Pronto? Chiamo dalla ISS….

Una nuova domanda per #ChiediloaSamantha, questa volta arrivata sulla pagina Facebook di Avamposto42. Sonia ha infatti chiesto:

Ciao Samantha! Oltre alle domande su esigenze più “pratiche” nello spazio e varie curiosità a cui hai già risposto, mi é sorta questa domanda, forse più personale.. Qual è stata la reazione spontanea di parenti ed amici quando hai dato l’annuncio della tua missione? Durante la permanenza sulla stazione, i membri dell’equipaggio possono ricevere/mandare messaggi dalle persone più care? Ti ringrazio moltissimo se troverai tempo per rispondere e ti faccio un grosso in bocca al lupo per l’imminente avventura! Sonia

Samantha Cristoforetti ora si trova a Bajkonour per l’ultima settimana (e qualche giorno) prima del lancio e dell’inizio della missione Futura domenica 23 Novembre ma ci ha inviato la sua risposta:

Cara Sonia,

I miei amici e la mia famiglia, come puoi ben immaginare, sono stati felicissimi per me quando hanno appreso della mia assegnazione alla missione che sarebbe poi stata battezzata Futura. Una volta entrata a far parte del corpo astronauti europeo nel 2009 e una volta completato l’addestramento basico a fine 2010, avevo iniziato l’addestramento per la Stazione Spaziale Internazionale a metà 2011 come astronauta di riserva dell’Agenzia Spaziale Europea ed ero in trepida attesa di un’assegnazione ad una spedizione ISS. Sapevo che la seconda missione di lunga durata dell’Agenzia Spaziale Italiana era  prevista per il 2015 e speravo naturalmente di essere assegnata a questa opportunità di volo. Quando l’annuncio arrivò a metà 2012, arrivò anche la notizia che la missione ASI era stata anticipata di sei mesi: e quindi doppia gioia, ed eccomi qui, ormai pronta a partire!

Ma veniamo alla tua seconda domanda: durante la permanenza sulla ISS possiamo mandare messaggi email per motivi privati. Possiamo anche riceverli, ma soltanto da un numero molto limitato di indirizzi autorizzati. Le comunicazioni di servizio vengono invece inviate ad un altro indirizzo, che prevede vengano inoltrate sulla Stazione Spaziale soltanto dopo una verifica del contenuto da parte di CAPCOM, la posizione nel Centro di Controllo Missione di Houston che è deputata a parlare con gli astronauti a bordo (e questo può dare l’idea che CAPCOM è responsabile di molte cose, non solo parlare sul canale Space-to-Ground!).

Abbiamo anche un telefono VOIP (Voice-Over-IP) con cui possiamo chiamare i numeri terrestri, ma soltanto per motivi strettamente privati, mai di lavoro o di pubbliche relazioni. Non è considerato uno strumento di comunicazione operativo, ma soltanto un mezzo di supporto psicologico all’astronauta. E no, non c’è un numero a cui risponde la Stazione Spaziale, solo chiamate in uscita!

Infine, una volta a settimana ci viene data la possibilità di fare una videoconferenza con la nostra famiglia.

Ciao e crepi il lupo!

Samantha

Chiedilo a Samantha

14/11/2014

Ti porterai dei libri sulla Stazione Spaziale?

Sì, sto portando dei libri con me nello spazio. Non intendo i libri digitali – di quelli posso farmene mandare più di quanto possa leggerne in una vita intera!

No, parlo proprio di libri di carta, quelli dove puoi fare l’orecchia alla pagina per tenere il segno. Ho esitato un po’, perché i libri di carta pesano e occupano volume e ho una disponibilità di peso e volume piuttosto limitata nel mio “bagaglio” personale per lo spazio.

Ma alla fine, nello spazio non si va tutti i giorni. E l’esperienza di fluttuare nella Cupola e di sfogliare le pagine di un libro mentre davanti (o sotto, o sopra) scorrono maestosamente oceani e continenti val bene la rinuncia a qualche tavoletta di cioccolato extra-fondente o qualche busta di frutta liofilizzata!

Che cosa ho scelto? Due libri parecchio sgualciti, perché li ho letti più volte: Palomar, di Italo Calvino. E Pilote de Guerre, di Antoine de Saint-Exupéry. Questi li avevo messi da parte da tempo. Poi, all’ultimo momento, ho ordinato due libricini per bambini di Gianni Rodari. Uno è “Agente X.99: storie e versi dallo spazio”. L’altro è: “I Viaggi di Giovannino Perdigiorno”. Magari registrerò qualche lettura: voi che ne pensate?

Viaggeremo un po’ insieme e un po’ separatamente, io e i libri. Alcuni saranno con me nella Soyuz. “Pilote de Guerre”, invece, lo recupererò all’arrivo di SpaceX-5, in dicembre, nel mio Crew Care Package, uno di quei “pacchi da casa” che arrivano sulla ISS per gli astronauti, un po’ come succede per i militari in missione.

Ah, ho poi parecchie copie di un minilibro che ho fatto stampare apposta, uno di quei libri piccoli piccoli, non più di 3 centimetri per lato. È una raccolta di frasi e poesie (e persino un’equazione) che, per me, raccontano il significato di questo mio viaggio nello spazio. L’ho chiamato “Untraveled World”: da quella famosa poesia di Alfred Tennyson, l’avrete forse studiata a scuola.

I am a part of all that I have met; Yet all experience is an arch wherethrough Gleams that untraveled world whose margin fades For ever and for ever when I move.

(Ulysses, by A. Tennyson)

Samantha Cristoforetti

Chiedilo a Samantha

03/11/2014

Chiedilo a Samantha: pensarsi a gravità zero, cosa cambia?

Il video è stato effettuato in occasione del progetto di Formazione a distanza per l’Educazione Continua in Medicina dal titolo “La comunicazione e la relazione nelle professioni sanitarie. Tecniche di counseling e di Programmazione Neuro Linguistica” realizzato per Nutrimedifor dai dott.ri Giuseppina Menduno, Maria Luisa Pasquarella e Marco Rufolo, docenti ed organizzatori.

Il Capitano dell’Aeronautica Militare Samantha Cristoforetti, astronauta ESA in missione per l’Agenzia Spaziale Italiana con Futura da fine Novembre 2014, ha risposto alla seguente domanda: “L’astronauta ha l’esigenza di poter contare su un corpo in piena forma e in salute, per sostenere la leggerezza del proprio corpo, del corpo senza peso. Quali considerazioni puoi fare, sia concettuali che in termini di sensazioni fisiche ed emotive, in particolare rispetto al connubio pesantezza-leggerezza, rispetto all’ascolto di se stessi e del proprio corpo nella prospettiva di vivere sei mesi nello spazio?”

[youtube hUf2OSr2Zh4 nolink]

Avete qualche curiosità che vorreste chiedere a Samantha?

Potete mandarci tutte le vostre domande attraverso il nostro sito, su Twitter con l’ hashtag #ChiediloaSamantha o su Facebook.

L’ immagine in copertina è stata scattata durante l’ addestramento di Samantha Cristoforetti in una simulazione di chiamata con il Centro Controllo di Mosca e la potete trovare qui.

Chiedilo a Samantha

29/10/2014

Il lungo viaggio sulla Soyuz…e il bagno?

chiedilo a samantha bagno soyuz Cara Stefania, dire che c’è un bagno sulla Soyuz è forse un’esagerazione, ma c’è un piccolo “angolo toilette” che permette di espletare i propri bisogni fisiologici se necessario. Puoi fartene un’idea guardando la foto, che è stata scattata nel simulatore qui alla Città delle Stelle. Come tutte le toilette spaziali, anche questa, molto rudimentale, è basata sul principio dell’aspirazione. All’inizio dell’utilizzo si accende un ventilatore : il flusso d’aria così prodotto trasporta rifiuti solidi e liquidi nella giusta direzione. Avrai intuito che il ricettacolo conico giallo è per le urine: attraverso il tubo finiscono in un contenitore con del materiale assorbente. Il ricettacolo bianco è invece per l’uso “Numero 2”, come amano dire gli americani: in questo caso viene utilizzato un sacchetto monouso, che dopo ogni utilizzazione viene rimosso, chiuso e infilato successivamente in due buste per garantire il contenimento e prevenire la diffusioni di cattivi odori. Non c’è molta privacy sulla Soyuz. Se qualcuno deve usare il “bagno”, gli altri due membri dell’equipaggio si spostano nel modulo di discesa e socchiudono il portello. Come puoi immaginare, gli astronauti preferiscono ridurre al minimo l’uso di questa toilette e soprattutto, se possibile, l’uso “Numero 2”. Per questo quasi tutti accettano ben volentieri quello che i medici russi offrono nelle ultime ore prima della partenza: un clistere. Sono gli aspetti meno “luccicanti” dell’esplorazione spaziale, ma sono parte della realtà! Un’altro aspetto di vita reale dal gusto ben poco eroico è… il pannolone! È particolarmente importante con il nuovo profilo che ci fa arrivare sulla ISS sei ore dopo il lancio invece che, come prima, dopo due giorni. Eh si, in un certo senso le cose si sono un po’ complicate, specialmente per chi, come me, è seduta sul posto di sinistra come ingegnere di bordo. Ecco la spiegazione: in passato si arrivava in orbita, si facevano i controlli di tenuta e le prime due prime accensioni di motore e poi non c’era più molto da fare fino al giorno successivo. Quindi un sacco di tempo per sfruttare la “toilette” dopo poche ore dal lancio! E invece ora che succede? Succede che si arriva in orbita, si fanno come sempre i controlli di tenuta e le prime due accensioni, ma poi c’è soltanto una pausa molto breve fino alle successive accensioni di motore e all’inizio del rendez-vous con la Stazione Spaziale. Difficilmente l’ingegnere di bordo ha modo di muoversi dal proprio posto. Vogliamo fare un po’ di conti? Indossiamo la tuta circa tre ore prima del lancio, poi ci vogliono sei ore per arrivare sulla ISS e altre due ore circa di controlli di tenuta e altre procedure varie prima di poter aprile i portelli. Fanno almeno 11 ore! Capito perché tutti indossiamo il pannolone?

 Samantha Cristoforetti

 

Chiedilo a Samantha

22/10/2014

Che cos’è’ per te il coraggio?

Samantha Cristoforetti ha raccontato cosa significhi per lei, come persona e come astronauta, essere coraggiosi. Il video di Samantha e’ stato proiettato durante la serata conclusiva della Route Nazionale Agesci 2014, il cui tema e’ stato per l’appunto il coraggio.

[youtube -zzhmPS9-cQ]

E per voi cos’è’ il coraggio? Fatecelo sapere con i vostri commenti!  

Chiedilo a Samantha

11/08/2014

Sulla Stazione Spaziale si fa il bucato?

Ci e’ arrivata una domanda molto interessante da parte di Antonella, che su Twitter ci ha chiesto come fanno gli astronauti con il vestiari e il bucato per i sei mesi di durata della loro missione. Ecco come funziona, raccontato da Samantha Cristoforetti:

Sulla Stazione Spaziale non c’è modo di lavare gli indumenti. Una volta usati, diventano immondizia e sono “smaltiti” tramite uno dei veicoli cargo che rientra in maniera distruttiva nell’atmosfera: ATV (Agenzia Spaziale Europea), Cygnus (NASA), HTV (Agenzia Spaziale Giapponese) oppure Progress (Roscosmos).

Chiedilo a SamanthaCome potete immaginare, in questa situazione non possiamo cambiare gli indumenti con la stessa frequenza con cui siamo soliti farlo sulla Terra. Per esempio, abbiamo soltanto sei paia di pantaloni per tutta la missione, quindi un paio al mese.

Fortunatamente per altri tipi di indumenti la dotazione è un po’ più generosa. Questi sono raccolti in cosiddetti “bricks” (mattoni), che rappresentano la dotazione per due settimane. Ciascun “brick” contiene 7 slip, 2 magliette, 2 pantaloncini e una maglietta da sport, 3 paia di calzini e, per le donne, 1 reggiseno (o canottiera, se preferita) e due reggiseni sportivi.

Possiamo anche volare una decina di magliette con i loghi delle spedizioni e un paio di felpe. Personalmente ho anche aggiunto degli indumenti nel piccolo volume personale(tipo una grande scatola di scarpe) che ho potuto mandare con un veicolo cargo e che già mi aspetta sulla ISS: dei pantaloni morbidi, tipo tuta (quelli in dotazione sono molto rigidi), qualche felpa calda in più e una dozzina di calzini. Eh già, calzini. Pare che siano materiale prezioso sulla Stazione Spaziale!

Chiedilo a Samantha

05/08/2014

Cosa si intende con “Vomit comet”?

Un’altra domanda arrivata su Twitter per un nuovo appuntamento di #ChiediloaSamantha.

Ecco la risposta di Samantha Cristoforetti: “Vomit Comet” è un termine, diciamo umoristico, per indicare gli aerei utilizzati per i voli parabolici. In questi voli, l’aeroplano effettua una sequenza di traiettorie approssimativamente paraboliche, durante le quali chi è all’interno dell’abitacolo, per circa 20-25 secondi, è condizione di assenza di peso, come gli astronauti sulla Stazione Spaziale.

Diciamo che dentro l’abitacolo si è in caduta libera, e l’aereo viene pilotato in modo che segua quella stessa traiettoria: chi è all’interno della cabina si trova a fluttuare.

Mi è capitato diverse volte di volare sull’aereo Airbus A300 Zero-G di Novespace, basato a Bordeaux. Nella cabina di questo aeroplano non ci sono file di sedili, se non in una piccola sezione. Ci sono invece tanti apparati sperimentali, attorno ai quali si affaccendano gruppi di scienziati. I voli parabolici sono infatti una piattaforma per effettuare esperimenti in microgravità, quando 20-25 secondi sono sufficienti per osservare il fenomeno. Per tempi più lunghi, c’è naturalmente la Stazione Spaziale, ma anche in questo caso i voli parabolici possono essere un utile passaggio di validazione delle apparecchiature e delle procedure.

Per noi astronauti i voli parabolici sono l’unico modo, prima di andare nello spazio, di sperimentale la vera assenza di peso!

Chiedilo a Samantha

15/07/2014

Come si diventa astronauti?

Lost in space ci ha chiesto su Twitter qual e’ il percorso migliore per diventare un astronauta: Questa la risposta, raccontata direttamente da chi questo percorso l’ha scelto e vissuto:

Non esiste un percorso di formazione unico per diventare astronauta. Leggendo un po’ lo biografie dei vari astronauti nel mondo, ci si accorge che provengono da professioni molto diverse. Prendiamo, per esempio, noi “Shenanigans”, il gruppo di astronauti dell’Agenzia Spaziale Europea selezionati nel 2009. Siamo un gruppo piuttosto vario!

Tre di noi sono militari, tre civili. Luca e Tim sono due piloti militari collaudatori. Io sono un ingegnere e un pilota militare. Thomas è un ingegnere e un pilota di linea. Alex è uno fisico, con un dottorato in vulcanologia. Infine, Andy ha un PhD in ingegneria aerospaziale.

Insomma il volo, la scienza e l’ingegneria sono i tre ambiti tipici da cui si reclutano nuovi astronauti. Un altro ambito classico è la medicina, anche se non ci sono medici nel nostro piccolo gruppo. Questo naturalmente è il passato. Magari in futuro si selezioneranno astronauti anche da altre professioni e avremo, chissà, astronauti poeti o astronauti filolosofi. Forse ci vorrebbe più tempo per prepararli ad un volo spaziale, ma credo che darebbero una prospettiva nuova su questa grande avventura dell’umanità!

Samantha Cristoforetti

Chiedilo a Samantha

07/07/2014

Quale e’ stata l’emozione piu’ forte che hai provato?

Samantha Cristoforetti risponde a una domanda arrivataci su Twitter a #ChiediloaSamantha e racconta quali sono state le esperienze durante questi anni di addestramento da astronauta che l’hanno emozionata maggiormente.

[youtube GCH3ngtXX_A]

Se vi state chiedendo che cosa siano quelle strane cose che Samantha ha addosso nel video, ecco la risposta. Si tratta di sensori di temperatura corporea e fanno parte dell’esperimento Ritmi Circadiani di ESA. Per ogni sessione dell’esperimento si portano per 36 ore questi sensori, uno aderente alla fronte e uno allo sterno. Avremo diverse sessioni a bordo durante i sei mesi della missione, mentre prima del volo sono previste due sessioni di raccolta dati pre-volo (base data collection). Qui potete vedere trovare qualche informazione in più su Ritmi Circadiani: https://charite-in-space.de/?portfolio=spaceflight

Chiedilo a Samantha

04/07/2014