Non so se Samantha, da bambina, amasse catturare farfalle con un retino. Ma sono sicuro che neanche nei suoi sogni più sfrenati avrebbe pensato di poter catturare, da grande, un Dragon con un braccio robotico.
Eppure è toccato proprio a lei acciuffare la navicella Dragon della SpaceX e proprio da uno dei posti che preferisce della ISS: la Cupola. È la prima volta di un astronauta italiano. Samantha è stata assistita dal collega della NASA Terry Virts, pronto a coadiuvarla in caso di emergenza. Potete leggere alcune note sulla tecnica di cattura nel diario di bordo (link a L+20, L+21: Esercitarsi con il braccio per afferrare Dragon).
Vorrei invece soffermarmi sul vero e proprio “stop & go” ballato dal Dragon nel corso dell’avvicinamento, che mette in luce il gioco di squadra tra equipaggio della ISS e centri di controllo a terra. È un aspetto, questo, che grazie anche ai contributi in prima persona del ColCC su Avamposto42 sta iniziando a emergere. Ma non è mai abbastanza: una missione spaziale è veramente un gioco di squadra di grande precisione.
Il Dragon, costruito dalla compagnia privata Space X, approda alla sua prima orbita di transito dopo circa 10 minuti dal lancio. Da qui inizia l’inseguimento automatico alla ISS, che dura circa un paio di giorni.
Quando la navicella si trova in vista della stazione spaziale, il Centro di Controllo (quello della NASA a Houston e quello di Space X a Hawthorne) attiva la spinta del motore, che la conduce dolcemente a circa 250 metri dal traguardo. È qui che entrano in gioco gli occhi del Dragone: un radar a luce visibile (LIDAR) e una telecamera sensibile agli infrarossi. Il confronto fra le informazioni fornite dai due strumenti, permette al Dragon di stabilire con grande precisione sia la sua distanza dalla stazione che la sua velocità. Nel frattempo, durante le orbite precedenti, sono state attivate le telecomunicazioni tra Dragon e casa spaziale (sulle frequenze UHF, per la precisione). Gli astronauti, da questo momento, telecomandano il Dragon nel corso dei successivi avvicinamenti, sotto il monitoraggio da terra da parte del centro di controllo di volo della NASA al Johnson Space Center.
Primo stop dopo appena 50 metri. Controllo da Terra e se è tutto regolare si può procedere. Da questo punto in poi, si entra nella cosiddetta Keep-Out Sphere. Ammettiamolo: come diceva Guccini, “gli americani ci fregano con la lingua, capisci?”. Sono fenomenali nell’inventare nomi da fantascienza: Keep-Out Sphere significa solo che si è abbastanza vicini alla ISS da dover essere ancora più cauti di prima per evitare il rischio collisioni. Keep-Out Sphere: geniale.
Di nuovo comandi all’equipaggio, che portano il Dragon a 30 metri dalla stazione. Stop e controllo da terra.
Ultimo sforzo, prima di mettere in azione il braccio robotico: telecomando all’equipaggio e Dragon che giunge a 10 metri. Stop e controllo da terra. È tutto a posto? Se lo è, il braccio robotico cattura la navicella e… ma questa è una storia che già conoscete.
Stefano Sandrelli
Nell’immagine di copertina: Dragon-4 arriva alla Stazione Spaziale Internazionale nel settembre 2014. Credits: NASA
17/04/2015