Archivio mensile: August 2014

Cibo spaziale: la termostabilizzazione

Nello Space Food Lab di Argotec a Torino vengono seguite alcune linee guida molto stringenti per poter mandare sulla Stazione Spaziale Internazionale un alimento con una shelf-life (ovvero quanto a lungo si puo’ conservare) di almeno 18 mesi. Come concordato con Samantha, tutto questo deve avvenire senza l’uso di conservanti o additivi.

I pasti, cotti direttamente in autoclave seguendo le procedure approvate dopo numerosi test, devono essere sottoposti ad alcuni trattamenti specifici in grado di eliminare o bloccare tutta la carica batterica presenti negli alimenti. Uno di questi è la termostabilizzazione: i pouch multistrato, pensati appositamente per non far passare l’aria e la luce, vengono inseriti all’interno di un’autoclave per circa 20 minuti alla temperatura di 121°C. Per evitare che gusto, colore e consistenza del cibo vengano in qualche modo danneggiati dal procedimento e dal calore elevato, sono state necessarie molte ricerche e analisi da parte del team coordinato da Stefano Polato, lo chef Argotec della missione Futura.

La scelta del giusto metodo di conservazione non è affatto banale e richiede una lunga serie di test e di aggiustamenti continui. Non tutti i cibi, infatti, possono essere termostabilizzati per via delle loro caratteristiche e proprietà nutrizionali. “Per quanto riguarda il menu di Samantha – dice Stefano Polato – grazie alla sua richiesta è stato possibile effettuare molti test su prodotti “nuovi” e poco utilizzati in precedenza. Un esempio sono i cereali integrali, che sono davvero adatti alla termostabilizzazione. Questo perché il chicco di riso integrale rimane intatto e non stracuoce avendo ancora la struttura esterna che lo mantiene integro e croccante. Un’altro ingrediente che con il processo di termostabilizzazione esprime il meglio di sé è sicuramente il legume. La cosa straordinaria di questa tecnica di conservazione è che il risultato finale sorprende per profumi e sapori, questo perché durante la cottura non c’è dispersione di aromi e non avviene la classica ossidazione causata dall’ossigeno. Ovviamente, e’ essenziale che tutti gli ingredienti siano di primissima qualità.” Una parte del bonus food di Samantha è già nello spazio, dopo aver già percorso molti chilometri sulla Terra. Normalmente, i pacchetti di cibo spaziale devono prima essere spediti dalla sede di Argotec sino a Houston. Poi, dopo il controllo della NASA,  vengono inviati alla sede del lancio. Seguendo questo percorso il 29 luglio 2014 il lanciatore Ariane-5 ha portato in orbita il cargo ATV-5 Georges Lemaitre con il suo carico prezioso di 6.6 tonnellate, tra cui anche le provviste extra di Samantha.

Antonio Pilello, Argotec

Per saperne di più’: https://www.argotec.it/argotec/index.php/spacefood/spacefood

Dietro le quinte

07/08/2014

Un funghetto per Rosetta

Nelle immagini raccolte dallo strumento OSIRIS, a bordo della sonda dell’ESA Rosetta, la cometa Comet 67P/Churyumov-Gerasimenko appare ancora poco dettagliata, sfumata: ha ancora l’incertezza dei sogni inseguiti a lungo. Eppure, dopo un percorso di dieci anni e di oltre 6 miliardi di kilometri, il 14 luglio scorso, Rosetta si trovava a soli 12 mila kilometri dal traguardo, che risulta ancora più interessante di quanto avessimo immaginato. La cometa, oltre a ruotare su se stessa, ha una forma molto irregolare, che ricorda decisamente quella di un funghetto misterioso.

Per il 6 agosto è previsto l’arrivo a destinazione: in realtà, si tratterà dell’inserimento in orbita intorno alla cometa, un’orbita che verrà mantenuta anche attraverso i motori della sonda stessa. Da qui inizierà la seconda vita di Rosetta, la parte più importante della missione: la sonda seguirà la Churyumov-Gerasimenko nel corso del suo avvicinamento al Sole.

Un'immagine della cometa 67P/Churyumov–Gerasimenko ottenuta il  14 Luglio 2014 dalla camera OSIRIS della sonda ESA Rosetta. Le immagini hanno permesso di creare un modello 3D della cometa che mostra la sua struttura con il doppio lobo.

Un’immagine della cometa 67P/Churyumov–Gerasimenko ottenuta il 14 Luglio 2014 dalla camera OSIRIS della sonda ESA Rosetta.
Le immagini hanno permesso di creare un modello 3D della cometa che mostra la sua struttura con il doppio lobo.

E nel prossimo novembre, vi lascerà cadere il lander Philae, che arpionerà la cometa e, se tutto va bene, sarà in grado di raccogliere del materiale sotto la superficie e analizzarlo dal punto di vista fisico-chimico. Nei mesi successivi, fino al massimo avvicinamento alla nostra stella, Rosetta e Philae assisteranno a uno dei fenomeni più straordinari che conosciamo: la nascita e lo sviluppo delle code cometarie.

Forse è poco scientifico, ma se c’è una missione che rasenta la fantascienza o il fantasy, questa è davvero Rosetta. Lanciata il 2 marzo 2004, dopo un rinvio di un anno, Rosetta è stata inizialmente immessa su una traiettoria che aveva lo scopo di aumentarne la velocità. Come una fionda che viene fatta roteare prima del lancio vero e proprio, Rosetta ha ricevuto ben 4 spinte gravitazionali in sequenza (Terra, Marte, Terra, Terra).  Nei 5 anni che sono occorsi, la sonda ha disegnato nello spazio una curva che pittori astrattisti come Klee o Kandinskij avrebbero sicuramente apprezzato.  Poi, come se non bastasse, tra una curva e l’altra, Rosetta ha già osservato due asteroidi della fascia principale, Steins e Lutetia. L’insieme dei dati raccolti, ci fornirà elementi fondamentali per capirne di più sulla formazione del Sistema Solare.

Ogni volta che si scrive di Rosetta, vien quasi da pensare di trovarsi davvero di fronte a una stella del cinema un po’ “esibizionista”. Non si fa mancare niente. Come in un film di fantascienza classica, in cui i lunghi viaggi nello spazio si affrontano con l’ibernazione dei protagonisti, anche Rosetta è stata “ibernata”: nel giugno 2011 le sue funzioni vitali sono state ridotte al minimo e solo nel gennaio scorso, da Terra è arrivato il segnale di risveglio. È stato, finora, uno dei momenti più emozionanti per tutti coloro che hanno partecipato alla missione: non era mai successo che un set di strumenti venisse spento per così tanto tempo e non c’era la certezza del risveglio.

Ma tutto questo è niente, rispetto alla coda che nascerà.

Aggiornamento del 6 agosto: 

Rosetta c’è. È arrivata alla Comet 67P/Churyumov-Gerasimenko dopo un inseguimento di 10 anni e 6 miliardi di km. Una costanza rara, degna di Romeo e Giulietta, anzi Rosetta.

La manovra di avvicinamento è perfettamente riuscita. Nei prossimi 4 giorni, la sonda dell’ESA accompagnerà la cometa nel suo avvicinamento al Sole. Non orbiterà intorno alla cometa, ma la precederà mantenendosi a  circa 100 km di distanza, in modo da controllare istante per instante la superficie esposta al Sole. Uno degli scopi di questa prima fase della missione è saperne di più sulla sua composizione esterna.

Massimo Capaccioni (INAF-IAPS) PI dello strumento VIRTIS a bordo della sonda sottolinea come i primi risultati siano già arrivati. Dall’analisi della emissione termica e della radiazione riflessa, si ricava la massima temperatura della superficie cometaria e il suo andamento con la rotazione. Da questi primi dati si deduce che la crosta, almeno i primi centimetri di spessore, sia porosa e non contenga ghiacci, ma sia dominata dalla polvere.

 L’avventura è iniziata.

Stefano Sandrelli

Niente Panico

06/08/2014

Carboidrati: nemici o amici?

“Per dimagrire bisogna eliminare i carboidrati”, “Mai mangiare i carboidrati a cena”, “I carboidrati gonfiano la pancia”: tutti nella propria vita hanno sentito pronunciare o hanno pronunciato almeno una di queste affermazioni sui carboidrati, a dimostrazione del fatto che attorno a queste sostanze ruotano innumerevoli opinioni, spesso contrastanti tra loro.

I carboidrati per molti sono il “male assoluto” quando si parla di nutrizione. In realtà non è così, a guardar bene nello schema del piatto unico, i carboidrati occupano 3/4 del piatto: per il 50% sotto forma di frutta e verdura e per il 25% sotto forma di cereali, meglio se integrali.

Bisogna considerare, infatti, che non tutti i carboidrati sono uguali: si distinguono prima di tutto in semplici (zuccheri) e in complessi (polisaccaridi). Questi ultimi sono immagazzinati sotto forma di glicogeno nel fegato e nei muscoli per essere utilizzato in caso di necessità come fonte primaria di energia per il nostro organismo. Una dieta che preveda un limitato consumo di carboidrati è dannosa perché costringe l’organismo a ricavare l’energia per esempio dalle proteine dal tessuto muscolare che in questo modo viene danneggiato.

Dall’altro lato bisogna considerare anche le conseguenze di una cattiva assunzione di carboidrati, o meglio, di zuccheri. Infatti, il regolare consumo di zuccheri provoca dei continui sbalzi della glicemia che portano a una sovrapproduzione di insulina, un ormone che facilita l’accumulo di grasso, che a lungo andare può provocare patologie come il diabete di tipo II.

Come poter beneficiare delle proprietà dei carboidrati senza incorrere negli effetti collaterali indesiderati? Scegliere dei carboidrati di buona qualità cioè quelli complessi ricchi di fibra contenuti in frutta, verdura, bacche, ortaggi e nei cereali integrali che hanno un lento assorbimento e non comportano dei picchi della glicemia. Quindi, nel proprio piatto unico, una buona porzione di verdure fresche di stagione e del riso, pasta, orzo o farro in versione integrale sono il modo migliore per garantire all’organismo tutta l’energia di cui ha bisogno.

 Dr. Filippo Ongaro

Per saperne di piú: https://www.filippo-ongaro.it/

Nutrizione e salute

05/08/2014

Sulla Stazione Spaziale si fa il bucato?

Ci e’ arrivata una domanda molto interessante da parte di Antonella, che su Twitter ci ha chiesto come fanno gli astronauti con il vestiari e il bucato per i sei mesi di durata della loro missione. Ecco come funziona, raccontato da Samantha Cristoforetti:

Sulla Stazione Spaziale non c’è modo di lavare gli indumenti. Una volta usati, diventano immondizia e sono “smaltiti” tramite uno dei veicoli cargo che rientra in maniera distruttiva nell’atmosfera: ATV (Agenzia Spaziale Europea), Cygnus (NASA), HTV (Agenzia Spaziale Giapponese) oppure Progress (Roscosmos).

Chiedilo a SamanthaCome potete immaginare, in questa situazione non possiamo cambiare gli indumenti con la stessa frequenza con cui siamo soliti farlo sulla Terra. Per esempio, abbiamo soltanto sei paia di pantaloni per tutta la missione, quindi un paio al mese.

Fortunatamente per altri tipi di indumenti la dotazione è un po’ più generosa. Questi sono raccolti in cosiddetti “bricks” (mattoni), che rappresentano la dotazione per due settimane. Ciascun “brick” contiene 7 slip, 2 magliette, 2 pantaloncini e una maglietta da sport, 3 paia di calzini e, per le donne, 1 reggiseno (o canottiera, se preferita) e due reggiseni sportivi.

Possiamo anche volare una decina di magliette con i loghi delle spedizioni e un paio di felpe. Personalmente ho anche aggiunto degli indumenti nel piccolo volume personale(tipo una grande scatola di scarpe) che ho potuto mandare con un veicolo cargo e che già mi aspetta sulla ISS: dei pantaloni morbidi, tipo tuta (quelli in dotazione sono molto rigidi), qualche felpa calda in più e una dozzina di calzini. Eh già, calzini. Pare che siano materiale prezioso sulla Stazione Spaziale!

Chiedilo a Samantha

05/08/2014

Gemini

Il programma spaziale della NASA progredì molto velocemente dall’inizio degli anni Sessanta sino al primo sbarco sulla Luna nel 1969. Di pari passo, anche il sistema alimentare fece grandi progressi, anche se ovviamente era ancora molto distante rispetto a quello ad esempio ideato da Argotec per Samantha Cristoforetti. La “dispensa” del Programma Gemini (1965-1966), chiamato così per via della navicella spaziale in grado di ospitare un equipaggio di due persone, includeva nuovi prodotti e un packaging in polietilene. I tubetti, spesso più pesanti del loro contenuto, furono invece abbandonati. In generale, le restrizioni di peso e di volume portarono a preferire gli alimenti concentrati mentre la sicurezza degli alimenti assunse un ruolo sempre maggiore. Le nuove procedure di controllo diedero inizio al programma Hazard Analysis Critical Control Point (HACCP), che è ormai una prassi comune per la sicurezza alimentare in tutto il mondo.

La patch del programma Gemini della NASA.Gus Grissom e John Young, gli astronauti del Gemini 3, il primo volo con equipaggio del programma, avevano a disposizione alcuni cubetti di cibo avvolti in una gelatina commestibile in modo da prevenire in modo efficace la produzione di briciole. Il cibo reidratato veniva assunto direttamente in forma di purea attraverso una cannuccia. Il menu includeva cocktail di scampi, pollo con verdure, butterscotch pudding e succo di mela. Successivamente, con l’allungarsi del tempo passato in orbita, gli astronauti poterono anche costruire il loro menu personalizzato sino a raggiungere la soglia di 2800 kilocalorie al giorno, ma il cibo non era ancora molto invitante. Meglio andò a Frank Borman e James Lovell, gli astronauti del Gemini 7, il primo volo della durata di due settimane, visto che il cibo a cubetti era ormai stato quasi del tutto abbandonato.

Un fatto certamente curioso è legato all’equipaggio della Gemini 3. John Young riuscì a portare furtivamente in orbita un sandwich con carne in scatola. Lo spuntino non autorizzato fu probabilmente gustoso, ma qualche briciola di pane fluttuante avrebbe potuto creare seri problemi alla strumentazione. La NASA fece ovviamente notare il pericolo scampato e si dimostrò poco comprensiva con i due astronauti; probabilmente tutto questo non sarebbe successo se gli astronauti avessero avuto a disposizione un cibo sano, nutriente e un po’ più  gustoso nel loro menu ma a quel tempo la cucina spaziale era ancora abbastanza poco accattivante. Il programma si concluse, infine, con l’atterraggio della Gemini 12, avvenuto il 15 novembre 1966. La NASA concentrò quindi i suoi sforzi sul progetto Apollo, che da lì a poco avrebbe portato Neil Armstrong e Buzz Aldrin (Apollo 11) a calpestare il suolo lunare.

Antonio Pilello, Argotec

Per saperne di più’: https://www.argotec.it/argotec/

Storia del cibo spaziale

01/08/2014

ISS, allenamento e bucato

Ciao Sam, vorrei sapere se sulla ISS si suda, ARED a parte, ho letto che avete pochi vestiti e che non potete lavarli. I vetri della cupola si sporcano? Fanno condensa come quelli quaggiù e dovete pulirli? Che temperatura c’è subito fuori e dentro la ISS? Che ne è della capsula di rientro dopo il vostro ritorno? Viene smantellata, riutilizzata per quei corsi di sopravvivenza? E l’ultimo pezzo della Soyuz, che fine fa? E.J. Caro E.J., sì, sulla ISS si suda, certo. Forse intendi chiedere se facciamo molte attività che ci portano a sudare? Direi principalmente le due ore di attività fisica obbligatoria (ARED, biciletta, corsa). I vetri certamente si sporcano, ma si puliscono, come in casa. In realtà i vetri sono protetti da un rivestimento trasparente, per evitare di danneggiarli. Non credo che facciano condensa, perché sono riscaldati, ma non ne sono del tutto sicura. Nella ISS si mantiene una temperatura di circa 22°C, mentre la temperatura delle superficie esterna varia tra diverse centinaia di gradi sopra e sotto zero: dipende se la ISS si trova in insolazione (quindi viene riscaldata per irraggiamento dal Sole) oppure in eclisse (quindi disperde calore per irraggiamento nello spazio). Il terzo stadio del razzo Soyuz rientra nell’atmosfera e brucia. Il modulo di discesa… bella domanda! Alcuni componenti vengono riutilizzati, il resto appartiene a Energia e non sono sicura di che cosa ne facciano. Ciao, Samantha

Domande dalla Terra | la comunita' intergalattica

01/08/2014

ISS e collaborazione

Cara Samantha,

sono Michele, gestisco il sito www.astrocupola.it ed abbiamo avuto modo di conoscerci quando sono venuto a Colonia per il SocialSpace lo scorso settembre. 

La mia domanda prende spunto da uno dei recenti tweet del tuo collega Shenanigan Alexander Gerst, una foto, che lui ha definito la più triste mai scattata, che mostra le esplosioni e i razzi su Gaza (https://twitter.com/astro_alex/status/492003157531451392) e da un articolo che ho tradotto e riportato sul mio blog (https://www.astrocupola.it/2014/07/i-confini-dallo-spazio/) scritto da Ron Garan, astronauta, che parla dei confini visti dallo spazio. La ISS è probabilmente l’espressione migliore di come sia possibile collaborare in diversi ambiti senza alcuna barriera che separi persone di nazionalità, culture e credi diversi. Non per nulla è stata avanzata la proposta di candidare la ISS per il Nobel per la Pace. Tutto molto bello, e se le fosse assegnato sarebbe un grande segno di speranza per il futuro. Ma in concreto, visto come vanno le cose sulla Terra, cosa si può fare affinché la ISS possa essere veramente un mezzo per portare, per quanto possibile, la pace o la speranza in un mondo in cui invece che spararsi l’un l’altro si possa finalmente imparare a parlare e trovare un accordo? Voi come astronauti sulla ISS, e noi come semplici “divulgatori” o “enthusiasts” delle cose che riguardano lo spazio, cosa possiamo fare per contribuire in maniera decisa a far comprendere la necessità del dialogo e della collaborazione tra i popoli? Io ne sono convinto: space unites. Ti ringrazio per la tua eventuale risposta e ti saluto.
Un abbraccio.
Michele

Caro Michele,

condivido il tuo pensiero e ti ringrazio per il lavoro di divulgazione che svolgi. Che risponderti? Non possiamo che fare del nostro meglio per raccontare la bella storia della Stazione Spaziale Internazionale. Io credo che un buon esempio valga più di mille parole. Cari saluti, Samantha

Domande dalla Terra | la comunita' intergalattica

01/08/2014