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L-28: Essere umani nel segmento russo della ISS

Star City (Mosca, Russia), 26 ottobre 2014—Giovedì e venerdì Terry, Anton e io abbiamo avuto la nostra ultimissima sessione nei mockup del segmento russo e nel simulatore Soyuz, rispettivamente.

Ci torneremo un’altra volta la settimana prossima per gli esami finali. Che ci crediate o no, domani inizieremo la nostra ultima settimana di addestramento.

L’esame sul segmento russo sarà il primo, giovedì. Ne ho parlato qui, quando abbiamo sostenuto l’esame come equipaggio di backup a maggio.

Ciò che è cambiato da allora è che Terry e io ci presenteremo davanti alla commissione al mattino, prenderemo la busta con gli scenari e poi… faremo una pausa. È proprio così, raggiungeremo Anton nel pomeriggio per 4 ore, invece di partecipare per le 8 ore piene. È un riconoscimento del fatto che, sulla Stazione, sono in realtà i cosmonauti che lavorano nei segmenti russi, e i non russi fanno solo operazioni molto di base. O, naturalmente, le risposte alle emergenze.

Le operazioni di base comprendono, per esempio, usare il sistema di comunicazione, che è un po’ più complicato nel segmento russo, perché ci sono più opzioni di comunicazione e l’equipaggio esegue in realtà la maggior parte delle riconfigurazioni. Quando la ISS passa sopra le stazioni di terra russe, dobbiamo usare i trasmettitori e i ricevitori del segmento russo. Altrimenti, colleghiamo il sistema audio del segmento russo al segmento USOS e usiamo i canali in banda Ku o S di quest’ultimo: la voce viene poi trasmessa al Centro di Controllo di Mosca attraverso Houston (e viceversa). Visto che i passaggi VHF russi sono pochi e non molto lunghi, abbiamo tipicamente un canale Space-To-Ground [dallo spazio a terra—N.d.T.] in banda S dedicato alla comunicazione russa. Ci sono altri tre canali che possono essere usati per la comunicazione con Houston, Monaco, Tsukuba e Huntsville. A volte uno di quei canali verrà “reso privato”, per esempio per i consulti medici settimanali con il nostro medico di volo o per le conferenze settimanali con le nostre famiglie. “Reso privato” riguarda in realtà la terra: chiunque sarebbe potenzialmente in grado di ascoltare sulla Stazione da un altro modulo. Eccetto che questo sarebbe un caso estremamente brutto di galateo spaziale!

Altre operazioni di base che dobbiamo essere in grado di compiere nel segmento russo sono legate all’essere semplicemente umani: usare la toilette, prendere dell’acqua, preparare il cibo. La maggior parte delle razioni russe sono in scatolette, che devono essere soltanto riscaldate. I succhi di frutta, il té e il caffè, così come le minestre, sono invece disidratati, così dobbiamo aggiungere dell’acqua. Ciò che sto tenendo in mano nella foto è del pane: è preparato in cubetti che potete mettere in bocca interi, così non si creano briciole! E ci sono delle piccole fessure nello scaldino elettrico predisposte per quei pacchetti di pane, in modo che possiate scaldarli insieme con le vostre scatolette di cibo: certamente non il vostro pane fresco cotto dal forno della panetteria, ma non è male per una cambusa spaziale!

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

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26/10/2014

L-32: Passati altri 2 esami, vado nello spazio 2 minuti più tardi

Star City (Mosca, Russia), 22 ottobre 2014—Passati altri due esami!

Ieri Anton e io abbiamo entrambi passato il nostro esame di discesa manuale nella centrifuga con un punteggio perfetto. Se ve la siete persa, potete leggere come funziona il tutto in questa nota del diario sul nostro periodo di esami come equipaggio di backup, tranne che questo esame ha avuto luogo nelle centrifuga più piccola, visto che quella con il grande braccio da 18 metri è in manutenzione.

La “piccola” centrifuga ha comunque dato qualche emozione: durante la mia seconda sessione, ha inaspettatamente rallentato fino a fermarsi dopo un forte bang. È venuto fuori che alcuni lavoratori in un’area vicina dell’edificio hanno accidentalmente staccato un cavo che ha causato l’attivazione della risposta di sicurezza della centrifuga e l’inizio di un arresto d’emergenza. Così non è stato un grosso problema: sono stata portata fuori per alcune verifiche e un giro di prova, e dopo abbiamo potuto riprendere l’esame.

Nell’esame di discesa manuale abbiamo preso solo una busta che contiene tutti i 10 profili: 5 per il Comandante e 5 per l’Ingegnere di Bordo. Devo dire che Anton ha preso una busta veramente buona per me: tutte le mie sessioni dinamiche (con la centrifuga in rotazione) erano traiettorie corte, vale a dire che abbiamo simulato il rientro troppo in anticipo nell’atmosfera. Nelle traiettorie corte cerchiamo di volare con un profilo meno ripido, che porta a bassi carichi di G: ieri non ho mai superato 3,6G, il che ha reso il viaggio veramente confortevole. Ben scelto, Anton!

E oggi abbiamo passato il nostro esame di rendezvous. È quando ad Anton capita di pilotare e a me di arrampicarmi nel modulo orbitale per eseguire misurazioni di distanza e velocità con un telemetro laser. Ho scritto un po’ di più qui sul nostro addestramento al rendezvous.

Oh, ieri siamo anche andati al Centro di Controllo di Missione di Mosca per una serie di riunioni pre-volo con il team di controllo del volo sullo stato corrente dei sistemi e delle operazioni. Incidentalmente, ho appreso che i più recenti calcoli balistici hanno spostato l’orario di lancio in avanti per noi. Non un grande cambiamento, solo un paio di minuti. Così, il nostro nuovo orario di lancio è alle 21:01:13 GMT [ora di Greenwich, le 22:01:13 ora italiana—N.d.T.] del 23 novembre.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

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22/10/2014

L-34: la tuta Soyuz che indossiamo per andare nello spazio!

Star City (Mosca, Russia), 20 ottobre 2014—Il terreno è già bianco qui a Star City e la preparazione per gli esami rimanenti continua: questa settimana Anton e io avremo degli esami sul rientro manuale e il rendezvous manuale.

Ma oggi ho pensato che avrei scritto qualche parola sulla Sokol, la tuta pressurizzata che indossiamo nella Soyuz. Come potreste sapere, la Sokol è fatta su misura per ogni membro dell’equipaggio: la mia tuta, per esempio, è la numero 422. (Sì, c’è il 42 lì!).

A eccezione dei guanti, la Sokol è un pezzo unico e l’intera parte frontale (il petto e l’addome) può essere aperta con una cerniera lampo: è infatti così che la mettiamo. Indossarla può essere complicato quando la tuta, come dovrebbe essere, aderisce con poco margine in termini di lunghezza dal-cavallo-alle-spalle. In questa precedente nota del diario potete trovare una descrizione visiva della sequenza con cui si indossa.

E, sì, come potreste aver notato guardando gli astronauti camminare con la Sokol, non è veramente pensata per farvi stare in piedi in posizione eretta, così vi costringe a piegare in avanti la schiena: è perché si presume che diventi comoda quando siete stesi nel vostro seggiolino Soyuz, con le ginocchia piegate verso il petto.

L 34Il giorno del lancio indossiamo la tuta circa tre ore prima del decollo (sì, dopo aver messo un pannolino) in una delle strutture di Energia al cosmodromo. Prima di lasciare l’edificio per la rampa di lancio, facciamo un primo controllo di tenuta: è la scena che potreste aver visto nei video o nelle foto, quando i membri dell’equipaggio si stendono a turno su un seggiolino Soyuz solitario nel mezzo di una stanza, mentre tipicamente i famigliari, i dirigenti e alcuni esponenti dei media possono osservare da dietro una vetrata. È in un certo senso imbarazzante, in realtà, ma questo è come viene fatto.

Una seconda verifica di tenuta si esegue nella Soyuz durante le operazioni pre-lancio, appena dopo aver chiuso il portello e acceso il sistema di comunicazione, in modo che possiamo parlare con il bunker di controllo. In questa vecchia nota del diario ho parlato dei controlli di tenuta e delle interfacce della tuta con la Soyuz.

Dopo avere indossato i guanti per il controllo di tenuta, non li togliamo più fino a quando siamo in orbita. La ragione è che indossare i guanti in modo improprio può causare una perdita, così non pasticciamo più con i guanti dopo la verifica di tenuta. Apriamo certamente il casco, comunque, e lo chiudiamo ancora circa 5 minuti prima del lancio.

Una volta in orbita, iniziamo a controllare eventuali perdite della Soyuz, per assicurarci che abbiamo una buona tenuta e che non stiamo perdendo l’atmosfera nello spazio. Dopo i primi 15 minuti di controllo delle perdite, se il calo della pressione è entro i limiti accettabili ci è permesso di togliere i guanti: e, credetemi, questo rende molto più facile girare le pagine mentre lavorate alle procedure!

Con il nuovo profilo di volo veloce che ci porta all’attracco in sei ore, il volo verso la ISS è molto impegnativo e non c’è tempo di uscire dalla Sokol. È solo dopo l’attracco che possiamo cambiarci nelle più confortevoli tute, che avete probabilmente visto gli astronauti indossare all’apertura del portello, quando sono finalmente entrati nella Stazione Spaziale.

Quanto alle tute Sokol: rimarranno nel modulo orbitale della Soyuz fino a quando arriverà il momento di indossarle ancora per l’atterraggio. Ma prima di riporle, vengono collegate al sistema di ventilazione per qualche ora in modo che possano asciugarsi!

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

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20/10/2014

L-36: Passato il primo esame! Felice, ma con un velo di tristezza

Star City (Mosca, Russia), 18 ottobre 2014—Passato il primo esame!

Ieri Anton e io abbiamo entrambi raggiunto un punteggio perfetto al nostro esame di attracco manuale, il primo di una serie di 6 esami che dovremo superare per essere qualificati al nostro volo nello spazio il 23 novembre. Quelli rimanenti sono discesa manuale, rendezvous manuale, conoscenza del programma di volo, operazioni nel segmento russo e, per finire, la complessa simulazione Soyuz di un giorno intero, che completerà la serie il 31 ottobre e porterà alla conclusione di quasi tre anni di addestramento.

Prima dell'esame davanti al simulatore Soyuz

Prima dell’esame davanti al simulatore Soyuz

Come sapete, è la seconda volta che Terry, Anton e io sosteniamo gli esami finali: la prima è stata a maggio scorso, quando siamo stati l’equipaggio di backup per Reid, Alex e Max, che ora sono nello spazio. Vi ho raccontato tutto sull’esame di attracco manuale in quell’occasione: potete trovare quella storia qui!

È certamente bello essermi lasciata il primo esame alle spalle, ma c’è anche un velo di tristezza. Le possibilità reali di pilotare ls Soyuz manualmente nello spazio sono molto ridotte: come sapete, il Comandante siede nel seggiolino centrale ed è il responsabile principale del volo manuale: e comunque l’attracco manuale è necessario solo in caso di guasto del computer o del sistema automatico di attracco. Ciò significa che ieri potrebbe essere stata la mia ultima occasione di pilotare la Soyuz, sebbene nel simulatore, per molto tempo, o forse per sempre…

A ogni modo, ho molte cose a cui guardare con anticipazione… non è certamente il momento di essere malinconici! Volerò nello spazio fra 36 giorni!

Foto: un allegro inizio dell’esame con Anton, abbiamo scambiato qualche battuta scherzosa con la commissione mentre prendevamo le nostre buste con gli scenari d’esame (Credit: ESA/S. Corvaja).

Qui potete trovare alcune foto dell’addestramento con il simulatore Soyuz. 

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

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18/10/2014

L-40: Abbiamo cariche pirotecniche sulla Soyuz!

Star City (Mosca, Russia), 14 ottobre 2014—Oggi Anton e io abbiamo passato la mattina nel simulatore Soyuz per una simulazione di sgancio e rientro. Naturalmente, come di consueto nelle simulazioni, niente ha funzionato a dovere.

Infatti, non solo abbiamo dovuto affrontare un incendio, ma per buona misura il nostro istruttore Dima ci ha gettato addosso una perdita nei serbatoi dell’azoto, i quali contengono il gas ad alta pressione che pressurizza le nostre tubazioni del propellente. In poche parole—niente pressione nei serbatoi dell’azoto, niente accensioni del motore!

Ho parlato diverse volte di come affrontare un incendio nella Soyuz, per esempio qui. Oggi vorrei parlarvi della “separazione”. Come potreste sapere, la capsula Soyuz è fatta da tre componenti: il modulo orbitale, che è l’elemento grossolanamente sferico a un estremo, il modulo di servizio con i (la maggior parte dei) motori all’altro estremo e il modulo di discesa a forma di campana nel mezzo. Solo il modulo di discesa, come suggerisce il nome, è pensato per rientrare sulla Terra: ha la forma appropriata e uno scudo termico per sopravvivere al rientro atmosferico. Quindi, dopo l’accensione del motore che ci rallenta e ci obbliga a tornare nell’atmosfera terrestre, dobbiamo effettuare la separazione: mentre siamo legati al sicuro nei nostri seggiolini nel modulo di discesa, con il portello verso il modulo orbitale chiuso, delle cariche pirotecniche spingono via in maniera esplosiva i tre elementi. Uno di quei momenti indimenticabili durante la corsa sulle montagne russe che è il rientro nella Soyuz, o così mi viene detto. Potete saperne di più su quella corsa da questo bel video dell’Agenzia Spaziale Europea.

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 Ma come viene avviata la separazione?

 Nominalmente, dal computer, secondo una sequenza automatica. Dopo lo spegnimento del motore, si apre la valvola di sfogo nel modulo orbitale e la sua atmosfera si disperde nello spazio. Inoltre, viene avviata una manovra di beccheggio per assumere un assetto sicuro per la separazione: è per assicurarsi che noi e i moduli “espulsi” seguiamo traiettorie separate e non ci incontriamo più. E per quanto crudele possa suonare, loro sono destinati a bruciare e noi ci dirigiamo verso casa! Finalmente, al momento predeterminato, viene inviato il comando per far brillare le cariche pirotecniche.

Se il computer principale si guasta, possiamo assumere manualmente l’assetto corretto ed eseguire una serie di comandi per effettuare la separazione manualmente al momento opportuno.

Cosa accade, tuttavia, se il nostro motore principale si guasta e dobbiamo completare l’accensione con i thruster di backup? Beh, quell’accensione dura di più, perché la spinta disponibile in quel caso è molto più piccola. Se il motore principale si guastasse verso l’inizio della manovra, NON avremmo completato l’accensione all’arrivo del momento predeterminato della separazione. In quel caso, la separazione è legata al riscaldamento dei sensori termici posizionati sul modulo di servizio. A un certo punto, mentre arriviamo nell’atmosfera sempre più densa (ma siamo ancora sopra i 100 km!), raggiungeranno una certa soglia di temperatura e quello è ciò che attiverà la separazione.

Dopodiché, nella maggior parte dei casi, il rientro sarà balistico. Giusto per fornire un po’ di stabilizzazione, durante la corsa il modulo di discesa ruoterà intorno al suo asse di 13 gradi al secondo. A parte quello, non c’è nessun controllo attivo della traiettoria: in un certo senso, cadiamo come un sasso. Potrebbe non sembrare una bella cosa, ma i rientri balistici si sono verificati diverse volte e gli equipaggi sono arrivati sani e salvi!

Nella foto potete vedere Anton e me prima della simulazione di questa mattina. Terry ci raggiungerà la prossima settimana! (Credit: GCTC)

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

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14/10/2014

L-42: dove l’acqua bolle a temperatura ambiente!

Star City (Mosca, Russia), 12 ottobre 2014—Non potevo certamente perdermi la nota del diario di oggi… oggi è L-42 per la Expedition 42!

Mentre inizio a scriverla, sono le 6 del pomeriggio a Baikonur, Kazakistan, dove il nostro viaggio verso lo spazio inizierà fra sei settimane. Esattamente a quest’ora, alle 6 del pomeriggio, il 23 novembre, dopo un pisolino pomeridiano di 5 ore ci sveglieremo per iniziare la nostra preparazione al lancio. Le nove ore finali sul pianeta, prima che i motori del razzo Soyuz illuminino la notte esattamente alle 02:59:06 ora locale (sono le 20:59:06 GMT).

Ma oggi, torniamo indietro nel tempo di alcune settimane alla mia sessione nella camera a vuoto a Houston, l’attività finale richiesta per la certificazione alle passeggiate spaziali nella tuta EMU della NASA. La vita è stata così piena recentemente, che non ho avuto ancora tempo di raccontarvelo. Come potreste ricordare, a luglio ho fatto la prova generale, eseguendo tutte le operazioni senza realmente andare nel vuoto. Ne ho parlato qui.

Il giorno successivo un problema tecnico ci ha obbligati a interrompere la sessione ad alta quota, che è stata rimandata a settembre e spostata in una camera diversa. Questa volta sono stata finalmente in grado di andare nel vuoto nella EMU!

Cioè… verso le 2 del pomeriggio, anche se la giornata era iniziata alle 7:30. Come probabilmente sapete a questo punto, non potete andare nel vuoto in quel modo: la tuta vi manterrà a 4,3 psi [0,29 atmosfere—N.d.T.] e a quella pressione così bassa la malattia da decompressione potrebbe essere un problema. Quindi, dobbiamo seguire un protocollo di prebreathing accuratamente pianificato per liberarci dell’azoto che si trova in soluzione nel nostro sangue.

Il modo per farlo è respirare ossigeno puro per un po’, il che significa che dobbiamo sostituire tutta l’aria all’interno della tuta con l’ossigeno. Lo facciamo aprendo una valvola di sfogo, sostanzialmente un buco nella tuta: il regolatore continua a erogare ossigeno dai serbatoi alla tuta per mantenere attiva la sovrapressione e, dopo circa 12 minuti, riteniamo che tutta l’aria sia stata sostituita dall’ossigeno. Poi, aspettiamo… e respiriamo. Nello spazio tendiamo in realtà a usare il più veloce protocollo In-Suit-Light-Exercise [esercizio leggero nella tuta—N.d.T.], con cui facciamo pratica nelle lezioni di Prep & Post, come ho descritto qui.

Nella camera invece respiriamo semplicemente ossigeno puro per quattro ore. Abbiamo la possibilità di vedere un film mentre aspettiamo—io ho scelto Princess Bride [La storia fantastica nella versione italiana—N.d.T.], che è stato molto divertente! E dopo le quattro ore, la pressione nella camera è stata fatta scendere a un valore molto basso—a tutti gli effetti pratici, vuoto.

Rispetto all’esperienza nella camera a vuoto con la Orlan (vedete qui) ho avuto il piacere aggiuntivo di vedere un divertente effetto del vuoto: un vaso con un po’ d’acqua era stato lasciato sul pavimento in modo che potessi osservarlo e, difatti, ho potuto vedere l’acqua bollire!

Quello che non abbiamo fatto, che viene normalmente fatto nella camera nominale, è lasciare cadere due oggetti molto diversi e osservarli raggiungere il pavimento nello stesso momento… beh, immagino che sarà qualcosa da non vedere l’ora di fare la prossima volta!

Potete trovare altre foto della sessione nella camera qui.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

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12/10/2014

L-43: Farsi un’ecografia… con un bel po’ di aiuto!

Star City (Mosca, Russia), 11 ottobre 2014—È bello essere di nuovo a Star City! Fa un bel po’ più freddo di quanto fosse in Europa—ma è molto bello: gli alberi stanno mostrando tutti i ricchi colori dell’autunno. È proprio incantevole qui, appartati dalla confusione di Mosca e dal suo traffico frenetico. E apprezzo certamente il fatto che le strutture di addestramento sono solo a pochi minuti di distanza in bicicletta dal Profilactorium, dove abbiamo i nostri alloggi come astronauti ESA.

Ho fatto solo due giorni di addestramento, ma ho già avuto l’occasione di ripassare tutte le competenze su cui dovrò sostenere degli esami nelle prossime settimane, come parte della nostra certificazione finale: rendezvous manuale, attracco manuale e discesa manuale. Anton e io abbiamo iniziato ad addestrarci per il nostro complesso esame di un giorno sulla Soyuz (Terry ci raggiungerà fra un’altra settimana). Come da tradizione, la prima simulazione riguarda le operazioni pre-lancio (quello che facciamo sulla rampa di lancio prima dell’accensione), l’ascesa, l’inserimento in orbita e poi… beh, dipende dal buon cuore dell’istruttore. Nel nostro caso, abbiamo avuto una perdita—stavamo perdendo l’atmosfera nello spazio—e così siamo dovuti tornare indietro con una discesa d’emergenza. Sarebbe un volo molto breve!

Ci tengo a dire che fra l’addestramento a Houston e il ritorno a Star City ho passato diversi giorni di addestramento all’European Astronaut Centre di Colonia. Questo ha riguardato un ripasso finale dei sistemi di Columbus, ma anche dell’addestramento aggiuntivo alla sostituzione di una valvola Water-On-Off [acqua-aperta-chiusa—N.d.T.]. Ce ne sono 10 nel sistema di controllo termico di Columbus e una si sta comportando male recentemente, quindi è piuttosto probabile che sarò incaricata di sostituirla—un ricambio è già in orbita.

Ho fatto anche un bel po’ di addestramento sugli esperimenti, come l’EML (= Electro-Magnetic Levitator [levitatore elettromagnetico—N.d.T.]. Bel nome, eh?). È arrivato sulla ISS l’estate scorsa sull’ATV-5 e Alex, che ora è lì, ha già iniziato a installarlo, ma sembra che non avrà abbastanza tempo per completare il lavoro e quindi continuerò io. Ecco qualche altra informazione sull’EML.

Samantha Cristoforetti mentre impara ad eseguire un'ecografia al centro addestramento astronauti di Colonia (EAC).

Samantha Cristoforetti mentre impara ad eseguire un’ecografia al centro addestramento astronauti di Colonia (EAC).

E l’EAC è anche dove facciamo la Baseline Data Collection (BDC) [raccolta di dati di riferimento—N.d.T.] per un certo numero di esperimenti di fisiologia umana per l’ESA e l’ASI (l’Agenzia Spaziale Italiana). Così, per esempio, questa settimana ho dovuto dormire per due notti indossando una speciale maglietta con sensori integrati per l’esperimento Wearable Monitoring [monitoraggio con sensori indossabili—N.d.T.]. Ne ho parlato qui.

Ha fatto anche parte di questa BDC un’ecografia al cuore, ma non sarà eseguita in orbita. Per qualche altro esperimento, comunque, dovremo ugualmente fare un’ecografia nello spazio. A questo scopo abbiamo sempre un operatore di ecografia esperto, che fornisce assistenza remota da terra, e nell’addestramento facciamo pratica insieme per assicurarci di comunicare efficientemente. Un esempio di un protocollo che richiede un’ecografia in orbita è l’esperimento dell’ASI Drain Brain [flusso cerebrale—N.d.T.]. Nella foto potete vedere una sessione di addestramento dello scorso agosto all’EAC—Manuela è l’istruttrice per questo esperimento, la guida a distanza è in realtà in un’altra stanza.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Per saperne di più: https://www.astronautinews.it/

Per saperne di più sugli esperimenti italiani della missione Futura: https://www.asi.it/it/news/samantha_cristoforetti_presenta_gli_esperimenti_della_missione_futura

11/10/2014

L-46: l’ultima notte nel mio letto per i prossimi 8 mesi

Francoforte (Germania), 8 ottobre 2014—Di corsa, di corsa, di corsa! Ogni singola volta che ho lasciato il mio appartamento per prendere un treno verso l’aeroporto di Francoforte per andare da qualche parte nel mondo per l’addestramento, il mio bagaglio era pronto quando veniva il momento di partire… e intendo esattamente in quel momento, non un minuto prima. E ogni volta ho pregato l’angelo custode degli astronauti di non perdermi nulla (o almeno nulla di importante) della mia checklist sempre più estesa di cose da mettere in valigia.

Perché oggi dovrebbe essere stato diverso? Forse perché vedrò Colonia molte volte dallo spazio (copertura nuvolosa permettendo) prima di tornarci? O perché ho in tasca un biglietto di sola andata per la Russia—o meglio, sul mio smartphone? O perché ho un visto kazako sul mio passaporto?

mission L 41O forse perché ho molte cose uniche nel mio bagaglio a mano. Tanti piccoli ricordi che porterò in volo per la famiglia e gli amici intimi nella mia dotazione personale di 1,5 kg sulla Soyuz, per esempio… non è qualcosa che voglio perdere lungo la via verso lo spazio (e ritorno) e certamente non sulla strada per Mosca.

Ma sto anche portando il mio IMAK della Soyuz. No, non ricordo cosa significa quell’acronimo, mi dispiace. Ma “Medico” e “Kit” ne fanno probabilmente parte. L’IMAK è come la vostra cassetta da viaggio delle medicine. Ce n’è uno più grande  per ogni membro dell’equipaggio sulla ISS, ma ne portiamo uno più piccolo nella Soyuz—è una precauzione necessaria, specialmente nel caso qualcosa andasse storto con il nostro profilo in sei ore dal lancio all’attracco e dovessimo invece trascorrere due giorni nella Soyuz prima di arrivare alla Stazione.

E sto anche portando il mio kit personale indossabile dell’equipaggio. Si tratta di un certo numero di elementi che indossate su di voi nel viaggio verso l’orbita: la vostra tavoletta da ginocchio con penne e matite (e i loro cavi di fissaggio), strisce di velcro, il vostro cronometro portatile, la vostra torcia elettrica e, sì… il sacchetto dell’emesi. È una bella parola per il sacchetto che torna utile se il vostro ultimo pasto sulla Terra non vuole proprio rimanere nel vostro stomaco…

Comunque, ora eccomi qui. L’imbarco sul mio ultimo volo commerciale è quasi completo: atterraggio a Mosca questa sera tardi, pronta a riprendere l’addestramento a Star City domani.

Fra l’altro, secondo i documenti della mia missione, non mi sto solo dirigendo verso la Low Earth Orbit [orbita terrestre bassa—N.d.T.] (yuppie!), ma sto anche andando verso la Neutral Zone [zona neutrale—N.d.T.]. Date un’occhiata! Mi auguro certamente che i Romulani se ne stiano buoni.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

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10/10/2014

L-61: Tante domande e molte risposte dell’ultimo minuto!

Johnson Space Center (Houston, USA), 23 settembre 2014—Un periodo fitto, fitto, fitto di impegni a Houston in queste settimane. È il mio ultimo viaggio di addestramento al Johnson Space Center—in effetti, questa è la mia ultimissima settimana—e c’è così tanto da fare!

Solo parte di questo è propriamente addestramento—un’ultima simulazione di emergenza qui, un’ultima sessione robotica là, un’ultima giornata di addestramento sott’acqua alle passeggiate spaziali nel Neutral Buoyancy Laboratory, e un’ultima sessione con il modello di addestramento a terra dell’ARED, la nostra macchina per l’esercizio fisico in assenza di peso. E così via.

Un’altra grossa fetta del tempo viene spesa per la Baseline Data Collection (BDC) [raccolta di dati di riferimento—N.d.T.]. Mentre scrivo, sono distesa su un letto aspettando di fare una risonanza magnetica per l’esperimento ESA “Cartilagine”, che studia gli effetti del volo spaziale di lunga durata sulla, sì, cartilagine. È importante lasciare riposare il ginocchio prima dell’esame, da cui i miei brevi 30 minuti di tempo libero adesso che mi permettono di scrivere questa nota del diario! Fra l’altro, sto anche portando con me un refrigeratore per una raccolta delle urine delle 48 ore, e più tardi nella giornata indosserò i sensori per il monitoraggio della temperatura di base per un altro esperimento ESA, “Ritmi Circadiani”. Sì, ve lo ricordate, i giorni della bandana

Per finire, ci sono quelle attività che vi ricordano veramente che molto presto volerete verso la ISS. La settimana scorsa, per esempio, abbiamo avuto una lezione di passaggio delle consegne con Mike Hopkins, dalla Expedition 37/38, che ci ha portati in giro nei mockup della Stazione indicando tutte quelle piccole cose della vita quotidiana nello spazio che è difficile sapere dagli istruttori, proprio perché loro non hanno vissuto lì di persona. Dove cambiate le batterie? Dove tenete gli obiettivi delle fotocamere e come maneggiate le fotocamere? Dov’è l’attrezzatura per lo “spazio ufficio” e come è organizzata? E l’angolo dell’igiene? Il posto migliore per stendere ad asciugare i vostri indumenti da allenamento?

E che ne dite di domande tipo: come vengono impacchettati i mie abiti? Su quale veicolo verranno sù? Come li troverò? Tutto quello e altro è parte del briefing di Crew Provisioning [approvvigionamento dell’equipaggio—N.d.T.]. È così che so che la maggior parte dei miei abiti, oggetti per l’igiene e alcune cose che ho potuto aggiungere io stessa sono appena arrivati sulla ISS questa mattina con SpX-4. Hurrà! In qualche modo legato a questo è stato il nostro briefing sui materiali di consumo: come vengono gestiti i diversi tipi di materiali di consumo, come si tiene traccia del loro utilizzo? Abbiamo incontrato gli specialisti che si prenderanno cura di questo durante il nostro incremento. E su un argomento simile: qual è la situazione dello stivaggio e dell’inventario a bordo? Potrebbe non sembrarvi molto interessante, ma credetemi, è molto interessante per noi. Immaginate di dovere andare a vivere in una casa che trabocca di roba, di cui dovete accuratamente tenere traccia: vorrete probabilmente sentire qualche parola sulla situazione corrente!

Oh, vi dovrò dire un po’ di più di ieri nei prossimi giorni. Ho avuto finalmente la mia sessione ad alta quota nella camera a vuoto. Ne ho parlato qui.

La foto è del giugno scorso: come potreste ricordare, allora è stato necessario interrompere la sessione in quota all’inizio del prebreath a causa di un problema tecnico. Ieri abbiamo completato con successo le 4 ore di prebreath e l’attività nel vuoto. Vi dirò di più quando avrò le foto da condividere! Nel frattempo, qui ci sono altre foto dell’estate scorsa.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

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24/09/2014

L-70: Ospiti speciali per me e Terry in una settimana di ultime volte

Houston (USA), 14 settembre 2014—È stata una settimana di molte ultime volte. Questo è ciò che accade quando siete a L-70!

Venerdì ho avuto il mio ultimo briefing in preparazione di—indovinate—la mia ultima sessione al NBL la prossima settimana. E giovedì ho avuto la mia ultima lezione sul SAFER.

Potete leggere un po’ di più sull’addestramento al SAFER qui. Ma per la verità questa lezione è stata un po’ diversa perché abbiamo provato la configurazione di realtà virtuale che impieghiamo sulla ISS, utilizzata per fare pratica con gli scenari di soccorso SAFER, ma anche per rivedere una timeline in 3D prima di eseguirla in una passeggiata spaziale. Ecco una foto di come appare!

E mercoledì Terry e io abbiamo avuto la nostra ultima giornata completa di corso di Prep & Post, ripassando le operazioni nell’airlock eseguite prima e dopo una passeggiata spaziale. Che ci crediate o no, sono passati quasi tre anni dalla mia prima lezione di Prep & Post: ho delle foto di quell’occasione datate ottobre 2011. A quell’epoca non ero ancora assegnata a una spedizione sulla ISS, ma mi stavo addestrando come se lo fossi essendo stata designata astronauta di riserva dell’ESA. Regan, l’istruttore principale per i sistemi EVA della nostra Expedition 42, in realtà mi ha tenuto quel corso già nel 2011: posso tranquillamente dire che mi ha insegnato tutto quello che so sulla tuta EMU e sulle operazioni nell’airlock.

Normalmente in una lezione di Prep & Post pressurizzeremmo le tute e dedicheremmo un bel po’ di tempo di addestramento ai protocolli di prebreathing. L’ho spiegato un po’ in queste note precedenti del diario: L-470 e L-390.

In questa lezione, tuttavia, non abbiamo eseguito la pressurizzazione e ci siamo invece concentrati su un ripasso accurato di tutte le procedure. Ma l’obiettivo principale è stato trarre il massimo profitto dalle poche ore in cui abbiamo avuto un ospite speciale, il nostro comandante della Soyuz Anton. In passato, quando c’erano solo tre persone sulla ISS, i cosmonauti venivano addestrati pienamente sulla EMU e i non russi sulla Orlan. Dopo che abbiamo iniziato ad avere sei membri dell’equipaggio a bordo—tre russi e tre non russi—la ISS è passata a operazioni separate, in modo da ottimizzare il tempo di addestramento, così che tutti fossero addestrati solo nella “loro” tuta e le relative procedure di passeggiata spaziale. Come astronauti ESA siamo un po’ un’eccezione, nel senso che la maggior parte di noi (me compresa) è qualificata sia sulla EMU che sulla Orlan.

Come probabilmente sapete se state seguendo questo diario, indossare la EMU non è un compito così facile e poter contare su due mani extra in aiuto è decisamente auspicabile. Avere avuto Anton a mettere le mani sulla EMU la settimana scorsa, aiutandoci nel processo di vestizione, darà decisamente i suoi frutti se dovrà farlo in orbita!

Il nostro secondo ospite speciale è stato l’astronauta Karen Nyberg, che ci ha dato molti preziosi suggerimenti basati sulla sua esperienza nell’esseguire realmente le operazioni nell’airlock sulla ISS giusto l’anno scorso.

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS.

Per saperne di piu’: https://www.astronautinews.it/

11/09/2014