Archivio mensile: September 2014

Michelangelo in orbita

La Cupola della Stazione Spaziale internazionale è affrescata come la cupola di San Pietro, in Vaticano. Ma mentre a San Pietro si guarda affascinati la cupola stessa e il meraviglioso progetto di Michelangelo, sulla stazione spaziale si guarda attraverso la Cupola. Più trasparente è, più si apprezza. I suoi affreschi variano mentre la stazione spaziale internazionale si muove intorno al pianeta: sono continenti, mari, nuvole. È l’infinita fragilità della Terra a commuovere, la sottigliezza dell’atmosfera, che sembra giusto una pennellata di tenue azzurro che sfuma nel nero del cosmo; sono i colori sempre variabili, è l’assenza di confini fra stati. È l’alternanza instancabile tra giorno e notte: la ISS, a circa 400 km di quota, ruota intorno alla Terra compiendo un’orbita in 90 minuti.

La Cupola è un piccolo modulo a base esagonale, con un diametro di appena 3 metri, installato sulla finestra che punta verso la Terra del nodo 3, Tranquillity. La sua vera forza sono le 7 finestre che ha portato in dono agli astronauti: una per lato, più una settima sulla sommità. Quest’ultima, di ben 80 cm è la più grande mai usata nella storia del volo spaziale umano. Da qui gli astronauti, non solo possono dedicarsi alle fotografie del pianeta, ma sono anche in grado di controllare a vista alcune operazioni robotiche e le attività dei colleghi che stanno eseguendo una EVA, una “passeggiata spaziale”.

niente panico cupola 2Questa straordinario balcone sullo spazio è un prodotto a marca italiana: è stata consegnata alla NASA da Alenia Spazio (ora Thales Alenia Spazio), che sovrintendeva il lavoro di altre numerose industrie europee, il 6 settembre 2004. A causa del blocco dei voli degli Shuttle, si è dovuto attendere oltre 6 anni per vederla sulla ISS: è stata installata il 15 febbraio 2010, l’ottavo giorno della missione STS-130 dello Shuttle Endeavour.

I vetri delle finestre (in silicio fuso e vetro borosilicato) non sono lasciati impunemente allo spazio, ma sono protette – quando non in uso – da una “tapparella” di protezione. Opportuna, visto che appena due anni dopo il suo arrivo, è stata colpita – senza danni – da un micrometeorite.

Di qui, dicevamo, non si vedono confini fra nazioni. Eppure qualche cosa si intravede. Perché nel suo incessante orbitare intorno alla Terra, la ISS sorvola linea di demarcazione giorno-notte 32 volte, due ogni orbita. Quando si osserva la notte terrestre, a seconda del continente su cui si sta passando, le luci delle città sono estremamente diverse. Grandi deserti, catene montuose, certo. Ma non solo: anche paesi più ricchi e più illuminati e paesi più poveri. Non che non si sappia: ma vederlo così “illuminato” fa una certa impressione. Sta a noi il compito di trasformare la fragilità del pianeta in una forza per il futuro.

Stefano Sandrelli

Fonti

Shuttle windows:

https://www.nasa.gov/missions/highlights/webcasts/shuttle/sts113/processing-qa.html

La cupola:

https://www.esa.int/Our_Activities/Human_Spaceflight/International_Space_Station/Cupola

Il micrometeorite:

https://www.nasaspaceflight.com/2012/06/cupola-minor-mmod-strike-shutter-closed-evaluations/

Niente Panico

19/09/2014

Liofilizzazione

Sulla superficie della Terra la velocità di fuga (ovvero quella necessaria ad un corpo per lasciare l’atmosfera terrestre) è pari a circa 11.2 km/s, cioè oltre 40mila km/h. In passato, molti autori di fantascienza hanno pensato a un sistema alternativo che fosse in grado di trasportare uomini e mezzi dalla Terra direttamente nello spazio, senza dover fare necessariamente ricorso alla propulsione a razzo. È il caso, per esempio, di scrittori molto noti come Arthur C. Clarke e Frank Shätzing, che hanno utilizzato in alcune opere l’espediente dell’ascensore spaziale, la cui realizzazione è da sempre oggetto di studio, vista la sua grande complessità. Una volta costruita, il ritorno economico di una simile struttura sarebbe evidente: costi ridotti per il trasporto di materiale e personale, ma anche la possibilità di lanciare satelliti artificiali e navette semplicemente sfruttando la forza centrifuga alla sua sommità.

Per il momento, se vogliamo ridurre i costi, è ancora opportuno minimizzare il carico trasportato in orbita. Nel caso dello space food, un buon sistema è quello della liofilizzazione, che tra l’altro permette di mantenere pressoché inalterati colore, gusto e consistenza dei prodotti, una volta reidratati. In particolare, Argotec ha scelto questa tecnica per due ragioni: la shelf-life (ovvero il periodo di conservazione) è molto più lunga rispetto alla semplice disidratazione, superiore ai due anni anche a temperatura ambiente; inoltre si tratta di un processo che rispetta maggiormente gli alimenti e i valori nutrizionali. La liofilizzazione avviene in condizioni di vuoto spinto: i prodotti vengono congelati velocemente a -30, -40 °C, poi la pressione viene ridotta fino al punto in cui l’acqua contenuta nel cibo può sublimare (ovvero passare dallo stato solido di ghiaccio a quello di vapore) mediante un opportuno riscaldamento a una temperatura di 30 °C.

Come ci racconta Stefano Polato, il responsabile dello Space Food Lab di Argotec, i primi studi sono stati legati al fabbisogno degli astronauti, ma questa tecnica è ormai utilizzata con successo anche sulla Terra dal momento che comporta una serie di vantaggi per le grandi industrie alimentari, soprattutto per una questione di praticità nello stoccaggio e salubrità. Per quanto riguarda i prodotti di Samantha, in base al contenuto iniziale di acqua è stato possibile ridurre la massa del suo bonus food anche di oltre la metà. Ci sono diversi alimenti che possono essere liofilizzati partendo dal prodotto naturale, come ad esempio i lamponi (link al post su avamposto42). Altri, invece, devono essere lavorati in modo da formare una struttura idonea al trattamento. È il caso tipico di frutta e verdura, a cui in alcuni casi è necessario aggiungere maltodestrine o zuccheri per evitare che durante il processo di liofilizzazione si formino dei blocchi insolubili, cioè non più reidratabili. In ogni caso, Argotec ha selezionato per la missione di Samantha i prodotti naturali migliori, senza aggiunta di additivi.

Antonio Pilello, Argotec

Per saperne di più: https://www.argotec.it/argotec/index.php/about_us/spacefood_lab

Dietro le quinte

04/09/2014

Sulla ISS a caccia di funghi

Parlando di nutrizione, come non occuparci del “plancton spaziale”? Certo, si tratta di nutrizione di cetacei, non di astronauti, ma casomai si decidesse di mandare su Marte una balena… inutile dire che stiamo scherzando, vero?

La storia è questa. Secondo l’agenzia di stampa russa Itar-Tass, il cosmonauta Vladimir Solovyev, responsabile del segmento russo della Stazione Spaziale Internazionale, ha rivelato che l’esperimento TEST ha documentato la presenza di plancton capace di vivere sulla superficie esterna della navicella.

Secondo Solovyev il problema maggiore è spiegare come del plancton, che vive nei mari, possa essere arrivato a 400 chilometri di quota. Correnti di aria ascensionali? Oppure contaminazione da parte delle superfici di navette spaziali attraccate alla Stazione Spaziale? O altre spiegazioni? Al momento non risultano commenti di nessun’altra agenzia spaziale. Staremo a vedere.

Certo che è che gli studi sulla sopravvivenza di forme di vita elementari nello spazio sono probabilmente fondamentali per comprendere l’origine e la diffusione della vita nello spazio. E nel corso degli anni non sono mancate sorprese e novità riguardo a capacità di sopravvivenza insospettate di alcune di queste forma di vita.

L’esperimento “Lichens” dell’ESA, condotto a bordo di un Foton-M2 nel 2005, per esempio, aveva riportato la notevole resistenza dei licheni alla esposizione delle dure condizioni del vuoto: radiazioni ultraviolette, temperature estreme, assenza di pressione e di peso. Gli studi sono proseguiti e negli anni successivi sono stati realizzati esperimenti analoghi (di qualche settimana, come Biopan su un Foton M-3) o di maggiore durata (come la EXPOSE-E, nel corso della missione Columbus sulla Stazione Spaziale, di 18 mesi) ma sempre di grande semplicità.

Nel caso di EXPOSE-E, per esempio, un ricettacolo di batteri, licheni, alghe, germi, è stato disposto in un contenitore a celle separate e esposto al vuoto spaziale, all’esterno della ISS. Naturalmente ancora senza protezione contro radiazioni ed escursioni termiche di oltre 50 °C, con centinaia di passaggi da -12 °C a +40 °C..

I più resistenti? I licheni. Addirittura, alcuni di essi, una volta riportati a terra 18 mesi più tardi, hanno continuato tranquillamente a crescere, come se l’intermezzo spaziale non li avesse turbati più di tanto.

Perché è interessante tutto questo? Per almeno due motivi.

Una scoperta del genere è un piccolo punto a favore dell’ipotesi della panspermia: una vita che si diffonde attraverso il vuoto interstellare. Niente di conclusivo, dato che i viaggi interstellari non durano certo mesi ma decine di anni alla velocità della luce, solo per rimanere nei dintorni del Sole. Inoltre alcune ditte che si occupano di creme per la protezione solare hanno alzato le antenne: i licheni hanno resistono 18 mesi ai raggi UV del Sole? Qual è il loro segreto? Sarà utilizzabile per migliorare i loro prodotti?

Le ricerche continuano. In attesa di saperne di più sulla curiosa storia del plancton.

Stefano Sandrelli

Per saperne di più’:

https://www.esa.int/Our_Activities/Human_Spaceflight/Lichen_survives_in_space

https://www.esa.int/Our_Activities/Human_Spaceflight/Columbus/The_toughest_life_on_Earth

Niente Panico

04/09/2014

Terra chiama AstroSamantha

Ciao Samantha,
approfittando di Avamposto42 qui dalla Terra (anzi, più precisamente dalle aule del Liceo “Leonardo Da Vinci” di Civitanova Marche) ci chiedevamo se per comunicare tra la ISS e la Terra si può usare anche una videochiamata tramite Skype. C’è sempre il rischio che si perda la “connessione” per via dei satelliti? Infine… gli studenti, affascinati da questo percorso che stiamo per intraprendere anche grazie a te, desiderano sapere se sarà possibile, durante la tua permanenza nella ISS, un collegamento anche di pochi minuti per uno scambio di saluti tra “terrestri ed extraterrestri”.
Per la serie… “@Leonardo Da Vinci calls for @AstroSamantha!”.

Grazie, un saluto dalle Marche

Cari ragazzi e ragazze del Liceo “Leonardo da Vinci”,

intanto, che bel nome: io ho frequentato l’ultimo anno del liceo in un “Leonardo da Vinci”!

Purtroppo non sarà possibile sentirci via Skype, tecnicamene è un po’ troppo complicato. Dalla Stazione Spaziale facciamo periodicamente delle chiamate simil-Skype con la famiglia, il medico, i direttori di volo… ma il supporto tecnico richiesto non permette che si possano fare videochiamate analoghe con le scuole.

L’associazione ARISS organizza contatti radioamatoriali: a meno che non siate già in lista, non sarà possibile per la mia missione, ma ci sono sempre astronauti a bordo felici di parlare via HAM Radio con le scuole quindi perché non mandare fin d’ora la richiesta?

Nel frattempo magari ci incroceremo su Twitter!

Un caro saluto,

Samantha

Domande dalla Terra | la comunita' intergalattica

02/09/2014