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A spasso nello spazio con Barry e Terry

E dopo 91 giorni, finalmente si esce di casa. Certo, non per prendere una boccata d’aria, s’intende.

Barry Wilmore, che ha già fatto una EVA lo scorso ottobre e Terry Virts, alla sua prima volta, inaugurano una serie di tre missioni all’esterno della ISS che si snoderanno lungo qualche settimana.

Nel corso della loro prima uscita, Barry e Terry (nomi azzeccatissimi per un duo da palcoscenico, sia pure spaziale!) dovranno stendere alcuni cavi e iniziare a preparare il Canadarm-2, uno dei bracci robotici della stazione, per quando – più avanti – saranno installati due adattatori IDA (International Docking Adapters) per l’attracco di navicelle spaziali.

Gli IDA, costruiti dalla Boeing, arriveranno sulla ISS uno alla volta – a bordo delle navicelle Dragon della SpaceX e troveranno posto entrambi sul Nodo-2, Harmony. Niente di complicato, in linea di massima. Il Nodo-2, infatti, può contare su dei PMA (Pressurized Mating Adapter), oggetti da nome nome oscuro, ma dalla funzione chiara: sono dei canali di connessione lunghi un paio di metri fra la stazione e i veicoli spaziali. Hanno una funzione simile a quei tunnel che collegano gli aerei con i locali interni degli aeroporti.

Basterà collegare, quindi, ciascun IDA a un PMA e il gioco è fatto, come in un lego spaziale. Ma c’è sempre il modo di rendere il gioco più divertente, come quando, con i lego casalinghi, ci accorge che “questo bel pezzo giallo stava meglio là piuttosto che qua”.

Nel nostro caso, se è vero che il primo IDA si potrà collegare direttamente al PMA-2, che già si trova all’estremità anteriore (rivolta verso la direzione di moto della ISS, forwards-facing, come dicono gli inglesi) di Harmony, per il secondo l’operazione è un po’ più complessa. La seconda IDA sarà collegata all’adattatore PMA-3, ma prima bisognerà spostare quest’ultimo dal Nodo-3 al Nodo-2, in posizione zenitale (verso l’alto, space-facing). Insomma, il solito balletto di smonta e rimonta a cui ci hanno abituato gli astronauti in questi anni.

Perché prendersi questa briga? In teoria, i nuovi portelloni di accesso dovranno accogliere nuovi veicoli commerciali a partire dalla fine del 2017, secondo quando annunciato da Boeing e SpaceX. Nel lungo termine, i due IDA permetteranno all’equipaggio di crescere da 6 a 7 membri. Un’astronauta in più permetterebbe di dedicare molto più tempo alla ricerca.

Ma in queste ore, oltre a prepararsi all’uscita nello spazio, gli astronauti hanno anche questioni molto concrete. È arrivato finalmente il Progress russo, con tre tonnellate di cibo, acqua, rifornimenti e nuovo hardware per gli esperimenti. Rimarrà attraccato alla ISS fino ad agosto.  E con l’arrivo del Progress, termina questo inteso periodo di va e vieni dalla Stazione che, come ricorderete, ha visto anche la partenza del Dragon e dell’ultimo ATV europeo.

Stefano Sandrelli

Per altre foto sulla spacewalk di sabato 21 febbraio: https://www.nasa.gov/mission_pages/station/expeditions/expedition42/gallery.html#.VOtMxvmG-So

Nell’immagine di copertina: l’astronauta Terry Virts visto dalla Cupola e fotogafato da Samantha Cristoforetti verso la fine della sua spacewalk con il collega Butch Wilmore.

Niente Panico

23/02/2015

Space Fashion #2: stile russo

Se gli americani rinnovano la propria collezione per rendere più “eleganti” (cioè più sicure ed efficienti) le passeggiate spaziali, i russi non sono da meno.

Entro il 2015, infatti, è stato annunciato in arrivo sulla Stazione Spaziale, la nuova tuta per EVA, la Orlan modello MKS. Per la verità, doveva essere già sulla stazione dal 2013, ma a causa di alcuni ritardi l’uscita è stata posticipata.

Una volta messa a punto nel 1977, la Orlan ha accompagnato i cosmonauti in centinaia di passeggiate spaziali senza subire stravolgimenti, com’è nello spirito russo: affidabile e sicura per decenni. Nel corso del tempo, però, sono stati apportati numerosi ritocchi, piccoli miglioramenti, che hanno dato luogo a diversi modelli: la Orlan-D, la Orlan-DM, la Orlan-DMA, la Orlan-M. Al momento, sulla stazione spaziale si usa il modello Orlan-MK, che fu introdotto nel 2009 e che è stata la prima tuta spaziale russa completamente computerizzata. Il pc integrato nella tuta guida il cosmonauta in tutte le procedure di utilizzo e controllo della tuta nel corso delle attività veicolari.

Sebbene dai 59 kg del modello D si sia passati ai 120 kg del MK, la Orlan ha sempre mantenuto alcune caratteristiche che la differenziano dalla EMU della NASA.

Samantha_spacewalk_training orlan suitPer esempio, la tuta russa ha una struttura semi-rigida, che non permette movimenti altrettanto fluidi – per modo di dire, s’intende – di quelli consentiti dalla EMU. In compenso è decisamente più semplice da indossare: a differenza della EMU, non è necessario l’aiuto di un collega e occorrono appena 5 minuti. Nella Orlan, infatti, si entra dalla parte posteriore, aprendo l’intera piattaforma che ospita il sistema (il life support equipment), che mantiene le condizioni ideali per il cosmonauta che la indossa. Un vero e proprio portellone d’accesso, insomma.

Anche la manutenzione è più semplice: una volta terminata l’EVA, la tuta può essere immediatamente preparata per l’attività extraveicolare successiva. Come nel caso della EMU, l’atmosfera interna è mantenuta a 0,4 atm: occorrono circa 30 minuti di preparazione specifica da parte degli astronauti, prima di chiudersi nella loro nuova pelle. Perché nelle tute spaziali non si ricrea un’atmosfera simile a quella terrestre? Pazientate ancora un poco: ne parleremo in un prossimo post.

Nel frattempo, ecco la storia di Mr Smith – un nome perfetto per una spia degna di 007 – che visse un breve momento di celebrità quando, nel febbraio 2006, fu letteralmente defenestrato dalla Stazione Spaziale. Il cosmonauta Valeri Tokarev e il suo collega della NASA Bill McArthur, che lanciarono Mr Smith in orbita, potrebbero difendersi dicendo che era un “pallone” gonfiato e, per certi versi, è vero. O che fosse impalpabile e inconsistente, come un fantasma. Anche questo è vero. Solo che nessuno li accuserebbe mai di omicidio. Mr Smith era una tuta Orlan che fu immessa in orbita intorno alla Terra utilizzando la Stazione spaziale come base di lancio. Naturalmente senza alcun astronauta al suo interno. Si voleva verificare se fosse possibile utilizzare tute spaziali come piattaforme per alloggiare piccoli satelliti per uso amatoriale, risparmiando enormemente sui costi di lancio. Nel casco di Mr Smith era stato montato un radio trasmettitore, che doveva servire per le comunicazioni di tipo ARISS.

L’esperimento SuitSat-1 (questo il suo nome formale) cessò nel settembre dello stesso anno, quando la tuta fantasma con il nome da spia da Guerra Fredda si tuffò in atmosfera, rimanendone polverizzata.

Dimenticavo: Mr Smith era chiamato anche Ivan Ivanovich. Ma questa è tutta un’altra storia.

Stefano Sandrelli

Niente Panico

09/01/2015

EVA contro EVA

Avete visto Gravity, il film di Alfonso Cuarón, che si è aggiudicato 7 Oscar? Nelle scene iniziali, il comandante Matt Kowalsky (George Clooney) giocherella all’esterno della navicella spaziale, spingendosi con una sedia a propulsione intorno alla dottoressa Ryan Stone (Sandra Bullock) che sta invece svolgendo un lavoro di manutenzione. L’atmosfera è serena (la quiete prima della tempesta), ideale per una passeggiata.

La passeggiata nello spazio, diciamolo, è solo un enorme equivoco. Un eufemismo con un tocco di romanticismo. In termini che asciugano fin troppo l’immaginazione, è ormai da anni in uso la dizione “attività extraveicolari” (EVA, Extra Vehicular Activity), ad indicare quel complesso di attività che un astronauta svolge all’esterno della navicella spaziale.

Sembra semplice, ma all’inizio del volo umano nello spazio, quando si sfidavano a colpi di record, statunitensi e russi non si trovavano d’accordo neanche su questo. Secondo la definizione dell’ex Unione Sovietica, infatti, un cosmonauta si trova all’esterno del proprio veicolo fin dal momento in cui è separato dal resto della navicella da un portellone ben chiuso. L’analogo potrebbe essere quello di una pallina da golf dentro una buca: non si trova “sotto terra”, perché è immersa in atmosfera – anche se bisogna ammettere che si trova neppure sul prato. Per gli statunitensi, invece, un’EVA inizia quando l’astronauta ha almeno tirato su la testa dalla sua “buca”. Una sciocchezza? Non quando le superpotenze si combattevano anche a colpi di minuti nello spazio.

In ogni caso, è bene ribadirlo, né il 18 marzo 1965 (data della prima uscita nello spazio di Alexey Leonov) né adesso, si tratta di una passeggiata. Si tratta invece della più dura e faticosa delle attività che gli astronauti sono richiesti di fare sulla Stazione Spaziale: dalle 5 alle 7 ore all’esterno della Stazione Spaziale, indossando una tuta di circa 120 kg.

È vero che le condizioni sono di assenza di peso ma, per spostarsi, l’astronauta deve vincere un’inerzia enorme. La massa della tuta si oppone a ogni movimento: braccia, gambe, corpo, testa. Per immaginare questa incresciosa situazione potete fare diverse cose: per esempio seguire una lezione dimostrativa di acquagym. Oppure, se siete più pigri o pigre, potete limitarvi a pensare all’addestramento degli astronauti: ore di immersione completa in una piscina, con indosso una tuta protettiva, a lavorare su alcuni elementi a grandezza naturale della Stazione Spaziale.

Il punto è che la tuta indossata dagli astronauti impone sforzi che sono simili a quelli che si devono fare per muoversi quando siamo immersi nell’acqua. Immaginate di montare o smontare una bicicletta mentre siete in immersione, ancorati sul fondo e indossando dei guanti che permettono solo parzialmente la presa. L’eventuale invidia per la presunta “passeggiata spaziale” dell’astronauta inizierà a far posto, prima, a una sorta di solidarietà per lui o lei, e poi di sincera soddisfazione per non essere al suo posto.

E potersi sbracciare senza tanta fatica, noi terricoli, per salutare gli amici.

Stefano Sandrelli

Per saperne di più:

L-131: Di nuovo in piscina per l’addestramento alle passeggiate spaziali

https://www.astronautinews.it/2014/07/16/l-131-di-nuovo-in-piscina-per-laddestramento-alle-passeggiate-spaziali/

L-411: Ancorati al braccio robotico

https://www.astronautinews.it/2013/10/17/l-411-ancorati-al-braccio-robotico/

Nella foto:  Samantha Cristoforetti durante l’allenamento alle EVA al Neutral Buoyancy Facility al Centro Europeo di addestramento astronauti di Colonia (Germania) il 31 Agosto 2010.

Niente Panico

05/12/2014