→ Le scarpe rosa

Che consigli daresti alle giovani donne?

A questa domanda, che mi viene rivolta davvero molto spesso, rispondo sempre con grande esitazione. Diciamola tutta, se posso non rispondo proprio.

Ho qualche consiglio che amo dare ai giovani (e per giovani intendo adolescenti e adulti, diciamo, sotto ai 25 anni), ma li offro indifferentemente a uomini e donne. Il mio preferito? Scegliete sempre la strada più difficile, perché la cosa più importante è formare il carattere e coltivare la fiducia nella propria forza.

 Spesso però mi chiedono consigli per le giovani donne, che siano quindi adatti alla specifica esperienza femminile. E qui iniziano i problemi, perché io le specificità dell’esperienza femminile non le conosco. “Come?” direte voi. Sei una donna! Certo che sono una donna. E sono Samantha. E non è detto che la mia esperienza nel mondo sia rappresentativa dell’esperienza, per esempio, di Barbara. E quella di Barbara magari è diversa dall’esperienza di Luisa, o di Valentina. Insomma, a parte nelle chiacchiere da bar, non è che si possa dire così alla leggera “le donne” e pensare di includerci tutte, no? (E se sembra che questo parlare genericamente de “le donne” come se non fossimo degli individui tutti diversi mi irriti un po’, beh… non è un’impressione così sbagliata).

Certo, direte voi, ci sono persone che per lavoro studiano proprio le specificità dell’esperienza femminile: sociologi, per esempio, “gender scientists” e sicuramente chi crea campagne pubblicitarie (o campagne elettorali). E quindi basta ascoltare quello che ci raccontano ed ecco che abbiamo tutte le risposte sulla nostra esperienza di donne. Neanche per sogno, dico io. Queste figure professionali lavorano sui grandi numeri. Quando dicono, per esempio, che le donne tendono a comportarsi in un certo modo,  lo dicono in senso probabilistico, non deterministico. Non vuol dire che tu, Barbara o Valentina o Luisa, ti comporti per forza così  perché sei una donna. Magari è vero proprio il contrario!

C’è un’inflazione di “consigli per le donne” nella conversazione pubblica e non credo che siano utili alle giovani e alle adolescenti. Non dubito che una professionista adulta possa trarre spunti interessanti dai numerosi libri rivolti specificatamente alle donne su come avere successo nel mondo del lavoro, se sono ben documentati e applicabili al proprio contesto professionale. E possono servire, perché no, ben vengano anche programmi di networking o mentoring.

Ma non credo che dai “consigli per le donne” possano trarre grande beneficio adolescenti e giovani, che hanno necessariamente un’identità ancora fragile e difficilmente hanno l’esperienza per capire che cosa sia davvero applicabile a loro. Temo possano trarne invece facilmente l’impressione che per loro la strada sia  necessariamente più difficile o che siano meno equipaggiate per affrontare le sfide di percorsi di formazione e di carriera impegnativa: nulla come queste convinzioni limitanti può sabotare progetti di vita ambiziosi. Questi richiedono infatti fiducia in sè stesse, nella propria forza, nei propri talenti, nella propria capacità di impegno e fatica.

I “role models” servono moltissimo, io credo, ad irrobustire la fiducia in se stesse, a non farsi intaccare dai piccoli incidenti di percorso. Spero, come astronauta, di poter essere un “role model” positivo per qualche giovane o adolescente. Ma di una cosa sono certa: i “role models” sono tali per quello che sono e per quello che fanno, non perché distribuiscono consigli.

Samantha Cristoforetti


La foto in alto e’ stata scattata durante un incontro nel 2012 di tutti gli astronauti donna NASA e del primo Direttore donna del Johnson Space Center della NASA Carolyn Huntoon; l’incontro e’ stato in onore di Sally Ride, la prima astronauta statunitense a raggiungere lo spazio nel 1983 dopo le due colleghe russe Valentina Vladimirovna Tereškova e Svetlana Evgen’evna Savickaja. Da sinistra nella prima fila: Carolyn Huntoon, Ellen Baker, Mary Cleave, Rhea Seddon, Anna Fisher, Shannon Lucid, Ellen Ochoa, Sandy Magnus. Da sinistra nella fila in piedi: Jeanette Epps, Mary Ellen Weber, Marsha Ivins, Tracy Caldwell Dyson, Bonnie Dunbar, Tammy Jernigan, Cady Coleman, Janet Kavandi, Serena Aunon, Kate Rubins, Stephanie Wilson, Dottie Metcalf-Lindenburger, Megan McArthur, Karen Nyberg, Lisa Nowak.

Le scarpe rosa

23/10/2014

Le scarpe rosa: vita quotidiana sulla ISS

Questo post e’ nato come risposta ad una domanda inviataci da Carla (la potete trovare qui):

Non esistono delle regole che impongano o, al contrario, vietino di sopprimere il ciclo mestruale durante una missione nello spazio. Per la verità anche delle mere raccomandazioni non esistono: ogni astronauta decide liberamente in base alla propria preferenza. È naturalmente buona norma informare della decisione il proprio “flight surgeon” (medico di volo), che deve essere al corrente di tutti gli aspetti riguardanti la salute. A parte questo, si tratta di una scelta del tutto privata.

Per quello che ho sentito raccontare dalle colleghe, credo che spesso prevalgano considerazioni di praticità che rendono preferibile una soppressione farmacologia. Non è peraltro una cosa molto lontana da quanto praticato comunemente da molte donne: chi fa semplicemente un uso “classico” della piccola anticoncezionale di fatto sopprime già il proprio ciclo mestruale. Le perdite durante la settimana di interruzione (o di placebo), non sono una vera mestruazione, ma un cosiddetto sanguinamento da sospensione.

Se si decide invece di avere invece un regolare ciclo mestruale a bordo, non è certo un problema. Ci sono stock di prodotti igienici e la “scocciatura” mi sembra davvero minima: io non vorrei farei cambio, per esempio, con la necessità di radermi il viso (e magari anche la testa) tutte le mattine in assenza di peso!

Samantha Cristoforetti

Le scarpe rosa

25/07/2014

Le scarpette rosa si, ma da astronauta.

La mia classe di astronauti, gli Shenanigans 2009, è composta da me e da cinque professionisti europei di vari paesi. Chi vede le nostre foto di gruppo, solitamente nota subito una cosa: che sono l’unica donna. Il caso ha anche voluto che io sia la prima astronauta italiana e questo, riportato immancabilmente dai media come un secondo nome, a sua volta genera attenzione e curiosità. Io, che sono dentro la foto, non fuori, per la verità non ci faccio molto caso. Intanto, diciamolo subito chiaramente: non c’è davvero niente di eccezionale.  Moltissime astronaute sono state nello spazio e non c’è alcuna attività della professione che non abbiano svolto. Nessuno aspetta me per dimostrare qualcosa. Poi, diciamo subito anche questo, mi interesso di altre cose. Sono un ingegnere, un pilota militare, un’astronauta: non c’è nulla nella mia formazione che mi renda un’esperta di questioni di genere. Non ho l’occhio allenato a cogliere questi aspetti, né la mente addestrata a rifletterci sopra. Insomma, è assai improbabile che io abbia qualcosa di intelligente e originale da dire in proposito! Ma le curiosità di chi guarda la foto rimangono. E in fondo anch’io, da ragazzina, vedendo le foto e leggendo le storie di chi andava nello spazio, mi interessavo in modo particolare alle astronaute. Sarà che erano una minoranza, sarà che erano più simili a me. Se le avessi incontrate, credo che avrei avuto anch’io delle domande specifiche, che non avrei rivolto ai loro colleghi. “Le Scarpette Rosa” è dedicato a queste domande.  Per dare spazio a delle legittime curiosità, senza uscire dalla foto.

 Samantha Cristoforetti

Le scarpe rosa

13/06/2014