Mars500: cibo spaziale in allenamento per Marte

Alcuni esempi del cibo consumato dagli astronauti nella missione simulata su Marte
08/07/2014
Alcuni esempi del cibo consumato dagli astronauti nella missione simulata su Marte
08/07/2014
John Herschel Glenn, uno degli astronauti del gruppo Mercury Seven, è tornato nello spazio nel 1998 a bordo dello Space Shuttle Discovery (STS-95), a settantasette anni d’età, per sottoporsi ad alcuni studi sulla fisiologia umana in età avanzata. Selezionato dalla NASA il 9 aprile 1959 come membro dell’Astronaut Group 1, Glenn è anche stato il primo americano a consumare del cibo spaziale durante la missione Mercury-Atlas 6 a bordo della navicella Friendship 7.
Il tubetto di cibo spaziale dato all’astronauta John Glenn durante la sua missione nel Febbraio 1962. Fonte: Smithsonian Air and Space Museum
Le imprese dei Mercury Seven e della “corsa allo spazio” intrapresa dalla NASA di fronte ai numerosi successi sovietici con i programmi Sputnik e Vostok sono state ben raccontate nel film Uomini Veri (The Right Stuff), diretto da Philip Kaufman nel 1983.
Il menu spaziale di Glenn non era molto sostanzioso e decisamente poco appettibile, un problema riscontrato in seguito anche dai suoi compagni di avventura. Prima dell’ammaraggio nell’Oceano Atlantico, dopo aver compiuto tre orbite terrestri in quasi cinque ore di volo, Glenn riuscì ad assaggiare da alcuni tubetti un mix di manzo e verdura oltre che un po’ di polpa di mela.
In generale, nel corso del programma Mercury (1961-1963) gli astronauti americani hanno avuto a disposizione alimenti poco accattivanti: si trattava principalmente di cibi frullati contenuti in tubetti, polveri liofilizzate oppure piccoli prodotti alimentari a cubetti, rivestiti con una pellicola commestibile per evitare la produzione di briciole. In questo modo, era infatti possibile evitare qualsiasi forma di contaminazione alimentare all’interno delle prime capsule spaziali americane. Questo space food, che potremmo definire primitivo, era progettato per avere la minor massa possibile e occupare poco spazio.
Infine, non prevedeva affatto quella varietà di gusto e qualità che riscontriamo nell’attuale bonus food degli astronauti europei, che possono assaggiare in orbita un menu personalizzato “delle grandi occasioni”, preparato da Argotec nello Space Food Lab.
Antonio Pilello, Argotec
07/07/2014
Non esiste un percorso di formazione unico per diventare astronauta. Leggendo un po’ lo biografie dei vari astronauti nel mondo, ci si accorge che provengono da professioni molto diverse. Prendiamo, per esempio, noi “Shenanigans”, il gruppo di astronauti dell’Agenzia Spaziale Europea selezionati nel 2009. Siamo un gruppo piuttosto vario!
Tre di noi sono militari, tre civili. Luca e Tim sono due piloti militari collaudatori. Io sono un ingegnere e un pilota militare. Thomas è un ingegnere e un pilota di linea. Alex è uno fisico, con un dottorato in vulcanologia. Infine, Andy ha un PhD in ingegneria aerospaziale.
Insomma il volo, la scienza e l’ingegneria sono i tre ambiti tipici da cui si reclutano nuovi astronauti. Un altro ambito classico è la medicina, anche se non ci sono medici nel nostro piccolo gruppo. Questo naturalmente è il passato. Magari in futuro si selezioneranno astronauti anche da altre professioni e avremo, chissà, astronauti poeti o astronauti filolosofi. Forse ci vorrebbe più tempo per prepararli ad un volo spaziale, ma credo che darebbero una prospettiva nuova su questa grande avventura dell’umanità!
Samantha Cristoforetti
07/07/2014
Stefano Sandrelli
04/07/2014
Samantha Cristoforetti risponde a una domanda arrivataci su Twitter a #ChiediloaSamantha e racconta quali sono state le esperienze durante questi anni di addestramento da astronauta che l’hanno emozionata maggiormente.
[youtube GCH3ngtXX_A]
Se vi state chiedendo che cosa siano quelle strane cose che Samantha ha addosso nel video, ecco la risposta. Si tratta di sensori di temperatura corporea e fanno parte dell’esperimento Ritmi Circadiani di ESA. Per ogni sessione dell’esperimento si portano per 36 ore questi sensori, uno aderente alla fronte e uno allo sterno. Avremo diverse sessioni a bordo durante i sei mesi della missione, mentre prima del volo sono previste due sessioni di raccolta dati pre-volo (base data collection). Qui potete vedere trovare qualche informazione in più su Ritmi Circadiani: https://charite-in-space.de/?portfolio=spaceflight04/07/2014
03/07/2014
Nella serie fantascientifica di Star Trek, le prime navi stellari dovevano fare molto spesso una sosta su una stazione spaziale o su un pianeta per rifornirsi di cibo e materie prime. Questi problemi legati all’approvvigionamento continuarono sino a quando non fu inventato il replicatore di materia, in grado di ricreare gli alimenti e gli oggetti partendo dall’energia pura. Un problema simile si era già verificato molti anni prima, con la colonizzazione dell’America e l’esplorazione del Pacifico. Per esempio, durante la circumnavigazione del globo nel 1520, Ferdinando Magellano perse più dell’80% del suo equipaggio probabilmente a causa dello scorbuto, una malattia dovuta a carenza di vitamina C.
Ai giorni nostri, gli astronauti europei sono certamente più fortunati perché possono contare sul bonus food di Argotec, che ha provveduto a selezionare le materie prime migliori, senza sale, conservanti e additivi, oltre a scegliere i trattamenti più indicati per garantire una shelf-life di 18-24 mesi. “Prima di tutto – come ci spiega lo chef Stefano Polato – non tutti i cibi sono adatti alle condizioni di microgravità. Alcuni, come il pane, i cracker e i grissini, tendono a produrre molte briciole, che sono potenzialmente dannose per i delicati macchinari presenti a bordo della Stazione oltre che essere inalate dagli astronauti. Altri ingredienti, invece, non sono particolarmente adatti ai necessari trattamenti di termostabilizzazione, disidratazione o liofilizzazione, che descriverò in dettaglio nei prossimi post. In generale, la difficoltà maggiore è stata quella di salvaguardare al massimo i valori nutrizionali degli alimenti trattati. Siamo molto contenti del risultato: quello degli astronauti non deve essere un cibo finto, ma vivo”.
Per quanto riguarda la termostabilizzazione è anche possibile fare una distinzione tra la pastorizzazione e la sterilizzazione, sulla base della temperatura utilizzata nel processo di conservazione. Per quanto riguarda il menu di Samantha, due esempi sono lo smoothie di frutta fresca e lo sgombro.
La barretta energetica, pensata appositamente per la missione Futura, è stata invece disidratata e quindi presenta ancora una piccola percentuale di acqua. Infine, alcuni frutti presenti nel muesli di Samantha, come i lamponi, hanno subito un processo di liofilizzazione, sono cioè del tutto privi di acqua. Come vedremo, la scelta del trattamento per ogni singolo ingrediente non è affatto banale, ma è il risultato degli studi e delle analisi eseguiti all’interno dello Space Food Lab di Argotec a Torino.
Antonio Pilello, Argotec
02/07/2014
Da bambini le nostre mamme ce lo ripetevano come una sorta di mantra: mangia la frutta e la verdura che fanno bene. Le nostre mamme avevano ragione, ma perché? Perché la frutta e la verdura sono così importanti per la nostra salute?
Il consumo in abbondanza di frutta e verdura è una delle regole nutrirsi in modo corretto suggerite dalla nutrigenomica. Per capire il ruolo di questi alimenti nell’alimentazione bisogna analizzarli da vicino: sono ricchi di fibre, vitamine, minerali, antiossidanti e fitonutrienti che servono al nostro organismo per mantenersi in salute.
È risaputo, per esempio, quanto le vitamine presenti nella frutta e nella verdura- prima tra tutte la vitamina C– contribuiscano a rafforzare il sistema immunitario e ci proteggano da diversi tipi di patologie. Inoltre, la frutta e la verdura apportano all’organismo le importanti fibre solubili che ci aiutano a ridurre l’assorbimento di grassi e zuccheri, migliorano la regolazione metabolica e sono un valido aiuto per perdere peso perché ci portano a mangiare di meno. La funzione “anti-fame” di frutta e verdura è data anche dal loro notevole contenuto di acqua che è in grado di placare l’appetito e di farci sentire un maggior senso di sazietà.
Non è certo un caso, quindi, se a frutta e verdura è riservata un’intera metà dello schema del piatto unico. Per avere la certezza di riuscire a consumare tutte le varietà di frutta e verdura può essere utile aiutarsi con un codice di colori.
Rosso (anguria, arancia rossa, barbabietola rossa, ciliegia, fragole, pomodoro, ravanello, rapa rossa): è il colore di potenti antiossidanti come il licopene e le antocianine, oltre che della già citata vitamina C che favorisce l’assorbimento del ferro e aiuta ossa, pelle e denti a mantenersi in salute.
Verde (asparagi, basilico, bieta, broccoli, cetrioli, cicoria, kiwi, lattuga, spinaci, uva, zucchine): in questi alimenti troviamo una notevole quantità di magnesio e acido folico che aiutano il corretto metabolismo energetico e la funzionalità muscolare.
Bianco (aglio, cipolla, cavolfiore, finocchi, mele, pere, porri, sedano): gli alimenti “bianchi” sono ricchi di fibre, potassio e di sostanze antiossidanti e antitumorali.
Giallo-arancio (albicocche, arance, carote, mandarini, cachi, meloni, peperoni, pompelmo, zucca): questi alimenti si contraddistinguono per il loro notevole contenuto di betacarotene convertito nel nostro organismo in vitamina A che ha proprietà antiossidanti e benefiche per il sistema immunitario.
Blu-viola (fichi, frutti di bosco, prugne, melanzane, radicchio, uva nera): gli alimenti di questo colore ci proteggono dallo stress ossidativo perché ricchi di antocianine, vitamina C e altre sostanze antiossidanti.
Dr.Filippo Ongaro
01/07/2014
30/06/2014
30/06/2014