Archivio mensile: January 2015

Riso integrale con pollo alla curcuma e verdure insieme a Stefano Polato e Samantha Cristoforetti

” Non è sempre facile e immediato passare dalla teoria alla pratica.

Sino a oggi abbiamo discusso diversi argomenti riguardanti la sana alimentazione, i metodi di cottura più corretti e sembra arrivato il momento di mettersi ai fornelli per chiarire meglio qualche passaggio.

Abbiamo deciso di farlo attraverso ricette semplici, utilizzando ingredienti facilmente reperibili e accessibili, con l’obiettivo di stimolare il desiderio di accrescere la propria consapevolezza alimentare” 

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Stefano Polato, lo chef di Argotec per Avamposto42

Stefano Polato ci presenta una delle ricette del bonus food di Samantha Cristoforetti, pilota dell’Aeronautica Militare Italiana e astronauta ESA in missione per ASI sulla Stazione Spaziale Internazionale.

Buon appetito, sulla Terra e nello Spazio!

Fai il pieno giusto | Proteine e muscoli

30/01/2015

Proteine…spaziali!

Quando gli astronauti sulla Stazione Spaziale Internazionale non sono coinvolti in qualche tipo di esperimento legato al metabolismo, hanno una certa libertà nella scelta della loro dieta e dei cibi che preferiscono mangiare.

Durante le prime missioni, come la D-2 Shuttle o le EuroMIR94 e 95 (missioni Europee presso la stazione MIR), la scelta del “menu spaziale” era lasciata agli astronauti in base ai loro gusti e non alle raccomandazioni mediche e nutrizionali per un corretto apporto calorico.  È chiaro quindi che con questo metodo sia molto facile andare in contro a carenze o al contrario eccedenze per quanto riguarda alcuni nutrienti, come ad esempio le proteine.

Dai dati raccolti durante le missioni è possibile vedere ad esempio come durante la missione D-2 (missione Shuttle STS-55) l’apporto di proteine per gli astronauti fosse stato solamente il 56% della razione raccomandata per un individuo medio sulla Terra. Un’insufficiente presenza di proteine nella dieta può portare (sulla Terra ma specialmente in microgravità) a conseguenze sull’intero organismo umano, sulla sintesi proteica, il metabolismo e la sintesi degli amminoacidi.

Vivere in microgravità (anche per brevi periodi) espone il corpo degli astronauti ad una potenziale riduzione della massa e del volume muscolare, come anche della loro potenza; in modo particolare per quanto riguarda la muscolatura delle gambe. Questo perché il tessuto muscolare è appunto costituito quasi del tutto da proteine.

Oltre a questo le proteine sono responsabili di apportare energia al corpo; quindi in caso di carenza di energia sono le proteine dei muscoli ad essere chiamate in causa.

A questo punto è chiaro come le proteine siano uno dei fattori essenziali quando il corpo si trova ad avere bisogno di energia in quanto gli amminoacidi essenziali (dei quali le proteine sono fatte) non sono prodotti dal nostro organismo.

In casi estremi di decesso per malnutrizione una delle maggiori cause è proprio il completo sfruttamento della riserva energetica delle proteine.

Non bisogna però pensare che un eccesso di proteine sia allora più salutare per il nostro corpo. Un esagerato apporto proteico (in particolare quando si associano proteine animali e una dieta povera di potassio o non si assumono abbastanza porzioni di frutta e verdura) può avere gravi conseguenze sulla forza delle nostre ossa, indebolendole . È quindi importante mantenere una dieta equilibrata e varia, associando alle proteine animali anche frutta e verdura.

Martina Heer

Proteine e muscoli | Scienza a gravita' zero

30/01/2015

Proteine animali? Ce le racconta SlowFood

Proteine animali. Sotto questa definizione ricade una delle equazioni alimentari più difficili da risolvere del nostro secolo. Nella seconda metà del Novecento il consumo globale di carne è aumentato di 5 volte, passando dai 45 milioni di tonnellate di carne consumati nel 1950 agli attuali 250 milioni di tonnellate. Secondo le stime della Fao, questo consumo è destinato a raddoppiare entro il 2050.

Illustrazione-Marco-Binelli

L’illustrazione è stata realizzata per SlowFood da Marco Binelli.

Oggi, nei Paesi industrializzati si consumano mediamente 224 grammi di carne pro capite al giorno (circa 80 chili l’anno a persona), a fronte di una media di 30 grammi (11 chili di carne l’anno a persona) consumata in Africa. Le cifre relative agli animali macellati ogni anno sono esorbitanti. 58 miliardi di cui 11 in Cina e 9 negli Stati Uniti: questo dato impressionante indica il numero di polli macellati annualmente su scala mondiale; e se si prendono in considerazione altre specie, le cifre sono comunque altissime: un miliardo e 383 milioni di suini; 517 milioni di ovini; 430 milioni di caprini; 296 milioni di bovini… * Negli ultimi anni, i consumi di carne non si sono mantenuti elevati solo in America e in Europa, ma sono aumentati in Cina, in India e, in generale, nei Paesi in cui sta emergendo una nuova classe media con buone disponibilità economiche e in cui si registra una forte crescita demografica (la popolazione indiana, ad esempio, cresce di 200 milioni di abitanti ogni decennio).

All’aumento della domanda su scala mondiale è corrisposta una crescita impressionante della produzione industriale di carne e, di conseguenza, la concentrazione del potere nelle mani delle poche grandi aziende che possono soddisfare la domanda del mercato. Questa trasformazione nel settore dell’allevamento e della produzione di carne, a sua volta, ha una lunga serie di conseguenze negative: sull’ambiente, sulla salute e sulla qualità della vita umana, sul benessere animale e sull’equità sociale.

Ma ognuno, nel suo piccolo, può dare il proprio contributo a migliorare la situazione, a determinare un’inversione di tendenza. Ad esempio, consumando meno carne, ma di migliore qualità; scegliendo specie e razze diverse; scegliendo tagli diversi; diffidando di prezzi troppo bassi; privilegiando sempre la carne di animali allevati e macellati localmente, ed evitando il più possibile il prodotto di importazione; imparando a leggere bene le etichette; mettendo al primo posto il benessere animale; non riempiendo troppo il carrello della spesa; attivando la curiosità e chiedendo informazioni al macellaio o concedendoti di tanto in tanto qualche gita in fattoria, per vedere come vengono allevati gli animali… E infine ricordandoti che, spesso, le rinunce hanno anche un risvolto di piacevolezza: mangiare meno carne non è una condanna e ne guadagnano la tua salute, quella dell’ambiente e il benessere animale. Ricordati di “sostituirla” con alimenti gustosi e di stagione, e non ne sentirai troppo la mancanza!

Silvia Ceriani

Per saperne di più:

Slow Food da anni sta cercando di sensibilizzare i consumatori a mangiare meno carne, di migliore qualità. Quest’anno, proprio su questo argomento, dal 4 al 6 giugno si svolgerà a Denver l’evento internazionale Slow Meat (https://www.slowfoodusa.org/slow-meat-2015) organizzato da Slow Food Usa. Per conoscere la posizione di Slow Food in maniera più dettagliata, clicca qui: (https://www.slowfood.it/quanta-carne-mangiamo/).

Fai il pieno giusto | Proteine e muscoli

29/01/2015

Proteine animali in cucina (quelle sane)

Nel menu preparato da Argotec per Samantha Cristoforetti è presente un pesce troppo spesso sottovalutato, ma che potremmo a buon diritto definire eccezionale per le sue proprietà. Si tratta dello sgombro, anche detto macarello o lacerto, che è ecosostenibile, non troppo costoso e contiene tutte le proprietà salutari tipiche del pesce azzurro. Le proteine animali, quelle sane, sono davvero importanti per la dieta della nostra astronauta, in orbita ormai da oltre un mese grazie alla cooperazione tra ASI, ESA e Aeronautica Militare, così lo chef Stefano Polato ha pensato di inserire lo sgombro tra gli alimenti del bonus food della missione Futura: «Il macarello ha un gusto intenso e una carne davvero gradevole al palato, ma è soprattutto una riserva di acidi grassi polinsaturi omega-3. Inoltre, lo sgombro è indicato contro le infiammazioni dell’apparato digerente, quindi vale la pena di mangiarlo spesso, magari al forno o al vapore, ma anche al cartoccio e accompagnato con erbe aromatiche, spezie come lo zenzero o con gli agrumi, in base ai vostri gusti».

Anche la carne, quella bianca o rossa, può essere considerata molto importante all’interno di una sana e corretta alimentazione. Nel caso di Samantha, lo Space Food Lab di Argotec ha utilizzato il pollo da allevamento biologico a terra, ma secondo Polato anche la carne rossa può trovare posto nella nostra dieta settimanale, anche se alle giuste condizioni: «La carne rossa, ricca di ferro, è una fonte di proteine ad alto valore biologico perché in essa sono presenti tutti gli aminoacidi “essenziali”, cioè quelli che dobbiamo assumere tramite l’alimentazione visto che il nostro corpo non è in grado di sintetizzarli autonomamente in quantità sufficiente. Chiaramente, è molto importante consumarne la giusta quantità, senza esagerare, alternandola alle proteine vegetali e scegliendone in modo accurato la provenienza così come il metodo di allevamento. Il mio consiglio è quello di scegliere i tagli più magri, in modo da evitare i grassi saturi che la rendono poco digeribile. Per quanto riguarda la preparazione, meglio scegliere cotture soft o gentili sfruttando basse temperature per evitare il più possibile la perdita dei nutrienti e la formazione di sostanze cancerogene. Oggi si utilizza molto la cottura sottovuoto a bassa temperatura (che tratterò nei prossimi post), a cui sono particolarmente affezionato per gli ottimi risultati che offre in quanto a gusto, ma soprattutto per il fatto che preserva al massimo i valori nutrizionali degli alimenti».

 Antonio Pilello

Per saperne di più: https://www.argotec.it/argotec/

Fai il pieno giusto | Proteine e muscoli

28/01/2015

La sintesi proteica

Con il termine sintesi proteica si intende il processo biochimico attraverso cui l’informazione genetica contenuta nel DNA viene convertita in proteine che svolgono varie funzioni biologiche nel nostro organismo. Attraverso un processo detto di trascrizione dal DNA si forma un filamento di RNA messaggero che serve da stampo per la produzione di una specifica proteina.

La sintesi proteica è parte di una serie complessa di reazioni metaboliche che, consumando energia, formano molecole complesse a partire da quelle più semplici. Lo scopo è in particolare quello di riparare e ricostruire i tessuti danneggiati. Al contrario le reazioni che degradano molecole complesse liberando energia vengono dette cataboliche.

Il metabolismo è caratterizzato da un continuo susseguirsi di reazioni anaboliche e cataboliche che varia a secondo delle fasi della vita, degli stimoli nutrizionali e ambientali come per esempio la quantità e la tipologia di attività fisica.

Perché la sintesi proteica avvenga in maniera ordinata e regolare è necessario fornire all’organismo un quantitativo sufficiente di materia prima, cioè di proteine alimentari che daranno gli aminoacidi necessari a formare a loro volta le proteine con azione biologica nell’organismo. Questa quantità varia a secondo del livello di attività fisica e va da un minimo di 0.8 grammi per chilo corporeo per una persona sedentaria fino anche a 1.5-2 grammi per gli atleti di sport di forza e potenza. Inoltre le reazioni anaboliche sono regolate da una serie di ormoni tra cui l’insulina, l’ormone della crescita e il testosterone, anche essi influenzati dall’assunzione di cibo, dalla tipologia di attività fisica e soprattutto dal rapporto tra attività e recupero.

In situazioni come la permanenza a lungo termine in orbita, è fondamentale continuare a stimolare la sintesi proteica per ridurre al minimo le reazioni cataboliche a carico del muscolo e delle ossa. Questo si ottiene attraverso un’alimentazione bilanciata che assicura una quantità corretta di proteine e un programma di allenamento giornaliero che prevede un intenso uso dei muscoli con particolari attrezzi che simulano l’allenamento con i pesi, logicamente impossibile in orbita.

Dr. Filippo Ongaro

Per saperne di più: https://www.filippo-ongaro.it/

Proteine e muscoli | Una cosa da ragazzi

27/01/2015

Più “muscoli”, più vita

Quando si parla di muscoli molto spesso le persone pensano immediatamente ai fisici scolpiti degli atleti o ancora di più alle masse muscolari enormi dei culturisti.

Ma i muscoli servono a tutti noi, esattamente come il cuore, il cervello, la pelle o le ossa, ed è per questo che tutti noi li abbiamo.

Pochi sanno però che ogni anno dopo i 35 anni la nostra massa muscolare si ridurrà dello 0.5-1%. Arrivati ai 75 anni, per esempio, se non avremmo fatto nulla per rallentare questa perdita, potremmo ritrovarci con il 40% di massa muscolare in meno!

Questo comporta una perdita di forza e di autonomia funzionale che molto spesso è alla base della spirale che porta alla tipica fragilità dell’anziano con debolezza, perdita di equilibrio e progressiva difficoltà ad uscire di casa. A sua volta questo comporterà cambiamenti psicologici che portano all’isolamento e anche ad un conseguente rallentamento delle funzioni cognitive.

Ovviamente non tutto dipende dalla presenza o meno di muscoli ma ricordiamoci che una muscolatura integra e forte aiuta a regolare la glicemia, la pressione arteriosa e perfino l’umore e mantiene solide le ossa e per questo è un aspetto centrale nel mantenimento della salute.

Per evitare questa evoluzione negativa non serve cimentarsi in attività estreme ma basta piuttosto dare spazio nella nostra routine settimanale a qualche allenamento con pesi o elastici o perfino al semplice corpo libero in aggiunta ad una buona dose di attività aerobica come il camminare, la corsa, il nuoto o la bici. Inoltre va ricordato che per mantenere la massa muscolare integra è necessario assumere una quantità adeguata di proteine scegliendo in particolare tra pesce, legumi e carni magre. Se non vi convince l’idea di costruire muscoli più forti per ragioni estetiche, prima di accantonare l’idea di allenarvi di più, ricordatevi che più muscoli significa davvero più vita.

Dr. Filippo Ongaro

per saperne di più: https://www.filippo-ongaro.it/

Nell’immagine di copertina: l’astronauta ESA Thomas Pesquet in una sessione di allenamento a Terra con ARED (advanced Resistive Exercise Device) al Columbia Center presso il Johnson Space Center (NASA) il 16 settembre 2014.

Proteine e muscoli | Sfida

27/01/2015

La carica dei 101

Quando me lo ha chiesto, qualche mese fa, non ci credevo. “Vai e intervistali”, ha detto la Capa. “Ma dici sul serio?”, le ho risposto. “Dovrei intervistare quei…” Ma lei aveva già distolto lo sguardo, annoiata. Andare e intervistare: ecco tutto quel che dovevo fare. L’ennesima intervista a un astronauta? A Samantha Cristoforetti? A un controllore di volo del Col CC? Forse a Stefano Polato o Filippo Ongaro? Macché.

No, la Capa mi aveva chiesto di intervistare proprio loro: quei minuscoli, presuntuosi, orribili moscerini della frutta. “Presto saranno le vere star spaziali,” ha detto mentre uscivo. Aveva ragione. Forse è per questo che è la Capa. Sono un cronista serio, do alla Capa quel che è della Capa e riporto la trascrizione integrale dell’intervista.

Houston, 2014.07.01

Allora, perché stai zitto e ci guardi con quell’aria scettica?

Intanto, cari moscerini della frutta, dovrebbe essere l’intervistatore a fare la prima domanda, non voi. Non credete?

Sì vabbe’: ma ci guardi con un’aria da pera cotta da un quarto d’ora. Avremmo anche qualcosa di meglio da fare, dato che viviamo solo un paio di settimane, non credi?

Con tutto il rispetto, mi sarei aspettato di dover intervistare qualcuno di un po’ più…

Un po’ più…

Un po’ più… con rispetto, eh! Un po’ più importante, più stimolante. Al limite, anche un po’ più di bell’aspetto, ecco. 

Ora, se la metti sulla bellezza… senti, partiamo con le domande, per cortesia, fra 5 minuti abbiamo la BBC, la CNN e Rainews che devono intervistarci. E speriamo che abbiano mandato qualcuno con un po’ più di sale in zucca.

Sentite… la prima domanda che ho preparato è questa. Non so se vi piacerà… dunque… vado eh?

Vai, vai, sbrigati.

Allora: voi siete solo moscerini, esserini mosci e piccini, come dice il nome, piuttosto insignificanti. Ronzate intorno alla frutta, vi appiccicate le larve, la rovinate. Di peggio conosco solo le zanzare. Ecco, mi chiedo allora: perché qualcuno dovrebbe volervi sulla Stazione Spaziale?

Come si parte male! Tanto per iniziare, abbiamo già partecipato a varie missioni sullo Shuttle della NASA e il nostro nome scientifico è Drosophila melanogaster. Tu come ti chiami?

Stefano Sandrelli…

Ecco, vedi da solo la differenza! Drosophila melanogaster: suona un po’ meglio, no? Un tantino più nobile, se vuoi. E se non fossi così ignorante, sapresti anche che da anni diamo buoni suggerimenti agli umani che ci studiano. In effetti, siamo moscerini molto noti, nella ricerca. Siamo un vero e proprio “organismo modello”.

E cosa significa “organismo modello”?

Significa che non facciamo storie per essere allevate, ci riproduciamo molto più dei conigli, il nostro DNA è ben noto da circa 20 anni, abbiamo solo 4 cromosomi  e, se non ti basta, il nostro codice genetico non è troppo lontano da quello dell’uomo, specialmente per quanto riguarda la trasmissione delle malattie. Circa il 77% per cento dei geni portatori di malattie nell’uomo ha un analogo nel nostro genoma: il morbo di Parkinson, l’Alzheimer e così via.

Quindi siete inutili: se conosciamo già quelle malattie nell’uomo, a che servite voi?

Senti amico, cerca di accendere il cervello, per favore. Gli scienziati conoscono le malattie genetiche dell’uomo, ma è difficile studiare il meccanismo di trasmissione genetica di una malattia, dato che campate 70-80 anni. Noi, invece, ci riproduciamo pazzamente: la nostra vita dura più o meno un paio delle vostre settimane e ogni nostra femmina depone circa 600 uova. Capito? Trasmettiamo il nostro genoma “in diretta”, di fronte ai vostri occhi, a un sacco di discendenti.

Dalla tua espressione mi sembra di capire che questo non ti dica molto, vero?

Ma quanti siete?

Partiamo in più di 100. È il meccanismo della trasmissione genetica che interessa gli scienziati, capito? E noi glielo mostriamo, generazione dopo generazione.

Ma perché sulla ISS?

Perché sulla ISS non c’è peso. E il peso potrebbe essere una componente del famoso meccanismo di trasmissione genetica. Gli scienziati hanno ideato un bellissimo esperimento!

Parlatemene… come funziona?

Il Fruit Lab System ha tre componenti: una piccola casettina in cui siamo lanciati. Una seconda casettina dove viviamo e che permette l’inserimento di nuovo cibo e, soprattutto, l’estrazione delle nostre larve. Senza contaminazioni, però!

E che ci fanno gli astronauti con le vostre larve? Le mangiano? Cibo fresco?

Ma da dove sei uscito, tu? Le larve vengono portate in un bel frigorifero, un MELFI, conservate e portate a terra per essere studiate. Infine, c’è una terza casettina, in cui possiamo svolazzare liberamente, sempre che l’assenza di peso non ci disturbi troppo. E qui gli scienziati hanno montato una telecamera per guardarci 24 ore su 24. Una specie di Grande Fratello per moscerini. Inoltre parte di noi vivono in microgravità e parte in una  casetta inserita in una centrifuga, che simula la gravità terrestre. Le larve che produciamo vengono congelate, riportate a terra e studiate.

Siete proprio convinti che potrebbe venire fuori qualche cosa di interessante anche per gli uomini?

Certo, questa è la speranza nostra e degli scienziati che stiamo cercando di aiutare. Sono quasi 100 anni che aiutiamo gli uomini a capire il proprio funzionamento!

Se proprio volete saperne di più, ecco il blog dell’esperimento:

https://www.nasa.gov/ames/research/space-biosciences/fruit-fly-lab-ffl-01-engineers-blog/#.VMDVsCzhino

E qui Samantha Cristoforetti ne ha parlato nel suo blog: https://avamposto42.esa.int/blog/diario-di-bordo/single/l53-astromoscerini-spaziali/

Nell’immagini di copertina: L’habitat per gli astromoscerini creato appositamente per gli studi in microgravità. Credits: NASA / Dominic Hart

Stefano Sandrelli

Niente Panico

23/01/2015

Meno ti muovi e più rischi

L’esercizio fisico è un metodo molto promettente per ridurre la concentrazione di glucosio nel sangue, stimolando un maggiore assorbimento del glucosio mediato dall’insulina.

D’altra parte, l’inattività diminuisce la sensibilità alla insulina, favorisce l’alta pressione e l’obesità.

Uno studio dell’AusDiab (Australian Diabetes, Obesity and Lifestyle) ha esaminato la correlazione tra intolleranza al glucosio e la quantità di tempo speso di fronte alla televisione, prendendo in esame un campione di 1958 ultrasessantenni di età media 69 anni, composto dal 54% di donne

Le conclusioni non sorprendono. La ricerca ha messo in evidenza che il tempo passato di fronte alla televisione è associato a una maggiore intolleranza al glucosio, specialmente nelle donne. Per essere chiari: chi passa più tempo di fronte alla televisione sviluppa un rischio maggiore di intolleranza al glucosio.

Risultati recenti che analizzano l’inattività fisica attraverso esperimenti come la degenza (bed rest), le sessioni prolungate di sedute o le riduzioni del periodo deambulatorio quotidiano, hanno confermato che passare a uno stato di inattività riduce il metabolismo.

Così, persino tre giorni di riposo a letto sono sufficienti – in soggetti in piena salute – a indurre un’anomalia nella tolleranza al glucosio. E secondo ricerche recenti, anche una semplice diminuzione della frequenza degli intervalli a cui ci alziamo dalla posizione seduta, così come una maggior durata complessiva del tempo in cui stiamo seduti, sono sufficienti ad abbassare la sensibilità all’insulina

 Insomma, questi studi suggeriscono che la tecnologia moderna, che elimina la posizione eretta e significativi movimenti degli arti, danno il via a disfunzioni metaboliche che probabilmente giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’obesità e del diabete mellito di tipo 2.

Martina Heer,

traduzione a cura di Stefano Sandrelli.

Scienza a gravita' zero | Zuccheri e obesità

22/01/2015

Le fibre alimentari

Le fibre alimentari sono presenti in molti cibi di origine vegetale: frutta, verdura, cereali integrali e legumi, solo per citarne alcuni. Non sono digeribili grazie alla consueta azione dei succhi gastrici e intestinali, e sono formate principalmente da carboidrati. Normalmente, vengono classificate a seconda che siano solubili in acqua oppure no. Inoltre, hanno un ruolo importante nella riduzione del colesterolo nel sangue, modificando la risposta glicemica. Durante il volo spaziale, sono stati osservati alcuni cambiamenti nella funzione gastrointestinale degli astronauti. Tuttavia, l’assunzione adeguata di fibre alimentari permette di diminuire l’incidenza di stipsi. Attualmente, la dose consigliata durante la permanenza in orbita è pari a 10-14 grammi ogni 1000 chilocalorie. Negli Stati Uniti, la dose per la fascia di età compresa tra 19 e 50 anni è pari a 38 grammi al giorno per gli uomini e 30 per le donne. La quota per le missioni di 30-120 giorni è stata definita nel 1991: 10 grammi al giorno per le donne e 15 per gli uomini. Questa quantità è stata aumentata nel 1995 per missioni sino a 360 giorni, con un’assunzione compresa tra 10 e 25 grammi al giorno.

_MGL8618Eventuali carenze nell’assunzione di fibre alimentari, magari associate a un basso apporto di liquidi, possono portare a costipazione e altre patologie funzionali del tratto gastrointestinale. Anche parametri metabolici importanti come glicemia e colesterolo possono aumentare. Secondo Stefano Polato, lo chef dello Space Food Lab di Argotec, «un problema tipico delle nostre tavole riguarda la presenza di troppi cibi raffinati, a cui è stato tolto il contenuto di fibre. Si tratta di un problema grave perché la fibra solubile funziona come un tampone all’assorbimento di zuccheri e grassi. La fibra insolubile, invece, ottimizza il transito gastrointestinale. Oltre a tutto ciò, nei cibi raffinati perdiamo i veri gusti, profumi e colori della natura e pian piano il nostro naso e il nostro palato non riusciranno più a riconoscerli». Per quanto riguarda il menu di Samantha, attualmente in orbita grazie alla cooperazione tra ASI, ESA e Aeronautica Militare, anche questo aspetto così importante non è stato trascurato: «Abbiamo studiato in dettaglio il bonus food della nostra astronauta – continua Polato – in maniera tale da garantirle il giusto apporto di fibra nell’arco dei sei mesi della missione Futura. In particolare, ne sono ricchi lo smoothie di frutta e le barrette energetiche pensate da Argotec per una pausa gustosa di metà mattina o pomeriggio, anche a 400km dalle nostre teste».

Antonio Pilello

Per saperne di più: https://www.argotec.it/argotec/

 

Fai il pieno giusto | Zuccheri e obesità

19/01/2015

Come la preparazione del cibo influenza l’indice glicemico

Ogni volta che ci mettiamo ai fornelli siamo di fronte a un bivio: possiamo farci del bene oppure rischiare, seppur inconsapevolmente, di produrre dei danni al nostro organismo. Purtroppo, infatti, alcune tecniche di cottura tendono ad alterare in modo negativo il cibo che assumiamo. Tuttavia, anche in cucina esistono degli accorgimenti per poter arginare i rischi, specialmente quando si parla di indice glicemico. Questo valore rappresenta la capacità degli alimenti assunti di innalzare la glicemia, che quantifica il glucosio presente nel sangue, ed è molto importante tenerne conto nella propria dieta. polato 2Anche Stefano Polato, il responsabile dello Space Food Lab di Argotec, ne è consapevole: «Partire da una scelta oculata degli ingredienti è sempre buona norma. La fibra, per esempio, rallenta il tempo di assorbimento degli zuccheri assunti. Da questo concetto si può comprendere che l’indice glicemico sarà maggiore in un cereale raffinato anziché nell’analogo in versione integrale. Bisogna aggiungere, inoltre, che i metodi di cottura modificano ulteriormente l’indice glicemico finale del piatto. Da questo punto di vista, una cottura al dente della pasta (5-6 minuti) consente di conservare questo parametro al livello più basso, mentre una cottura prolungata, sino a 15-20 minuti, ne provoca un innalzamento a causa della gelatinizzazione dell’amido accelerata».

Temperatura e tempo di cottura sono, in base a quanto detto finora, fattori determinanti per il controllo dell’indice glicemico, che aumenta in modo proporzionale rispetto a questi due parametri. Questo è uno dei motivi per cui la cottura a vapore, come altre tecniche altrettanto delicate, è da preferire rispetto ai metodi più invasivi e aggressivi. Argotec ha tenuto conto di tutto questo anche nel menu di Samantha Cristoforetti, la cui missione Futura, lo ricordiamo, nasce da un accordo tra ASI, ESA e Aeronautica Militare. «Si pensi, per esempio, alla termostabilizzazione – continua lo chef – che ci ha permesso di portare in orbita prodotti con proprietà organolettiche pressoché inalterate sino a due anni e mezzo dalla produzione. Temperatura e tempo sono stati due parametri importantissimi, la cui ottimizzazione ha richiesto molti mesi di studio da parte del nostro team di nutrizionisti e tecnologici alimentari. A questi valori, aggiungerei anche la scelta della pressione adeguata. La loro giusta combinazione ci consente di conservare al meglio colore, gusto e consistenza degli alimenti. In questo modo, abbiamo offerto a Samantha un bonus food di alta qualità anche fuori dai confini terrestri».

 Antonio Pilello

Per saperne di più: https://www.argotec.it/argotec/

Una cosa da ragazzi | Zuccheri e obesità

16/01/2015