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Un’intervista elegante

Dopo la brutta esperienza con i moscerini della frutta, oggi la Capa sembra tornata in sé: mi propone un’intervista telefonica con qualcuno che ha definito “elegante”. “E trasparente,” ha aggiunto con un sorriso. È una brava Capa, la mia Capa: so che ha fiducia in me e che mi sa valorizzare.  I moscerini sono stati solo una brutta parentesi. Telefono e trascrivo.

 

Buongiorno professore, grazie di aver accettato l’intervista con Avamposto 42!

Si figuri: per me e i miei colleghi è un dovere e un piacere dare un piccolo contributo alla scienza e alla sua diffusione.

 

Lei è molto gentile, Professore. So che si occuperà di un esperimento per migliorare le condizioni di salute degli astronauti nelle missioni di lunga durata. Di che si tratta?

Con altri colleghi, mi occupo dell’esperimento EPIGENETICA: cerchiamo di capire in che modo un ambiente senza peso possa indurre modificazioni genetiche ereditabili, senza però alterare la sequenza del DNA.

Ma il DNA non è il registro del patrimonio genetico? Se non viene modificato, non può trasmettere niente di diverso da quanto trasmesso in passato. Sbaglio?

In realtà ci sono cambiamenti ereditabili che non corrispondono a un’alterazione del DNA. Il DNA rimane lo stesso, ma cambia il modo con cui si esprime. Per fare un paragone molto semplice, è come quando si passa un copione teatrale da un attore a un altro. Il copione rimane lo stesso, ma cambia l’interpretazione.  La scienza che studia cambiamenti di questo genere si chiama epigenetica.

Al di là del paragone, è possibile vedere un meccanismo del genere all’opera nella vita di tutti i giorni?

Un esempio classico è la differenziazione cellulare: alcune cellule si specializzano, ma non modificano la loro struttura del DNA di base. Alcuni studi recenti indicano che mutazioni epigenetiche potrebbero influire anche sull’invecchiamento o sui processi tumorali.

Torniamo agli astronauti e allo spazio. Perché volete compiere questo esperimento in condizioni di gravità ridotta?

Vogliamo capire come una cellula che si sia adattata allo spazio trasmetta a una cellula di nuova generazione il medesimo adattamento. Come sa, le ossa e i muscoli degli astronauti subiscono modifiche nei voli di lunga durata: il nostro esperimento è volto proprio a capire meglio se ci sono modificazioni a livello di ogni cellula. E quale sia il legame tra adattamento e mutazione epigenetica.

Sono curioso di capire in che modo conducete l’esperimento. Samantha, nel suo diario di bordo, racconta di divertirsi molto con Epigenetica.

È perché ci siamo noi.

Certo Professore, lei e i suoi colleghi siete certamente persone di spirito. Ma intendevo chiederle con quali organismi viventi che si riproducono nello spazio conducete l’esperimento. Non mi dica che si tratta di quegli arroganti moscerini della frutta?

 [ride, ndr]. Non ci servono i moscerini della frutta. Come le dicevo, bastiamo noi.

Voi e Samantha Cristoforetti, naturalmente. Immagino che seguirete la nostra astronauta passo passo, in collegamento da Terra, mentre lei agirà sugli organismi. Si tratta di batteri?

Guardi [continua a ridere, ndr], c’è un equivoco. Noi siamo sulla Stazione con Samantha Cristoforetti.

In che senso?

Nell’unico senso possibile. Siamo là con lei: siamo saliti sotto forma di larva. Poi ci hanno risvegliato con un buon nutrimento batterico: alcuni di noi sono stati messi in una centrifuga che simula una gravità terrestre, mentre altri sono stati lasciati liberi di fluttuare a zero-gravità. Una volta maturi, ci siamo riprodotti: gli adulti sono stati portati via e messi in frigorifero (il MELFI) per essere analizzati a terra, mentre le larve sono cresciute mangiando allegramente per 5 giorni. E poi di nuovo: adulti in frigo e larve di seconda generazione che crescono. E così via, per 4 generazioni…. Come mai non dice niente? Non le interessa?

Professore… chi siete “voi”?

Vermi, naturalmente.

Cosa? Vermi? Sto parlando al telefono con un verme?

Sono un Caenorhabditis elegans, in effetti. Mi pregio di poter godere di una certa eleganza. Le dispiace? Pensi, siamo lunghi appena un millimetro e siamo totalmente trasparenti, in modo da permettere ai ricercatori di osservare i nostri organi interni al microscopio. E siamo quasi tutti ermafroditi. Pronto? Pronto? Dov’è finito? Signor intervistatore… noi andiamo, il MELFI ci attende: arrivederci, allora, le salutiamo Samantha!

Stefano Sandrelli

Per saperne di più questa e la pagina dell’esperimento (in inglese): https://www.nasa.gov/mission_pages/station/research/experiments/1075.html

Niente Panico

06/02/2015