La nostra osteria ai confini dell’Universo, seconda parte
03/07/2014
03/07/2014
Nella serie fantascientifica di Star Trek, le prime navi stellari dovevano fare molto spesso una sosta su una stazione spaziale o su un pianeta per rifornirsi di cibo e materie prime. Questi problemi legati all’approvvigionamento continuarono sino a quando non fu inventato il replicatore di materia, in grado di ricreare gli alimenti e gli oggetti partendo dall’energia pura. Un problema simile si era già verificato molti anni prima, con la colonizzazione dell’America e l’esplorazione del Pacifico. Per esempio, durante la circumnavigazione del globo nel 1520, Ferdinando Magellano perse più dell’80% del suo equipaggio probabilmente a causa dello scorbuto, una malattia dovuta a carenza di vitamina C.
Ai giorni nostri, gli astronauti europei sono certamente più fortunati perché possono contare sul bonus food di Argotec, che ha provveduto a selezionare le materie prime migliori, senza sale, conservanti e additivi, oltre a scegliere i trattamenti più indicati per garantire una shelf-life di 18-24 mesi. “Prima di tutto – come ci spiega lo chef Stefano Polato – non tutti i cibi sono adatti alle condizioni di microgravità. Alcuni, come il pane, i cracker e i grissini, tendono a produrre molte briciole, che sono potenzialmente dannose per i delicati macchinari presenti a bordo della Stazione oltre che essere inalate dagli astronauti. Altri ingredienti, invece, non sono particolarmente adatti ai necessari trattamenti di termostabilizzazione, disidratazione o liofilizzazione, che descriverò in dettaglio nei prossimi post. In generale, la difficoltà maggiore è stata quella di salvaguardare al massimo i valori nutrizionali degli alimenti trattati. Siamo molto contenti del risultato: quello degli astronauti non deve essere un cibo finto, ma vivo”.
Per quanto riguarda la termostabilizzazione è anche possibile fare una distinzione tra la pastorizzazione e la sterilizzazione, sulla base della temperatura utilizzata nel processo di conservazione. Per quanto riguarda il menu di Samantha, due esempi sono lo smoothie di frutta fresca e lo sgombro.
La barretta energetica, pensata appositamente per la missione Futura, è stata invece disidratata e quindi presenta ancora una piccola percentuale di acqua. Infine, alcuni frutti presenti nel muesli di Samantha, come i lamponi, hanno subito un processo di liofilizzazione, sono cioè del tutto privi di acqua. Come vedremo, la scelta del trattamento per ogni singolo ingrediente non è affatto banale, ma è il risultato degli studi e delle analisi eseguiti all’interno dello Space Food Lab di Argotec a Torino.
Antonio Pilello, Argotec
02/07/2014
Il 12 aprile 1961 Jurij Alekseevič Gagarin divenne il primo uomo a compiere un’orbita completa intorno alla Terra. Partito dal cosmodromo di Baikonur il suo viaggio a bordo della capsula Vostok 1 fu relativamente breve, solo un’ora e quarantotto minuti, ma diede inizio a un’impresa, quella del volo umano nello spazio, che continua ancora oggi. Chissà cosa deve aver provato il giovane cosmonauta di fronte a uno spettacolo mai visto prima: “Da quassù la Terra è bellissima –ha detto Gagarin – senza frontiere né confini.”
Il viaggio della sua navicella andò come previsto, eseguendo un’orbita terrestre completa prima dell’accensione dei retrorazzi frenanti. Nulla fu lasciato al caso: nell’eventualità in cui ci fossero stati dei problemi, la Vostok 1 sarebbe comunque rientrata in atmosfera dopo circa dieci giorni grazie alla forza di attrito legata alla traiettoria scelta.
Di conseguenza, le scorte di cibo, così come quelle di ossigeno e carburante furono calibrate in modo da garantire la sopravvivenza del giovane Gagarin, che ebbe comunque il tempo di assaggiare un po’ di cibo spaziale.
Come ci racconta il giornalista aerospaziale Paolo D’Angelo, il primo spuntino spaziale della storia non fu particolarmente gustoso o invitante, ma servì comunque a dimostrare che un essere umano è in grado di deglutire e quindi in grado di mangiare anche in assenza di peso. Il cosmonauta consumò il cibo contenuto in tre tubetti, simili a quelli per il dentifricio: due contenenti una purea di carne e uno con una crema di cioccolato. Dopo questo primo importante momento i pasti per gli astronauti sono diventati via via sempre più sofisticati: dalle missioni Mercury, Gemini e Apollo fino al moderno bonus food di Argotec, studiato appositamente per ogni astronauta europeo.
La successiva missione Vostok 2, con a bordo German Stepanovič Titov, fu molto più lunga, per un totale di 17 orbite in circa 25 ore. Anche in questo caso fu prevista una scorta di cibo da consumare a bordo, ma l’astronauta Titov fu anche la prima persona ad avere il cosiddetto “mal di spazio”, un malessere molto simile al mal di mare che può presentarsi quando l’organismo fatica ad adattarsi alle condizioni di assenza di peso.
Le spedizioni proseguirono sino al giugno del 1963, quando si concluse la missione congiunta della Vostok 5 con laVostok 6, con a bordo rispettivamente i cosmonauti Valerij Fëdorovič Bykovskij e Valentina Vladimirovna Tereškova.
Antonio Pilello, Argotec
27/06/2014
25/06/2014
Antonio Pilello, Argotec
05/06/2014