di addestramento al Johnson Space Center. Come di consueto, qui l’addestramento è piuttosto vario: ieri è stato il mio primo giorno e ho avuto una lezione di flebotomia, alcune brevi lezioni sugli esperimenti Body Measures [misurazioni del corpo—N.d.T.] e Salivary Markers [marcatori salivari—N.d.T.], una lezione di consulenza sull’Environmental Control System [sistema di controllo ambientale—N.d.T.], una lezione di familiarità con l’applicazione di bordo che usiamo per localizzare un incendio nascosto, e un paio di lezioni di IMAX, compreso un viaggio al cinema IMAX di Galveston per vedere dei filmati che avevo ripreso con Terry a luglio. Oggi, Terry e io abbiamo dato il nostro saluto finale alla procedura 2.600, almeno in termini di addestramento. E mi auguro certamente che non la useremo in orbita, anche se non si può mai sapere! La famigerata 2.600 è la procedura “guasto sconosciuto al bus EPS”, dove EPS è l’Electrical Power System [sistema di alimentazione elettrica—N.d.T.]. Intende gestire una grave perdita di alimentazione, che potrebbe influire sulle comunicazioni con la terra: questo potrebbe accadere perché i sistemi di comunicazione perdono corrente o perché perdiamo il controllo d’assetto della ISS, o semplicemente i dati di puntamento (così le antenne non sanno dove trovare i satelliti per le comunicazioni). O una combinazione di queste cose. Inoltre, con una grave perdita di alimentazione al bus potremmo perdere parzialmente il raffreddamento interno e/o esterno, che ci porterebbe a un cosiddetto orologio termico: entro poche ore, alcuni componenti inizierebbero a surriscaldarsi! Come potreste immaginare, la ISS ha molte funzionalità di auto-protezione: sono chiamate FDIR (Fault Detection Isolation and Recovery) [rilevamento, isolamento e recupero delle avarie—N.d.T.]. Il problema quando avete una grave perdita di alimentazione al bus, come quella del nostro scenario di oggi, è che potreste perdere l’alimentazione ai computer che sono responsabili della risposta FDIR: per esempio il computer che normalmente recupererebbe le comunicazioni verso una sequenza di backup. Lentamente ma sicuramente, i computer principali della ISS, quelli al vertice della gerarchia, porteranno online le unità di backup per tutti i computer dei livelli inferiori, secondo una sequenza di priorità predeterminata. Ma il completo recupero potrebbe in realtà richiedere un’ora piena, e l’intervento dell’equipaggio è ancora richiesto per assicurarsi che la Stazione venga portata in una configurazione sicura, specialmente in termini di raffreddamento. Nel nostro scenario di oggi la primissima priorità è stata recuperare il controllo d’assetto mettendo al comando i computer russi GNC (GNC = Guidance, Navigation and Control, [guida, navigazione e controllo—N.d.T.], che comprende mantenere la ISS nell’orientamento corretto). Appena i computer russi ottengono il controllo dell’assetto, accendono immediatamente i thruster per riportare la ISS al suo assetto nominale lungo la verticale locale e il vettore di velocità. Potreste chiedervi perché quel passaggio al controllo russo non avvenga automaticamente in caso di perdita di assetto. Beh, il problema è nei pannelli solari: essi seguono il Sole e potrebbero trovarsi orientati in modo che l’accensione dei thruster rischi di danneggiarli. Così dobbiamo prima portare i pannelli solari in una posizione fissa, sicura: una delle cose che la 2.600 vi guiderà a fare! Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS. Per saperne di più’: https://www.astronautinews.it/

05/09/2014

L-100: Fra 100 giorni volerò nello spazio!

Star City (Mosca, Russia), 15 agosto 2014—100 giorni al lancio! Sì, lo so… la nota del diario di ieri era L-102: che succede?

No, la data del lancio non è cambiata, è sempre il 24 novembre. Ma all’1:57 del mattino ora locale di Baikonur!

Questo significa che sarà la sera del 23 novembre in Europa, che è la mia casa, quella della mia famiglia e di gran parte dei miei amici. Sarà il primo pomeriggio negli USA e la tarda serata a Mosca. E sarà il 23 novembre perfino sulla Stazione Spaziale, che segue il GMT [ora di Greenwich—N.d.T].

Ancora più importante, quando ci alzeremo al mattino (nella tarda mattinata) del 23 novembre, sarà a tutti gli effetti il giorno del lancio! La nostra ultima notte sulla Terra per sei mesi sarà dietro di noi e torneremo a dormire solo per un breve riposo nel pomeriggio, prima di lanciarci nella nostra grande avventura. Considerando tutto questo, ho deciso che oggi è L-100!

Non vedo l’ora di tornare a Baikonur e prepararmi a volare nello spazio. Il team laggiù sta già lavorando alla nostra nave Soyuz: potete vedere molti di loro nella foto, scattata pochi minuti dopo che l’equipaggio della Expedition 40 (Max, Reid e Alex) ci aveva salutati dalle scale della rampa di lancio lo scorso maggio. La prossima volta non saremo nella foto. O forse ci saremo, se inquadreranno anche la cima del razzo!

Altre foto del nostro periodo come equipaggio di backup sono qui.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS

Per saperne di più: https://www.astronautinews.it/

15/08/2014

L-102: Se il motore della Soyuz perde elio

Star City (Mosca, Russia), 14 agosto 2014—Oggi di nuovo nel simulatore Soyuz con Terry e Anton, questa volta indossando la Sokol per provare una discesa d’emergenza dopo lo sgancio dal boccaporto.

Questi scenari sono sempre molto intensi ma, d’altra parte, un po’ più brevi di una normale discesa, perché ci affrettiamo a cogliere una prima opportunità di attivare il motore per un’accensione di frenata, circa 40 minuti dopo avere aperto i ganci per separarci dalla ISS.

Oggi abbiamo cominciato con una perdita nella Soyuz, a cui abbiamo aggiunto un secondo guasto che, di per sé, avrebbe portato a una discesa d’emergenza: una depressurizzazione delle condutture dell’elio ad alta pressione. Non ci sono pompe nel sistema di propulsione della Soyuz: è un progetto semplice e robusto che utilizza elio ad alta pressione per pressurizzare i serbatoi del propellente. Se l’elio inizia a sfuggire, dobbiamo attivare il motore prima che la pressione diventi troppo bassa per l’accensione di deorbitazione.

Così, con un modulo di discesa che perdeva e una fuga dai serbatoi di elio, eravamo pronti a un rientro balistico utilizzando il Programma 5, che ho spiegato in questa nota precedente del diario.

Eccetto che Dima, il nostro diabolico istruttore, ci ha anche gettato addosso un guasto al computer principale, così abbiamo dovuto tornare a pilotare il nostro rientro balistico con il cosiddetto “circuito analogico”—è il vecchio computer delle serie precedenti della Soyuz, che lascia molto lavoro all’equipaggio e ha meno controlli automatici preimpostati. La cosa principale: avete bisogno di costruire l’assetto e accendere il motore manualmente e, se il motore si guasta, dovete spegnerlo manualmente e attivare i thruster [razzi di manovra—N.d.T.] di backup.

Oggi ci è capitato un guasto al motore così presto nel corso dell’accensione, che abbiamo tenuto accessi i thruster per oltre mezzora (invece dei 3 minuti e 41 secondi nominali) e siamo finiti a separarci dal modulo di servizio per mezzo dei sensori termici, invece che da comando… come tutto questo funziona, è una storia per un’altra nota del diario!

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

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14/08/2014

L-103: La Soyuz vi può far girare la testa!

Star City (Mosca, Russia), 13 agosto 2014—È una bellissima settimana d’estate qui a Star City e Terry, Anton e io stiamo mantenendo la nostra familiarità con tutto quello che è Soyuz. Ho avuto sessioni di addestramento all’avvicinamento manuale, all’attracco manuale e alla discesa manuale e oggi eravamo tutti e tre di nuovo insieme nel simulatore Soyuz.

Abbiamo pilotato un profilo di rendezvous e attracco, la prima volta come parte di un volo nominale, che richiede 6 ore (4 orbite) dal lancio all’attracco. La seconda volta abbiamo simulato l’essere passati al vecchio profilo di volo in due giorni a causa di qualche malfunzionamento.

Se vi state chiedendo cosa faremmo per due giorni, aspettando il rendezvous con la Stazione… beh, non sono sicura di come decideremmo di ammazzare il tempo, ma una cosa è certa: per la maggior parte del tempo staremmo girando! Infatti, quando non ci sono operazioni dinamiche (vale a dire: non c’è nessuna necessità di accendere i razzi di manovra o il motore principale), la Soyuz viene messa in stabilizzazione giroscopica con i pannelli solari puntati verso il Sole per massimizzare la produzione di energia. In realtà non è la cosa più bella per l’equipaggio: qualsiasi mal di spazio stiate provando, è garantito che la rotazione lo faccia peggiorare (o vi dia i sintomi, se non li avete ancora). Ma a meno che non stabilizziate attivamente l’assetto con i razzi di manovra, l’unico modo di mantenere un orientamento stabile è ruotare intorno a un asse.

Fra l’altro, l’ho spiegato un po’ di più in questo post di—wow!—quasi tre anni fa (sto studiando la Soyuz da un bel po’, non è vero?):

C’è qualcosa di strano/bizzarro/unico che salta fuori nella tua mente quando pensi all’addestramento nella Soyuz?

Domanda interessante David Anders, grazie!

Immagino che quello che mi ha veramente sorpresa della Soyuz quando me ne sono resa conto è il fatto che il sistema di navigazione del veicolo viene completamente spento dopo ogni fase dinamica (quando usate il sistema di propulsione).

Prima di ogni accensione, che si tratti di un’accensione di correzione o di rientro, i sensori di navigazione vengono accesi e il veicolo ricostruisce l’orientamento lungo la verticale locale e il vettore di velocità. L’equipaggio fa molta pratica nell’eseguirlo manualmente per l’improbabile caso in cui il sistema automatico si guasti.

Fra le fasi dinamiche, la Soyuz viene orientata con i pannelli solari verso il Sole per ricaricare le batterie e fornire alimentazione elettrica ai sistemi di bordo. Poi il veicolo viene messo in rotazione intorno al suo asse per la stabilizzazione giroscopica. Volerà intorno alla Terra mantenendo i suoi pannelli solari verso il Sole. Questo cosiddetto “orientamento solare e rotazione” è generalmente eseguito manualmente dall’equipaggio utilizzando il comando manuale rotazionale nell’angolo superiore destro della foto qui sotto.

Nella foto [di copertina—N.d.T.] potete vedere la vista dal periscopio nel simulatore mentre ci stavamo avvicinando alla ISS. Sembra che fossimo a una distanza di circa 200–250 metri: a quel punto staremmo facendo il fly-around [volo intorno alla Stazione—N.d.T.] per allinearci al boccaporto di attracco. Il computer sta ancora pilotando l’avvicinamento, ma i comandi manuali sono nelle posizioni di lavoro (vengono tirati fuori prima che inizi l’avvicinamento), in modo che Anton possa raggiungerli se è necessario passare al controllo manuale.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

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13/08/2014

L-108: Depressurizzazione…una falla sulla ISS

Star City (Mosca, Russia), 8 agosto 2014—Sono appena tornata da una sessione di attracco manuale e ora è il momento di prepararsi a una simulazione Soyuz di 4 ore nel pomeriggio con Terry e Anton: faremo pratica con lo sgancio e il rientro e sono sicura che, come al solito, avremo un sacco di malfunzionamenti a tenerci impegnati!

Ieri abbiamo passato il pomeriggio nei mockup del segmento russo per una simulazione di emergenza di 4 ore in cui abbiamo lavorato a cinque scenari di depressurizzazione con diverse localizzazioni e tassi di perdita. In uno scenario la perdita era nel modulo di discesa della Soyuz: in un caso simile, dovremmo seguire una procedura per preparare la Soyuz a uno sgancio e un rientro senza equipaggio, prima di chiudere il portello e lasciarla depressurizzare fino al vuoto. Fino a quando fosse possibile inviare un veicolo di soccorso, rimarremmo a tutti gli effetti “confinati” sulla ISS.

In un altro caso la falla era nel Modulo di Servizio, richiedendoci di abbandonare il cuore del segmento russo ma anche obbligando l’equipaggio attraccato al modulo MRM2 (sarebbe l’altro equipaggio di 3 persone) a lasciare la ISS. Con il Modulo di Servizio depressurizzato, sarebbero tagliati fuori dalla loro Soyuz se rimanessero.

Potete leggere di più su come localizzare una perdita in questa nota del diario dal nostro addestramento alla depressurizzazione nella camera a vuoto.

Nella foto potete vedere lo strumento principale per la misurazione della pressione che utilizziamo durante uno scenario di depressurizzazione: è portatile ed è più preciso di tutti gli altri sensori che abbiamo sulla stazione. Lo chiamiamo con l’acronimo russo MV (МВ = мановакуметер).

L 108 numero 3Nel caso di un allarme depressurizzazione, dato manualmente dall’equipaggio o automaticamente dai computer di bordo, la risposta automatica del veicolo spegne completamente la ventilazione e, nel segmento russo, inizia un algoritmo per cercare di localizzare la perdita usando i dati dei sensori di flusso d’aria situati presso i portelli. Questo richiede circa 5 minuti, durante i quali ci ritiriamo nei nostri rispettivi veicoli Soyuz per evitare di influenzare il flusso d’aria e, visto che ci siamo, per controllare che non sia la Soyuz stessa che stia perdendo. Calcoliamo anche immediatamente il nostro tempo di riserva, che è il tempo che abbiamo a disposizione prima che la pressione diventi troppo bassa e siamo costretti a evacuare. I computer russi e i controllori a terra calcoleranno anche loro il tempo di riserva, ma noi facciamo i nostri calcoli approssimati usando i grafici che vedete nella foto, basati sul tempo richiesto alla pressione per diminuire di 1 mm.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS. Per saperne di più: https://www.astronautinews.it/

08/08/2014

L-110: ultima volta nella Sokol prima di Baikonur

Star City (Mosca, Russia), 6 agosto 2014—Il flusso di addestramento dell’equipaggio primario a Star City continua con molte attività di padronanza dei vari aspetti della missione sulla Soyuz e sul segmento russo della ISS. Ho sessioni regolari di pilotaggio manuale, sia dell’attracco che della discesa. Ho scritto quelle storie in alcune note precedenti del diario, per esempio L-357 e L-223. Periodicamente ho delle lezioni di ripasso sui vari sistemi, che sono anche un’occasione per illustrare eventuali cambiamenti recenti. E naturalmente Terry, Anton e io passiamo un bel po’ di tempo nel simulatore Soyuz. Ieri sono andata per l’ultima volta da Zvezda, l’azienda che fabbrica le tute Sokol, i rivestimenti dei seggiolini, tutte le tute di sopravvivenza e gli indumenti per i climi freddi e l’atterraggio in acqua. Niente è cambiato nella mia tuta Sokol da quando l’ho indossata l’ultima volta a Baikonur, ma questo controllo finale può individuare eventuali variazioni nella corporatura di un membro dell’equipaggio. Visto che il mio peso è rimasto lo stesso, abbiamo fatto solo una verifica veloce. È stato in realtà veramente bello essere ancora nella mia tuta Sokol: visto che sono piccola, in genere a Star City ricevo tute più grandi per l’addestramento. È bello farsi ricordare le sfide di indossare e togliere una tuta che è realmente della mia taglia! Parlando di indossare la tuta, in questo album di foto ho spiegato passo per passo come si fa. Ora mi sto preparando a una simulazione Soyuz di sei ore: oggi nessuna abbreviazione o salto delle porzioni del profilo di volo non molto interessanti, piloteremo in realtà una timeline nominale dal lancio all’attracco. Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS. Per saperne di più su AstronautiNEWS: https://www.astronautinews.it/

06/08/2014

L-115: la maschera antigas

Star City (Mosca, Russia), 1 agosto 2014—Come ho detto, ieri Anton, Terry e io abbiamo avuto l’occasione di ripetere la simulazione di evacuazione per incendio nell’ambito del nostro addestramento di familiarità come equipaggio primario. Avevo parlato della prima simulazione lo scorso dicembre (Vedete L-345).

Una delle cose che sono cambiate, in meglio, visto che l’abbiamo fatto nel nostro flusso di backup, è che ora abbiamo una maschera a ossigeno migliorata nel segmento russo. Per capire come sia migliorata, è utile sapere come lavora realmente. Per favore, fate riferimento alla figura. La maschera russa ИПК è un sistema autocontenuto, quindi qui non c’è nessun filtraggio. Il contenitore verdastro collegato alla maschera stessa attraverso un tubo contiene una sostanza che reagirà chimicamente con il vostro respiro esalato, per rimuovere la CO2 e aggiungere ossigeno.

Quando siete pronti a mettere la maschera antigas, dovete fare un respiro profondo e trattenerlo mentre la indossate. Poi espirate nella maschera per avviare la reazione nel contenitore. L’aria espirata passa attraverso la sostanza chimicamente attiva nella sacca, quando inspirate la porterete verso i vostri polmoni. Saprete che qualcuno sta respirando correttamente attraverso la maschera perché vedrete la sacca gonfiarsi e sgonfiarsi con le espirazioni e le inspirazioni.

Se vi capita di fare uscire l’aria fuori dalla sacca, non sarete in grado di compiere il prossimo respiro. Molto probabilmente avete spinto quell’aria nel cappuccio, quindi dovete togliere la maschera dalla bocca, respirare nuovamente quell’aria dal volume del cappuccio, ed espirarla ancora nella sacca per tornare al vostro ciclo normale.

La reazione chimica è esotermica, quindi l’aria diventa piuttosto calda. E qui c’è il grande miglioramento rispetto al modello precedente: c’è uno scambiatore di calore (il piccolo elemento metallico a metà strada lungo il tubo) che raffredda l’aria a circa 37°C, molto più fredda di prima. È soprendente quanta differenza abbia fatto nel nostro livello di comfort ieri!

Ci si aspetta che la maschera russa duri fra i 20 e i 140 minuti, un ampio intervallo che considera la diversa corporatura delle persone e i differenti livelli di attività. In media, durerà circa 40 minuti.

Per confronto, nel segmento USOS abbiamo maschere che dispongono del loro piccolo serbatoio di ossigeno. Sono molto più veloci da mettere e più pratiche da indossare ed essere usate per lavorare, ma rimarrete senza ossigeno dopo circa 7 minuti. Se necessario, potreste collegarle attraverso un tubo alle prese per l’ossigeno della Stazione, sebbene questo limiti la mobilità. Sto indossando una di quelle maschere in questa foto.

Foto: indossare la tuta Sokol tenendo la maschera antigas. Simulazione della contaminazione dell’atmosfera ed evacuazione della ISS a causa di un incendio in corso.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

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01/08/2014

L-116: Conoscete i colloidi?

Star City (Mosca, Russia), 31 luglio 2014—Sono appena tornata da un briefing sulla simulazione di incendio che avrò nel pomeriggio con Anton e Terry. Abbiamo già avuto una volta questo tipo di addestramento l’anno scorso, durante il nostro flusso di attività come equipaggio di backup, come ho riferito in queste note del diario del dicembre scorso, L-348 e L-345.

Visto che ho già raccontato questa storia, lasciatemi dedicare qualche parola a un esperimento su cui mi sono addestrata a Houston un paio di settimane fa e di cui non vi ho ancora parlato. È chiamato BCAT, che sta per Binary Colloidal Alloy Test [test delle miscele colloidali binarie—N.d.T.].

Un colloide è uno speciale tipo di soluzione, in cui minuscole particelle, così piccole che non potete vederle a occhio nudo, sono disperse uniformemente in un’altra sostanza. La schiuma, per esempio, è un tipo di colloide: delle piccole particelle di gas sono intrappolate in un liquido o in un solido. Se sono particelle liquide disperse in un liquido, parliamo di emulsioni: il latte è un esempio comune.

Sono già stati eseguiti diversi cicli di BCAT sulla ISS. Questo tipo particolare, BCAT-KP (Kinetic Platform) [piattaforma cinetica—N.d.T.], riguarda la cinetica della separazione di fase. Avrete sentito parlare dei cambiamenti di fase a scuola, ne sono sicura: abbiamo tutti imparato le trasformazioni delle sostanze fra la loro fase solida, liquida o gassosa (ghiaccio, acqua, e vapore acqueo, per esempio). Ora, i cambiamenti di fase nei colloidi sono molto più complicati. Sono anche molto interessanti sia dal punto di vista della scienza fondamentale, sia per le applicazioni commerciali immediate (detergenti, vernici, inchiostri, medicine,…). Infatti, un’importante azienda privata è proprietaria di alcuni dei campioni del BCAT-KP! Migliori conoscenze sui colloidi potrebbero condurci a nuovi modi di produrre la plastica o aiutare ad allungare la durata di alcuni prodotti di consumo.

Diciamo che siamo interessati alla stabilità di un colloide: quanto tempo ci vorrà alle particelle disperse, interagendo l’una con l’altra, per raccogliersi insieme, separando le due fasi? Che tipo di strutture formeranno quelle particelle? Queste sono solo alcune delle domande a cui sono interessati gli scienziati. E sebbene stiamo studiando i colloidi sulla Terra da lungo tempo, c’è ancora molto che non conosciamo perché, indovinate un po’, gli effetti indotti dalla gravità sono più forti delle interazioni fra le particelle, per esempio le interazioni elettrostatiche. Sostanzialmente, se le particelle sono più dense della sostanza in cui sono disperse, migreranno verso il fondo—questa è chiamata sedimentazione. Se è vero il contrario, migreranno verso la superficie—e questa è chiamata scrematura.

Niente di tutto questo accade nello spazio!

L’esperimento BCAT consiste di un’unità che può contenere 10 campioni, testati uno a uno. Quando è il momento di esaminarne uno, i membri dell’equipaggio useranno una calamita per omogeneizzare il campione, vale a dire miscelarlo in modo che le particelle disperse siano uniformemente distribuite. Quindi prepareranno una macchina fotografica, in modo che scatti automaticamente una foto a intervalli preimpostati e la scarichi a terra per l’analisi.

Ogni campione viene osservato per una settimana ed è molto importante non urtare l’unità mentre è in corso l’esperimento. Ecco perché BCAT è installato in un’area di passaggio limitato, infilato fra l’airlock del JEM e la parete anteriore.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

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31/07/2014

L-118: La prima cosa che cercherò arrivando sulla ISS

Star City (Mosca, Russia), 29 luglio 2014—Di nuovo a Star City, dopo essere tornata in Europa da Houston a aver fatto una breve tappa a casa nel weekend.

È ora di immergersi di nuovo nel mondo Soyuz, almeno per le prossime tre settimane! Ma prima, vorrei parlarvi di un ultimo corso che ho avuto la settimana scorsa al Johnson Space Center, prima di lasciare Houston.

È un corso non obbligatorio che i membri dell’equipaggio possono richiedere se sentono la necessità di ripassare uno degli equipaggiamenti più importanti a bordo, e probabilmente il primo che vorrò usare dopo il mio arrivo. È il Waste and Hygiene Compartment (WHC) [compartimento dei rifiuti e dell’igiene—N.d.T.]: per gli amici, la toilette spaziale.

Il WHC è contenuto in un rack standard, uno degli elementi inclinabili installati uno accanto all’altro lungo le quattro pareti di ogni modulo USOS. Tutti i componenti—la pompa, la ventola, le tubazioni, i serbatoi, i filtri, ecc.— sono nascosti dietro i pannelli. Davanti ai pannelli, ma ancora contenute nel volume del rack standard, ci sono le interfacce utente: un imbuto giallo con un tubo flessibile per l’urina e un serbatoio per i rifiuti solidi con un foro nella parte superiore, su cui è montato un “sedile”

Davanti al rack, spuntando fuori nel volume libero del Nodo 3, c’è la cabina del WHC, che offre un po’ di privacy.

Una foto del WHC all'interno della Stazione Spaziale nel nodo 3, scattata durante l'Expedition 31. Credits: NASA

Una foto del WHC all’interno della Stazione Spaziale nel nodo 3, scattata durante l’Expedition 31.
Credits: NASA

Il WHC ha un pannello di controllo con abbastanza interruttori, bottoni e LED da farvi pensare che le toilette giapponesi siano noiose (non lo sono). In effetti come utente, quando entrate, volete dare un’occhiata al pannello principale per assicurarvi che le spie rispecchino una delle configurazioni attese. Sono tre o quattro LED verdi, a seconda di dove va l’urina. Per la maggior parte del tempo l’urina fluisce direttamente verso l’Urine Processing Assembly [impianto per il trattamento dell’urina—N.d.T.] per essere trattata, e quindi viene mandata al Water Processing Assembly [impianto per il trattamento dell’acqua—N.d.T.] per essere trasformata in acqua potabile. Tuttavia a volte, per esempio se l’UPA è in corso di manutenzione, l’urina può invece essere inviata verso un serbatoio rimovibile.

Come potete immaginare, il pannello ha anche un certo numero di spie rosse che possono accendersi per indicare un malfunzionamento o semplicemente la necessità di qualche azione: sostituire un serbatoio di urina pieno, per esempio; o rabboccare il serbatoio dell’acqua di scarico.

L’intero sistema è basato sul flusso d’aria che porta i rifiuti liquidi e solidi lontano dal corpo e nei rispettivi serbatoi di raccolta. Quindi, la prima cosa che facciamo per usare la toilette è accendere la ventola che crea il flusso d’aria direzionale. L’urina viene raccolta attraverso un imbuto ed è miscelata con l’acqua di scarico e un agente chimico prima di essere inviata all’UPA o al serbatoio. I rifiuti solidi sono raccolti in sacchetti monouso installati nel ricettacolo per i rifiuti solidi—dopo ogni utilizzo, viene preparato un nuovo sacchetto pulito per il prossimo utente, mentre quello consumato deve essere messo nel serbatoio proprio sotto il “sedile”. Sulla Terra, cadrebbe semplicemente giù. Nello spazio, richiede un po’ di instradamento: certo, come sento dire, non è la parte più glamour del vivere nello spazio.

Avete probabilmente intuito che il malfunzionamento che potenzialmente creerebbe un vero pasticcio è una perdita di alimentazione elettrica durante l’uso, visto che il flusso d’aria si interromperebbe e non ci sarebbe nulla per portare i rifiuti nella giusta direzione. L’azione immediata: chiudere il coperchio del “sedile” e mettere il tappo al ricettacolo dei rifiuti liquidi! Poi potete preoccuparvi del resto della soluzione del problema.

Foto: NASA/Expedition 31

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

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29/07/2014