Nello Spazio, tutti gli organismi sono esposti a forti livelli di radiazioni ionizzanti, ossia radiazioni dotate di un’energia tale da poter ionizzare gli atomi e le molecole con cui interagiscono. Le radiazioni ionizzanti comprendono radiazioni ultraviolette ad alta frequenza, raggi X, raggi g, neutroni, elettroni ed altri tipi di particelle.
In generale, le piante sono molto più resistenti alle radiazioni ionizzanti rispetto agli organismi animali: dosi letali per gli animali possono infatti avere un effetto positivo o nullo sulle piante.
L’effetto delle radiazioni ionizzanti sulle piante segue uno dei principi fondamentali della tossicologia: come enunciato da Paracelso (Theophrastus Bombastus von Hohenheim) all’inizio del 1500, “Omnia venenum sunt: nec sine veneno quicquam existit. Dosis sola facit, ut venenum non fit” (i.e. “Ogni cosa è veleno, non esiste cosa che non lo sia. Solo la dose fa sì che una sostanza non divenga veleno”). Questa idea, rifiutata per molto tempo, è ora comunemente accettata: è infatti riconosciuto che alcune sostanze possono avere effetti tossici ad alte concentrazioni, mentre a basse dosi possono indurre risposte positive. Tale fenomeno, noto come ormesi, è stato riscontrato anche per quanto riguarda l’interazione tra la radiazione ionizzante e la pianta: l’esposizione ad alte dosi può avere effetti da molto tossici a letali, mentre dosi moderate o basse possono addirittura stimolare la crescita. La soglia di radiazione per cui si può generare danno o ormesi è diversa per ogni pianta e dipende principalmente dalle caratteristiche genetiche e fisiologiche della specie.
Gli effetti delle radiazioni ionizzanti sulle piante variano in funzione del tipo di radiazione, del tipo di esposizione (acuta o cronica), delle dosi, e delle caratteristiche dell’organismo: specie, cultivar (la varietà), stato fisiologico e nutrizionale, ciclo vitale (stadio fenologico) in cui si trova la pianta al momento dell’irraggiamento.
Quando le radiazioni ionizzanti colpiscono la pianta, possono agire a differenti scale: cellula, tessuto, organo, intero organismo. Le radiazioni ionizzanti possono provocare alterazioni geniche (mutazioni) che poi si traducono in modifiche nello sviluppo, nella morfologia e nel metabolismo della pianta. Possono anche provocare danni diretti ai tessuti ed agli organi oppure determinare danni dovuti alla produzione di radicali liberi (ROS – Reactive Oxygen Species). Questi ultimi sono molecole instabili ed estremamente reattive che possono danneggiare macromolecole strutturali e funzionali quali lipidi, proteine e acidi nucleici. La resistenza delle piante alle radiazioni ionizzanti è in alcuni casi dovuta alla presenza di più copie nel genoma di uno stesso gene (poliploidia) per cui se una copia di un gene è danneggiata, ne esiste una di riserva (back-up) che ne garantisce comunque l’espressione. Le cellule vegetali sono inoltre capaci di mettere in atto meccanismi cellulari molto complessi per riparare il DNA danneggiato o per rimuovere i radicali liberi.
Elevate dosi di radiazioni possono agire negativamente sugli organismi vegetali riducendo la capacità di germinazione, ostacolando il completamento dei cicli riproduttivi e prevenendo quindi la produzione di frutti e semi. Il nanismo della pianta, generalmente considerato un effetto di crescita negativo per un individuo, è tuttavia da valutare come effetto positivo per la crescita delle piante nello Spazio dove ci sono limitazioni nei volumi a disposizione per la coltivazione. Basse dosi di radiazione possono determinare effetti positivi tra cui si annoverano l’aumento della produzione di frutti e semi, una migliore capacità delle piante di resistere agli stress ambientali (per es. deficit idrico) e l’aumento del contenuto di sostanze antiossidanti in alcuni tessuti che può avere importanti conseguenze sul valore nutrizionale delle parti commestibili delle piante coltivate nello Spazio.
In conclusione, le radiazioni ionizzanti, tanto pericolose per l’uomo e per gli organismi animali in genere, potrebbero essere addirittura utilizzate nello spazio come strumento per aumentare la quantità e la qualità delle parti delle piante da utilizzare come cibo fresco prodotto direttamente a bordo.
Università di Napoli/Veronica De Micco, Carmen Arena & Giovanna Aronne
https://www.dipartimentodiagraria.unina.it/
08/04/2015