Tag: cibo spaziale

La nostra osteria ai confini dell’Universo, seconda parte

Nell’osteria ai confini dell’Universo si possono trovare diversi tipi di cibo spaziale. Negli ultimi decenni, gli astronauti hanno potuto sostituire gli alimenti poco appetibili delle prime missioni con altri di migliore qualità. Continuiamo qui la classificazione che abbiamo iniziato. Cibi pronti per essere consumati. Confezionati in buste trasparenti e flessibili, non richiedono alcun tipo di preparazione. Esempi: noci, barrette di cereali e biscotti. Carne irradiata. Le bistecche di manzo vengono cotte, confezionate in sacchetti flessibili e quindi sterilizzate usando una radiazione ionizzante. Esempio: bistecca di manzo.Vengono utilizzati prodotti attualmente in commercio. Inoltre, a bordo sono anche disponibili dei dosatori in polietilene contenenti pepe liquido sospeso in olio e sale liquido disciolto in acqua. Esempi: ketchup, senape, maionese, salsa taco, e salsa di peperoncino. Cibi surgelati. È possibile impedire l’accumulo dei cristalli di ghiaccio attraverso un congelamento rapido. Questo mantiene praticamente intatti la consistenza e il gusto dei prodotti. Esempi: torte salate, sformati e pasticcio di pollo. Cibi refrigerati. Questi alimenti hanno bisogno di basse temperature per evitare il deterioramento. Esempi: crema di formaggio e panna acida. Tortillas a lunga conservazione. Si tratta di una buona soluzione che elimina il problema della presenza di briciole di pane e cracker in condizioni di microgravità. Le tortillas vengono confezionate in atmosfera protettiva, con un ben definito livello di acidità e di acqua libera, cioè quella effettivamente disponibile per la crescita dei batteri patogeni, in modo da inibirne la crescita.

03/07/2014

Scelta del cibo spaziale: l’inizio

Nella serie fantascientifica di Star Trek, le prime navi stellari dovevano fare molto spesso una sosta su una stazione spaziale o su un pianeta per rifornirsi di cibo e materie prime. Questi problemi legati all’approvvigionamento continuarono sino a quando non fu inventato il replicatore di materia, in grado di ricreare gli alimenti e gli oggetti partendo dall’energia pura. Un problema simile si era già verificato molti anni prima, con la colonizzazione dell’America e l’esplorazione del Pacifico. Per esempio, durante la circumnavigazione del globo nel 1520, Ferdinando Magellano perse più dell’80% del suo equipaggio probabilmente a causa dello scorbuto, una malattia dovuta a carenza di vitamina C.

Ai giorni nostri, gli astronauti europei sono certamente più fortunati perché possono contare sul bonus food di Argotec, che ha provveduto a selezionare le materie prime migliori, senza sale, conservanti e additivi, oltre a scegliere i trattamenti più indicati per garantire una shelf-life di 18-24 mesi. “Prima di tutto – come ci spiega lo chef Stefano Polatonon tutti i cibi sono adatti alle condizioni di microgravità. Alcuni, come il pane, i cracker e i grissini, tendono a produrre molte briciole, che sono potenzialmente dannose per i delicati macchinari presenti a bordo della Stazione oltre che essere inalate dagli astronauti. Altri ingredienti, invece, non sono particolarmente adatti ai necessari trattamenti di termostabilizzazione, disidratazione o liofilizzazione, che descriverò in dettaglio nei prossimi post. In generale, la difficoltà maggiore è stata quella di salvaguardare al massimo i valori nutrizionali degli alimenti trattati. Siamo molto contenti del risultato: quello degli astronauti non deve essere un cibo finto, ma vivo”.

Per quanto riguarda la termostabilizzazione è anche possibile fare una distinzione tra la pastorizzazione e la sterilizzazione, sulla base della temperatura utilizzata nel processo di conservazione. Per quanto riguarda il menu di Samantha, due esempi sono lo smoothie di frutta fresca e lo sgombro.

La barretta energetica, pensata appositamente per la missione Futura, è stata invece disidratata e quindi presenta ancora una piccola percentuale di acqua. Infine, alcuni frutti presenti nel muesli di Samantha, come i lamponi, hanno subito un processo di liofilizzazione, sono cioè del tutto privi di acqua. Come vedremo, la scelta del trattamento per ogni singolo ingrediente non è affatto banale, ma è il risultato degli studi e delle analisi eseguiti all’interno dello Space Food Lab di Argotec a Torino.

Antonio Pilello, Argotec

Dietro le quinte

02/07/2014

Vostok

Il 12 aprile 1961 Jurij Alekseevič Gagarin divenne il primo uomo a compiere un’orbita completa intorno alla Terra. Partito dal cosmodromo di Baikonur il suo viaggio a bordo della capsula Vostok 1 fu relativamente breve, solo un’ora e quarantotto minuti, ma diede inizio a un’impresa, quella del volo umano nello spazio, che continua ancora oggi. Chissà cosa deve aver provato il giovane cosmonauta di fronte a uno spettacolo mai visto prima: “Da quassù la Terra è bellissima –ha detto Gagarin – senza frontiere né confini.”

Il viaggio della sua navicella andò come previsto, eseguendo un’orbita terrestre completa prima dell’accensione dei retrorazzi frenanti. Nulla fu lasciato al caso: nell’eventualità in cui ci fossero stati dei problemi, la Vostok 1 sarebbe comunque rientrata in atmosfera dopo circa dieci giorni grazie alla forza di attrito legata alla traiettoria scelta.

Di conseguenza, le scorte di cibo, così come quelle di ossigeno e carburante furono calibrate in modo da garantire la sopravvivenza del giovane Gagarin, che ebbe comunque il tempo di assaggiare un po’ di cibo spaziale.

Come ci racconta il giornalista aerospaziale Paolo D’Angelo, il primo spuntino spaziale della storia non fu particolarmente gustoso o invitante, ma servì comunque a dimostrare che un essere umano è in grado di deglutire e quindi in grado di mangiare anche in assenza di peso. Il cosmonauta consumò il cibo contenuto in tre tubetti, simili a quelli per il dentifricio: due contenenti una purea di carne e uno con una crema di cioccolato. Dopo questo primo importante momento i pasti per gli astronauti sono diventati via via sempre più sofisticati:  dalle missioni Mercury, Gemini e Apollo fino al moderno bonus food di Argotec, studiato appositamente per ogni astronauta europeo.

La successiva missione Vostok 2, con a bordo German Stepanovič Titov, fu molto più lunga, per un totale di 17 orbite in circa 25 ore. Anche in questo caso fu prevista una scorta di cibo da consumare a bordo, ma l’astronauta Titov fu anche la prima persona ad avere il cosiddetto “mal di spazio”, un malessere molto simile al mal di mare che può presentarsi quando l’organismo fatica ad adattarsi alle condizioni di assenza di peso.

Le spedizioni proseguirono sino al giugno del 1963, quando si concluse la missione congiunta della Vostok 5 con laVostok 6, con a bordo rispettivamente i cosmonauti Valerij Fëdorovič Bykovskij e Valentina Vladimirovna Tereškova.

 

Antonio Pilello, Argotec

Storia del cibo spaziale

27/06/2014

La nostra Osteria ai confini dell’Universo

Che cosa è importante se si vuole aprire un’osteria ai confini dell’Universo? Prima di tutto, è necessario prendere in considerazione la capacità di carico della vostra nave spaziale: massa e volume sono sempre i primi fattori di cui tener conto quando si invia un carico nello spazio, cibo compreso. Poi, se vogliamo avere successo, è necessario scegliere e trasportare ingredienti genuini provenienti dalla Terra e immaginare nuove ricette “spaziali”. Attualmente, gli alimenti sono confezionati e immagazzinati singolarmente per un facile consumo in condizioni di microgravità. I cibi sono precotti o elaborati in modo che possano essere preparati aggiungendo acqua oppure mediante riscaldamento. Di tanto in tanto, quando arrivano i rifornimenti, gli astronauti della ISS possono anche mangiare frutta e verdura fresche. Cibo reidratabile. Con l’intenzione di ridurre il peso del carico utile è possibile rimuovere l’acqua da alimenti e bevande. Si potrà poi aggiungerla di nuovo nel corso della missione, poco prima del pasto. Esempi: zuppe (consommé di pollo e crema di funghi), casseruole (maccheroni con formaggio, pollo e riso), antipasti (cocktail di gamberi), uova strapazzate e cereali. Cibo termostabilizzato. Il cibo viene trattato con il calore per rimuovere eventuali microrganismi ed enzimi dannosi. I pasti vengono confezionati in sacchetti flessibili, in lattine o bicchieri di plastica. Normalmente, il cibo viene mangiato direttamente dai contenitori. Esempi: manzo con funghi, pomodori e melanzane, pollo, prosciutto, frutta, pesce (tonno e salmone). Cibo con una percentuale d’acqua media. Le proprietà di questi alimenti, che possono essere consumati direttamente, vengono preservate riducendo la quantità di acqua disponibile per la crescita microbica, ma mantenendone abbastanza per dare al cibo la giusta consistenza. Esempi: pesche, pere e albicocche disidratate oppure carne di manzo essiccata.

25/06/2014

2001: Odissea nello spazio… e in cucina.

Nel capolavoro di Stanley Kubrick del 1968, gli astronauti David Bowman e Frank Poole consumano un cibo altamente tecnologico e liofilizzato durante il lungo viaggio a bordo dell’astronave Discovery One, diretta verso Giove. L’equipaggio può comporre il proprio menu scegliendo tra i vari prodotti disponibili, per lo più cremosi o gelatinosi, che vengono preparati da una macchina self service e serviti in appositi vassoi. Senza dubbio, il celebre regista aveva già capito molti anni fa l’importanza dell’alimentazione nel corso delle missioni spaziali. Ai giorni nostri, gli astronauti europei possono gustare in orbita i piatti della tradizione così come quelli più sani e nutrienti. L’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha affidato lo studio, lo sviluppo e la produzione del proprio cibo spaziale all’azienda italiana Argotec, responsabile unica in Europa per il bonus food degli astronauti europei. Nello Space Food Lab di Torino, lo chef Stefano Polato della missione Futura e alcuni esperti di nutrizione sviluppano il cibo extra delle “grandi occasioni”, che ha una durata di almeno 18-24 mesi ed è costituito interamente da ingredienti biologici. In particolare, dopo le positive esperienze con Luca Parmitano e Alexander Gerst, il menu per Samantha Cristoforetti è il risultato di oltre un anno e mezzo di ricerca e sviluppo del team guidato dallo Chef Polato di Argotec. L’obiettivo principale è quello di ridurre al minimo il contenuto di sale nel cibo, per evitare la ritenzione idrica e i suoi effetti negativi, e garantirne la conservazione senza alterarne colore, consistenza, odore e sapore. Durante la produzione sono stati applicati metodi innovativi di disidratazione e termostabilizzazione, sempre nel massimo rispetto delle qualità organolettiche e nutrizionali degli alimenti. Dalle confezioni non devono fuoriuscire briciole o pezzetti di cibo che potrebbero finire all’interno delle strumentazioni oppure essere inalate. Gli ingredienti vengono pensati appositamente per ciascun astronauta europeo e rappresentano un vero e proprio boost psicologico nel corso delle missioni di lunga durata, senza trascurare gli effetti positivi della condivisione con i colleghi della Stazione Spaziale Internazionale. La sana e corretta alimentazione, insieme alla necessaria attività fisica giornaliera, è l’unico modo realmente efficace per preservare la salute degli astronauti e per facilitarne la successiva riabilitazione dopo il rientro.  

Antonio Pilello, Argotec

05/06/2014