Questa volta pare che sia vero: la missione di Samantha e dei suoi colleghi Terry Virts e Anton Shkaplerov terminerà giovedì 11 giugno, dopo 199,7 giorni. A meno di 8 ore dal numero tondo 200. Mercoledì alle 16.40, con quasi un giorno di anticipo, Terry ha passato il comando della ISS a Gennady Padalka.
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Giovedì il ritorno. Che inizia presto: dopo il risveglio, gli astronauti salutano i propri compagni e poi si sigillano nella capsula Soyuz. Saranno circa le 8:55.
Iniziano a questo punto, per diverse orbite, una serie di controlli, di check, di test del veicolo di ritorno. Intorno alle 12:20, i tre astronauti lasciano la Stazione Spaziale: è il momento del cosiddetto undocking. La navicella Soyuz ha mollato gli ormeggi. E inizia a cadere, muovendosi su un’orbita diversa da quella della ISS. Il ritorno della capsula, in effetti, non è altro che un precipitare a terra in modo controllato.
Dopo alcune orbite, ecco il momento più importante: la Soyuz accende i motori e si dà la spinta definitiva che ne determina l’uscita dall’orbita (deorbit burn intorno alle 14:51). In pratica, si tuffa verso l’atmosfera. E subito dopo, si libera di due dei tre moduli di cui è costituita: il modulo orbitale e il modulo di propulsione hanno abbondantemente terminato il loro compito, come del resto i pannelli solari. Rimane soltanto il modulo di atterraggio, protetto da un efficace scudo termico. Quando entra negli strati più densi dell’atmosfera, il modulo sarà una specie di cometa incendiata: circondato dal plasma incandescente.
A circa 20 minuti dall’atterraggio, previsto per le 15:43, iniziano le manovre per rallentare la velocità di discesa, che nel giro di 8 minuti raggiunge gli 800 km/h. 15 minuti prima dell’atterraggio, si aprono 4 paracadute: prima due, poi, in successione, altri due. Nel complesso, in appena un quarto d’ora, la capsula rallenta fino a circa 30 km/h. Appena un secondo prima dell’atterraggio, si accendono 4 piccoli motori che, come nelle astronavi dei film di fantascienza, con la loro propulsione rallentano ancora la velocità dell’impatto a circa 5 km/h.
Nonostante una certa ruvidezza complessiva, le attenzioni alla salute degli astronauti sono molte: per rendere più soffice il rientro, le poltrone su cui siedono sono “tagliate” su misura, anche per quanto riguarda la forma. Piccole nicchie protettive, insomma.
Nonostante questo, inutile negarlo: il rientro non è come fare una passeggiata. Urti, strappi, decelerazioni: l’astronauta affronta le ultime prove della sua missione riscoprendo, in poche ore, che cosa significa essere sottoposto ad accelerazioni violenze. Riscopre, insomma, il significato del “peso”, ovvero una accelerazione lungo una specifica direzione, che noi umani chiamiamo “basso”.
Ci sono anche conseguenze divertenti. L’astronauta canadese Chris Hadfield, per esempio, noto per aver cantato Space Oddity di David Bowie nella Cupola della ISS, ha raccontato di come, al suo rientro, sia rimasto sorpreso dal sentire il peso persino della lingua e delle labbra. E che, inizialmente, anche parlare gli era parso un’attività diversa da quella degli ultimi mesi.
Conoscendo Samantha, e apprezzandola per la sua capacità di comunicare, no panic: continuerà a parlare come prima!
Buon ritorno a casa!
11/06/2015