Tag: Samantha Cristoforetti

Che consigli daresti alle giovani donne?

A questa domanda, che mi viene rivolta davvero molto spesso, rispondo sempre con grande esitazione. Diciamola tutta, se posso non rispondo proprio.

Ho qualche consiglio che amo dare ai giovani (e per giovani intendo adolescenti e adulti, diciamo, sotto ai 25 anni), ma li offro indifferentemente a uomini e donne. Il mio preferito? Scegliete sempre la strada più difficile, perché la cosa più importante è formare il carattere e coltivare la fiducia nella propria forza.

 Spesso però mi chiedono consigli per le giovani donne, che siano quindi adatti alla specifica esperienza femminile. E qui iniziano i problemi, perché io le specificità dell’esperienza femminile non le conosco. “Come?” direte voi. Sei una donna! Certo che sono una donna. E sono Samantha. E non è detto che la mia esperienza nel mondo sia rappresentativa dell’esperienza, per esempio, di Barbara. E quella di Barbara magari è diversa dall’esperienza di Luisa, o di Valentina. Insomma, a parte nelle chiacchiere da bar, non è che si possa dire così alla leggera “le donne” e pensare di includerci tutte, no? (E se sembra che questo parlare genericamente de “le donne” come se non fossimo degli individui tutti diversi mi irriti un po’, beh… non è un’impressione così sbagliata).

Certo, direte voi, ci sono persone che per lavoro studiano proprio le specificità dell’esperienza femminile: sociologi, per esempio, “gender scientists” e sicuramente chi crea campagne pubblicitarie (o campagne elettorali). E quindi basta ascoltare quello che ci raccontano ed ecco che abbiamo tutte le risposte sulla nostra esperienza di donne. Neanche per sogno, dico io. Queste figure professionali lavorano sui grandi numeri. Quando dicono, per esempio, che le donne tendono a comportarsi in un certo modo,  lo dicono in senso probabilistico, non deterministico. Non vuol dire che tu, Barbara o Valentina o Luisa, ti comporti per forza così  perché sei una donna. Magari è vero proprio il contrario!

C’è un’inflazione di “consigli per le donne” nella conversazione pubblica e non credo che siano utili alle giovani e alle adolescenti. Non dubito che una professionista adulta possa trarre spunti interessanti dai numerosi libri rivolti specificatamente alle donne su come avere successo nel mondo del lavoro, se sono ben documentati e applicabili al proprio contesto professionale. E possono servire, perché no, ben vengano anche programmi di networking o mentoring.

Ma non credo che dai “consigli per le donne” possano trarre grande beneficio adolescenti e giovani, che hanno necessariamente un’identità ancora fragile e difficilmente hanno l’esperienza per capire che cosa sia davvero applicabile a loro. Temo possano trarne invece facilmente l’impressione che per loro la strada sia  necessariamente più difficile o che siano meno equipaggiate per affrontare le sfide di percorsi di formazione e di carriera impegnativa: nulla come queste convinzioni limitanti può sabotare progetti di vita ambiziosi. Questi richiedono infatti fiducia in sè stesse, nella propria forza, nei propri talenti, nella propria capacità di impegno e fatica.

I “role models” servono moltissimo, io credo, ad irrobustire la fiducia in se stesse, a non farsi intaccare dai piccoli incidenti di percorso. Spero, come astronauta, di poter essere un “role model” positivo per qualche giovane o adolescente. Ma di una cosa sono certa: i “role models” sono tali per quello che sono e per quello che fanno, non perché distribuiscono consigli.

Samantha Cristoforetti


La foto in alto e’ stata scattata durante un incontro nel 2012 di tutti gli astronauti donna NASA e del primo Direttore donna del Johnson Space Center della NASA Carolyn Huntoon; l’incontro e’ stato in onore di Sally Ride, la prima astronauta statunitense a raggiungere lo spazio nel 1983 dopo le due colleghe russe Valentina Vladimirovna Tereškova e Svetlana Evgen’evna Savickaja. Da sinistra nella prima fila: Carolyn Huntoon, Ellen Baker, Mary Cleave, Rhea Seddon, Anna Fisher, Shannon Lucid, Ellen Ochoa, Sandy Magnus. Da sinistra nella fila in piedi: Jeanette Epps, Mary Ellen Weber, Marsha Ivins, Tracy Caldwell Dyson, Bonnie Dunbar, Tammy Jernigan, Cady Coleman, Janet Kavandi, Serena Aunon, Kate Rubins, Stephanie Wilson, Dottie Metcalf-Lindenburger, Megan McArthur, Karen Nyberg, Lisa Nowak.

Le scarpe rosa

23/10/2014

Una missione in assetto ideale

Anton Shkaplerov e Terry Virts: li avete riconosciuti? Sono i compagni di missione di Samantha Cristoforetti. Con lei, sono assegnati alla missione della Soyuz TMA-15M che, a fine novembre, li condurrà a bordo della Stazione Spaziale Internazionale.

Ora provate a immaginare di chiedere loro di progettare il patch per la missione Soyuz su cui stanno per imbarcarsi. Che cosa ne verrà fuori? Un suggerimento: Samantha, Anton e Terry non sono solo tre astronauti, ma anche tre piloti. Avete già un’idea? Ecco un altro suggerimento: hanno voluto puntare tutto sul concetto di equilibrio.

ASoyuz_TMA-15M_2014 questo punto, se siete appassionati di simulatori di volo, probabilmente avete intuito qualcosa. Ma se non lo siete, avete bisogno di un terzo indizio. Eccolo: è un po’ come se tre tennisti si fossero ispirati alla loro racchetta. Come se tre ciclisti avessero preso spunto dal manubrio. Chiaro? No? D’accordo, ve lo diciamo noi: avete presente quella specie di bussola sul cruscotto di un aereo che mostra l’assetto del veicolo durante il volo? Sì, quella che vi fa capire se state andando nella direzione giusta? Quello è uno degli strumenti più importanti per un pilota: si chiama indicatore di assetto, o orizzonte artificiale.

Ecco: Samantha, Anton e Terry si sono ispirati proprio a quello. Come per dirci: noi andiamo, ma serve equilibrio e tecnologia.

Grazie alla grafica magistrale di Riccardo Rossi, nel patch le linee orizzontali di riferimento dell’indicatore sono rappresentati dalla Soyuz stessa e dei suoi pannelli solari, mentre le scale angolari rappresentano gli angoli di beccheggio e rullio. La Soyuz ha un assetto che corrisponde a un angolo di rullio di 15° (15 è il numero di serie di questa Soyuz TMA) e a un angolo di beccheggio di 51° (51 corrisponde all’inclinazione dell’orbita rispetto all’equatore).

Ma non è finita qui. Come in un bestiario medioevale, ci sono altri infiniti rimandi e simboli. Per esempio, il Sole che sorge suggerisce la consapevolezza e il rinnovo, mentre le tre stelle più evidenti, vicino alle costellazioni dell’Auriga e di Cassiopeia, rappresentano la realizzazione del sogno dei tre astronauti: il volo spaziale. Come i loro sogni fossero divenuti stelle.

Infine il numero totale di stelle corrisponde alle ultime due cifre dell’anno di lancio (2014) e – se includiamo il Sole – alle ultime due cifre dell’anno di ritorno (2015).

Infine, un’ultima nota significativa. Osservate l’ombra della Soyuz. Non ha affatto la forma della capsula russa. Ha la forma di un aereo. In particolare combina elementi di un MiG-29 russo, di un F-16 USA e di un AMX italiano, a sottolinare il legame indissolubile tra aviazione e volo spaziale.

Stefano Sandrelli

Niente Panico

15/10/2014

Il poster fantascientifico della Expedition 42

Non è un segreto che questo sito, Avamposto 42, debba il suo nome al numero della Expedition, la 42 appunto, di cui il Cap. Samantha Cristoforetti, astronauta ESA di nazionalità italiana impegnata nella Missione Futura dell’ASI e Pilota dell’Aeronautica Militare, fa parte. Come non è un segreto che Samantha Cristoforetti abbia voluto giocare sul numero 42, attingendo a piene mani dalla Guida Galattica per gli autostoppisti di Douglas Adams, libro-cult della fantascienza ironica fin dalla sua prima uscita, ormai 35 anni fa. Ma questa volta i sei astronauti e cosmonauti della Expedition 42 hanno fatto ancora di più: si sono si trasformati in alcuni dei personaggi che animano le storie del ciclo della Guida nella realizzazione del poster per il programma Space Flight Awareness dalla NASA. Poster su cui campeggia il motto “Don’t panic” – niente panico. Non a caso, il titolo di questa sezione di Avamposto 42. Ve li presentiamo, personaggi e astronauti/cosmonauti, da sinistra a destra:

• Zaphod Beeblebrox è impersonato da Terry Virts e Anton Shkaplerov (servono due cosmonauti, visto che ha due teste); • Humma Kavula è Aleksander Samokutyayev • Arthur Dent, ovvero Barry “Butch” Wilmore • Ford Prefect: Elena Serova • Trillian, la nostra Samantha Cristoforetti • Guest star: Marvin, il robot paranoide, interpretato dal Robonaut

E dato che non tutti hanno letto la “Guida Galattica”, una mancanza davvero disdicevole, che in certi circoli del Sistema planetario di Beta Pictoris viene punita con la lettura obbligata dell’opera Omnia di ARGStramph, il peggiore dei poeti Vogon, ecco alcuni spunti per assaporare almeno il senso dei personaggi interpretati dagli astronauti di Expedition 42. Zaphod Beeblebrox è uno dei grandi protagonisti della Guida. Ha due teste, raramente pensanti, certamente squilibrate, e almeno tre braccia. Edonista, irresponsabile, insensibile e tuttavia carismatico, è stato Presidente della Galassia e, soprattutto, ha inventato il Gotto Esplosivo Pangalattico, la miglior bevanda alcolica dell’Universo. Humma Kavula è ora un missionario che predica l’Avvento del Grande Fazzoletto Bianco, ma in passato è stato un pirata dello spazio. I suoi occhiali nascondono l’assenza degli occhi dovuta a una ferita. È stato avversario di Zaphod nella corsa per l’elezione di Presidente della Galassia, con lo slogan “Non votate quello stupido!” Ha perso e non l’ha presa benissimo. Arthur Dent è un terrestre spaesato, nel senso più letterale del termine: la sua casa viene distrutta dalle ruspe per fare spazio a una nuova strada. Per una strana e certamente significativa coincidenza, quello stesso giorno la Terra viene distrutta da una flotta di navi extraterrestri, per costruire una nuovissima autostrada. Arthur viene salvato da Ford Perfect innumerevoli volte. Ford Perfect non è un tranquillo ragazzo di Guilfod ma proviene da un piccolo pianeta dalle parti di Betelgeuse ed e’ arrivato sulla Terra per aggiornare la voce relative al nostro pianeta per la Guida Galattica. Dopo anni di vita terrestre, il suo contributo alla Guida recita: “Terra: praticamente innocua”. Grande amico di Arthur Dent, lo guida nelle sue esilaranti avventure nell’Universo. Trillian, e’ descritta come “bruna, magra, umanoide, con lunghi capelli neri ondulati, labbra piene, uno strano naso a patata e occhi assurdamente castani”. Insieme a Arthur è l’unica terrestre sopravvissuta alla demolizione, ed è una brillante matematica e astrofisica. Arthur Dent ha provato un’intera sera ad abbordarla a un party a Islington. Purtroppo al party era presente – sotto mentite spoglie – anche Zaphod, con il quale Trillian era finita per uscire. Salverà l’Universo dai terribili Krikketers. Marvin: è un robot di straordinarie capacità mentali ma di scarsissima tenuta psicologica. Di fatto è inconsolabilmente depresso e la sua compagnia ha veramente dell’insopportabile.

E infine una nota specifica sull’arma tenuta in mano da Samantha – Trillian: si tratta di un Fucile a Punto di Vista. Quando viene azionato contro qualcuno, quest’ultimo inizia a vedere le cose dal punto di vista di chi ha premuto il grilletto. È stato inventato per rispondere a una precisa richiesta del Consorzio delle Mogli Arrabbiate, che erano definitivamente stufe di terminare i litigi con i propri mariti con la frase : “non capisci proprio, vero?”.

Stefano Sandrelli

Per saperne di più’ potete guardare la raccolta di poster della NASA dedicati alle citazioni nei poster delle missioni:

https://www.nasa.gov/directorates/heo/sfa/products.html

Niente Panico

06/10/2014

Nella vita ci vuole un po’ di pepe e… curry!

Dall’Europa all’India… sino alla Stazione Spaziale Internazionale. La famosa rotta delle Spezie, la via marittima aperta tra il XV e il XVI secolo dagli esploratori portoghesi, permise di “avvicinare” il Vecchio Continente all’Oriente. Anche il bonus food preparato da Argotec per Samantha è ricco di spezie e prodotti naturali. Vediamo perché.

Le nostre dispense sono sempre più ricche di ingredienti e prodotti. Tuttavia, una loro assunzione errata, in termini di qualità e quantità, può anche favorire la comparsa di alcuni stati patologici come l’ipertensione arteriosa e altre malattie dell’apparato cardiocircolatorio. Di conseguenza, come prima regola da seguire, è molto importante ridurre il consumo di sale e zucchero. Questo vale sulla Terra, ma anche sulla Stazione Spaziale, dove gli effetti sulla salute dovuti alla microgravità sono evidenti. Il sale, per esempio, favorisce la ritenzione idrica. Il consumo eccessivo di zucchero può invece favorire l’insorgere di malattie cardiache, diabete, sovrappeso e obesità, per cui non è stato utilizzato nel menu della missione Futura. Si tratta di una scelta condivisa con Samantha e legata alla sana e corretta alimentazione.

I due ingredienti possono essere facilmente sostituiti con altri dalle grandi proprietà benefiche: per esempio, solo per citarne alcuni, spezie gustose come la curcuma e il curry, il pepe, il peperoncino, i semi oleosi, le erbe aromatiche oppure un dolcificante naturale come la frutta, matura al punto giusto oppure essiccata. Senza dimenticare prodotti naturali quali il malto, il miele, lo zucchero di canna integrale e la stevia.

Inauguriamo con questo post un appuntamento fisso con i consigli di Stefano Polato, lo chef Argotec della missione Futura: “Il mio primo suggerimento è quello di approcciarsi al consumo dei cibi preconfezionati con maggior consapevolezza, perché questi vengono spesso addizionati con zucchero o sale, ma anche di mangiare molta più frutta e verdura. Ricordiamo di leggere sempre l’etichetta nutrizionale di quello che compriamo. È uno strumento importante, spesso sottovalutato, che può permetterci un acquisto più consapevole e soprattutto sano. Grandi quantità di sale e zucchero, oltre che danneggiare il nostro organismo, rischiano di “inquinare” il nostro palato, rendendo difficile il riconoscimento dei gusti più naturali.

L’esperienza acquisita nell’Argotec Space Food Lab di Torino è stata molto utile: “Il sale da tavola può essere facilmente sostituito con le spezie, visto che ce ne sono molte davvero gustose e con ottime proprietà. Facciamo lo stesso anche con lo zucchero bianco raffinato, utilizzando al suo posto quello già presente nella frutta di stagione. In ogni caso, la cosa più importante è scegliere una materia prima di buona qualità, quindi già di per sé gustosa, così poi non servirà aggiungere sale o zucchero per esaltare il nostro piatto.

Antonio Pilello, Argotec

Per saperne di più’ su Argotec e Stefano Polato: https://www.argotec.it/argotec/index.php/spacefood/spacefood_futura

24/07/2014

Cosa si intende con “Vomit comet”?

Un’altra domanda arrivata su Twitter per un nuovo appuntamento di #ChiediloaSamantha.

Ecco la risposta di Samantha Cristoforetti: “Vomit Comet” è un termine, diciamo umoristico, per indicare gli aerei utilizzati per i voli parabolici. In questi voli, l’aeroplano effettua una sequenza di traiettorie approssimativamente paraboliche, durante le quali chi è all’interno dell’abitacolo, per circa 20-25 secondi, è condizione di assenza di peso, come gli astronauti sulla Stazione Spaziale.

Diciamo che dentro l’abitacolo si è in caduta libera, e l’aereo viene pilotato in modo che segua quella stessa traiettoria: chi è all’interno della cabina si trova a fluttuare.

Mi è capitato diverse volte di volare sull’aereo Airbus A300 Zero-G di Novespace, basato a Bordeaux. Nella cabina di questo aeroplano non ci sono file di sedili, se non in una piccola sezione. Ci sono invece tanti apparati sperimentali, attorno ai quali si affaccendano gruppi di scienziati. I voli parabolici sono infatti una piattaforma per effettuare esperimenti in microgravità, quando 20-25 secondi sono sufficienti per osservare il fenomeno. Per tempi più lunghi, c’è naturalmente la Stazione Spaziale, ma anche in questo caso i voli parabolici possono essere un utile passaggio di validazione delle apparecchiature e delle procedure.

Per noi astronauti i voli parabolici sono l’unico modo, prima di andare nello spazio, di sperimentale la vera assenza di peso!

Chiedilo a Samantha

15/07/2014

Quale e’ stata l’emozione piu’ forte che hai provato?

Samantha Cristoforetti risponde a una domanda arrivataci su Twitter a #ChiediloaSamantha e racconta quali sono state le esperienze durante questi anni di addestramento da astronauta che l’hanno emozionata maggiormente.

[youtube GCH3ngtXX_A]

Se vi state chiedendo che cosa siano quelle strane cose che Samantha ha addosso nel video, ecco la risposta. Si tratta di sensori di temperatura corporea e fanno parte dell’esperimento Ritmi Circadiani di ESA. Per ogni sessione dell’esperimento si portano per 36 ore questi sensori, uno aderente alla fronte e uno allo sterno. Avremo diverse sessioni a bordo durante i sei mesi della missione, mentre prima del volo sono previste due sessioni di raccolta dati pre-volo (base data collection). Qui potete vedere trovare qualche informazione in più su Ritmi Circadiani: https://charite-in-space.de/?portfolio=spaceflight

Chiedilo a Samantha

04/07/2014

Quale sarà il tuo ruolo a bordo della Soyuz?

L’equipaggio della Soyuz, la piccola astronave russa che ci porterà sulla Stazione Spaziale Internazionale, è composto da tre persone. Nel posto centrale si siede il comandante, che è sempre un/a cosmonauta russo/a. Nel mio caso si tratta di Anton Shkaplerov, al suo secondo volo nello spazio. Io mi siederò nel posto di sinistra, quello dell’ingegnere di bordo, una sorta di co-pilota, anche se non si può davvero dire che la Soyuz si piloti come un aeroplano. L’addestramento del comandante e dell’ingegnere di bordo sono pressoché identici per quanto riguarda la conoscenza dei sistemi di bordo e delle procedure, nonché nella capacità di controllare manualmente il veicolo in alcune fasi del volo, come l’avvicinamento finale alla Stazione Spaziale, l’attracco e il rientro nell’atmosfera. Ma quando siamo ai nostri posti nel simulatore Soyuz, o presto nel veicolo reale, ognuno di noi ha dei compiti ben precisi, che in gran parte derivano dall’accessibilità dei controlli. Per esempio, solo il comandante nel posto centrale ha una buona visione dal periscopio e può quindi controllare l’orientamento del veicolo prima di accendere il motore. Io, invece, nel posto di sinistra, ho accesso per esempio ai cosiddetti “comandi particolarmente importanti”, una serie di 22 pulsanti che permettono di effettuare molte operazioni vitali anche con il computer di bordo in completa avaria. Come ingegnere di bordo ho inoltre, ancor più del comandante, la responsabilità di conoscere perfettamente il funzionamento di tutti i sistemi, in modo da poter supportare l’equipaggio nel prendere rapidamente la giusta decisione in caso di situazioni non nominali.  

Chiedilo a Samantha

30/06/2014

Lo chef e l’astronauta

Nel Ristorante al termine dell’Universo gli autostoppisti galattici possono gustare molti piatti eccezionali, tra cui uno squisito gnaB giB, cioè il Big Bang alla rovescia. Chissà se in passato  ci ha lavorato anche lo chef “spaziale” Stefano Polato.

Il giorno del primo incontro tra Stefano e Samantha, durante la degustazione del bonus food preparato per lei, la nostra astronauta stava proprio raccontando un aneddoto della Guida Galattica ai presenti. E, appunto, nella celebre serie di Douglas Adams i riferimenti culinari di certo non mancano. Abbiamo chiesto a Stefano Polato, chef Argotec, di raccontarci come e’ iniziata questa avventura di cucina spaziale:

Stefano, come è stato l’incontro con Samantha?

È andato molto bene: in effetti, la prima parola che ho sentito quando sono uscito dalla cucina per andare incontro a Samantha è stata proprio 42. Una bella coincidenza! Già da subito siamo riusciti a offrire a Samantha una serie di prodotti in linea con le sue aspettative e i suoi gusti, come ad esempio la quinoa, lo sgombro e il pesce azzurro; tutti prodotti che saranno al centro della sua dieta a bordo della Stazione Spaziale Internazionale.

Come avete preparato ad Argotec questa “degustazione spaziale”?

Nelle settimane precedenti a questo primo incontro abbiamo chiacchierato con Samantha per poter capire quali fossero le sue preferenze e necessità legate alla nutrizione: siamo subito entrati in sintonia, i principi che ci accomunano sono gli stessi. Mi riferisco, in particolare, alla biodiversità, alla sostenibilità e alla stagionalità; tematiche che sono collegate tra loro e guidano il nostro lavoro.

Come è proseguito il tuo lavoro?

Dopo la degustazione con Samantha ci siamo sentiti praticamente ogni settimana fino a quando non abbiamo inviato a Houston la prima scorta di bonus food nel febbraio 2014. Insieme ai nostri nutrizionisti e tecnici alimentari abbiamo messo a punto un menu personalizzato con gli ingredienti e gli abbinamenti più adatti. Abbiamo tenuto conto di parametri molto importanti sulla Terra come anche nello spazio: gusto, colore, consistenza e profumo degli alimenti. È stato un lavoro lungo ma molto interessante ed entusiasmante.

Che cosa puoi dirci riguardo a biodiversità, sostenibilità e stagionalità?

Se scelgo un prodotto di stagione sono sicuro che ha inquinato pochissimo perché ha fatto poca strada per arrivare sulla mia tavola. Rispettare la stagionalità non solo ci permette di assaporare cibi molto più ricchi di nutrienti ma anche di ridurre l’impatto ambientale legato ai nostri prodotti. Per quanto riguarda la biodiversità è assolutamente determinante poter recuperare e mantenere inalterate le varie specie che esistono, soprattutto per quanto riguarda i vegetali. In questo modo abbiamo l’opportunità di portare avanti la tradizione locale italiana in cucina, che fa parte del nostro bagaglio culturale e delle nostre radici.

Antonio Pilello, Argotec

Dietro le quinte

24/06/2014

Posto che vai gravita’ che (non) trovi!

Quando il cavaliere Jedi Qui-Gon Jinn e il suo allievo Obi-Wan Kenobi atterrano sul pianeta Naboo, imbarcano nella loro compagnia Jar Jar Binks, un umanoide anfibio e pasticcione – un tipo decisamente simpatico, se non lo si deve frequentare troppo spesso. Sul pianeta Tatooine, invece, i due incontrano il mercante Watto, un toydariano – una specie di calabrone di cui si stenta a credere possa volare davvero. Per quanto i pianeti e le razze che li popolano siano differenti fra loro, per quanto Naboo sia ricco di acqua e Tatooine desertico, c’e’ qualcosa che li accomuna: la forza di gravità. Per accorgersene basta osservare come camminano nel film Jinn e Kenobi: pur cambiando pianeta si muovono esattamente allo stesso modo sembrando anche a loro agio; e’ quindi probabile che quei pianeti esercitino un’attrazione gravitazionale simile a quella dei pianeti d’origine dei personaggi. E non è soltanto la scioltezza dei movimenti: anche se non ce ne accorgiamo, il peso e quindi la forza di gravita’, influenza profondamente tutta la nostra vita quotidiana, persino nei dettagli. Quando siamo in piedi, per esempio, il sangue si trova in gran parte sotto il livello del cuore: se la circolazione deve funzionare, allora il muscolo cardiaco deve pompare con una forza sufficiente a vincere l’attrazione gravitazionale. Il nostro senso dell’equilibrio dipende dai movimenti degli otoliti, sassolini che si trovano nell’orecchio interno e che si muovono sotto l’azione della gravità: cambiate la gravità e il nostro sistema di orientamento naturale andrà del tutto in tilt. E questi non sono che due casi particolari. E sulla Stazione Spaziale? Lassù in orbita, la forza di gravità è controbilanciata dalla forza centrifuga: è come se il peso scomparisse. Gli astronauti devono fare i conti con la mancanza della principale forza con cui facciamo i conti quotidianamente: una bella prova di adattamento!

Stefano Sandrelli

Niente Panico

17/06/2014

Come e quando hai deciso di diventare un pilota militare?

Non sono cresciuta con il sogno di diventare pilota militare, probabilmente perché non c’erano donne nelle Forze Armate italiane quando ero giovane. Mi affascinavano però molto gli aerei militari e compravo spesso le riviste specializzate. Su queste, ogni tanto, nella seconda metà degli anni ’90, quando io frequentavo l’università, si leggeva della possibile introduzione del servizio militare volontario femminile e io iniziai seriamente a pensare che, se fosse diventato possibile, avrei tentato di entrare in Accademia Aeronautica. La legge, però, tardava ad arrivare e nel 1998 io avevo ormai superato i limiti di età per l’amissione in Accademia. I primi concorsi per le Forze Armate aperti alle donne si ebbero finalmente nel 2000. Potete immaginare il mio immenso stupore quando lessi che i limiti di età per le candidate erano stati innalzati di tre anni fino al 2002! Ormai al quarto anno di ingegneria, decidi di prendermi ancora un anno per laurearmi e poi, all’età di 24 anni, avrei avuto una chance di tentare il concorso. Quell’anno, tra settembre 2000 e agosto 2001, fu tra i più intensi della mia vita. Ero a Mosca a lavorare  sulla tesi di laurea, cercando di imparare rapidamente sia il russo che la chimica dei combustibili solidi. A febbraio tornai a Monaco per gli ultimi esami e poi partecipai, in un grande hangar di Guidonia pieno di banchetti “scolastici”, ai testi psico-attitudinali del concorso per l’Accademia Aeronautica. In giornata il responso: test superati! Si passava alla fase successiva. Tornai di nuovo da Mosca per le visite mediche. Quando misurarono la mia altezza, avevo il cuore in gola, perché sapevo di essere molto vicina al limite di 1,65m. Il sollievo fu immenso quando il medico lesse “1 m 65cm e 3mm”. Seguirono altre fasi concorsuali e un lavoro frenetico per consegnare la tesi entro l’estate. Poi, finalmente, il telegramma con la convocazione in Accademia Aeronautica per il 31 agosto. Era stato un anno davvero faticoso ed ero esausta, ma anche al colmo della felicità e ansiosa di affrontare una nuova sfida. Un’esperienza che si sarebbe ripetuta circa otto anni dopo…

Chiedilo a Samantha

17/06/2014