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La carica dei 101

Quando me lo ha chiesto, qualche mese fa, non ci credevo. “Vai e intervistali”, ha detto la Capa. “Ma dici sul serio?”, le ho risposto. “Dovrei intervistare quei…” Ma lei aveva già distolto lo sguardo, annoiata. Andare e intervistare: ecco tutto quel che dovevo fare. L’ennesima intervista a un astronauta? A Samantha Cristoforetti? A un controllore di volo del Col CC? Forse a Stefano Polato o Filippo Ongaro? Macché.

No, la Capa mi aveva chiesto di intervistare proprio loro: quei minuscoli, presuntuosi, orribili moscerini della frutta. “Presto saranno le vere star spaziali,” ha detto mentre uscivo. Aveva ragione. Forse è per questo che è la Capa. Sono un cronista serio, do alla Capa quel che è della Capa e riporto la trascrizione integrale dell’intervista.

Houston, 2014.07.01

Allora, perché stai zitto e ci guardi con quell’aria scettica?

Intanto, cari moscerini della frutta, dovrebbe essere l’intervistatore a fare la prima domanda, non voi. Non credete?

Sì vabbe’: ma ci guardi con un’aria da pera cotta da un quarto d’ora. Avremmo anche qualcosa di meglio da fare, dato che viviamo solo un paio di settimane, non credi?

Con tutto il rispetto, mi sarei aspettato di dover intervistare qualcuno di un po’ più…

Un po’ più…

Un po’ più… con rispetto, eh! Un po’ più importante, più stimolante. Al limite, anche un po’ più di bell’aspetto, ecco. 

Ora, se la metti sulla bellezza… senti, partiamo con le domande, per cortesia, fra 5 minuti abbiamo la BBC, la CNN e Rainews che devono intervistarci. E speriamo che abbiano mandato qualcuno con un po’ più di sale in zucca.

Sentite… la prima domanda che ho preparato è questa. Non so se vi piacerà… dunque… vado eh?

Vai, vai, sbrigati.

Allora: voi siete solo moscerini, esserini mosci e piccini, come dice il nome, piuttosto insignificanti. Ronzate intorno alla frutta, vi appiccicate le larve, la rovinate. Di peggio conosco solo le zanzare. Ecco, mi chiedo allora: perché qualcuno dovrebbe volervi sulla Stazione Spaziale?

Come si parte male! Tanto per iniziare, abbiamo già partecipato a varie missioni sullo Shuttle della NASA e il nostro nome scientifico è Drosophila melanogaster. Tu come ti chiami?

Stefano Sandrelli…

Ecco, vedi da solo la differenza! Drosophila melanogaster: suona un po’ meglio, no? Un tantino più nobile, se vuoi. E se non fossi così ignorante, sapresti anche che da anni diamo buoni suggerimenti agli umani che ci studiano. In effetti, siamo moscerini molto noti, nella ricerca. Siamo un vero e proprio “organismo modello”.

E cosa significa “organismo modello”?

Significa che non facciamo storie per essere allevate, ci riproduciamo molto più dei conigli, il nostro DNA è ben noto da circa 20 anni, abbiamo solo 4 cromosomi  e, se non ti basta, il nostro codice genetico non è troppo lontano da quello dell’uomo, specialmente per quanto riguarda la trasmissione delle malattie. Circa il 77% per cento dei geni portatori di malattie nell’uomo ha un analogo nel nostro genoma: il morbo di Parkinson, l’Alzheimer e così via.

Quindi siete inutili: se conosciamo già quelle malattie nell’uomo, a che servite voi?

Senti amico, cerca di accendere il cervello, per favore. Gli scienziati conoscono le malattie genetiche dell’uomo, ma è difficile studiare il meccanismo di trasmissione genetica di una malattia, dato che campate 70-80 anni. Noi, invece, ci riproduciamo pazzamente: la nostra vita dura più o meno un paio delle vostre settimane e ogni nostra femmina depone circa 600 uova. Capito? Trasmettiamo il nostro genoma “in diretta”, di fronte ai vostri occhi, a un sacco di discendenti.

Dalla tua espressione mi sembra di capire che questo non ti dica molto, vero?

Ma quanti siete?

Partiamo in più di 100. È il meccanismo della trasmissione genetica che interessa gli scienziati, capito? E noi glielo mostriamo, generazione dopo generazione.

Ma perché sulla ISS?

Perché sulla ISS non c’è peso. E il peso potrebbe essere una componente del famoso meccanismo di trasmissione genetica. Gli scienziati hanno ideato un bellissimo esperimento!

Parlatemene… come funziona?

Il Fruit Lab System ha tre componenti: una piccola casettina in cui siamo lanciati. Una seconda casettina dove viviamo e che permette l’inserimento di nuovo cibo e, soprattutto, l’estrazione delle nostre larve. Senza contaminazioni, però!

E che ci fanno gli astronauti con le vostre larve? Le mangiano? Cibo fresco?

Ma da dove sei uscito, tu? Le larve vengono portate in un bel frigorifero, un MELFI, conservate e portate a terra per essere studiate. Infine, c’è una terza casettina, in cui possiamo svolazzare liberamente, sempre che l’assenza di peso non ci disturbi troppo. E qui gli scienziati hanno montato una telecamera per guardarci 24 ore su 24. Una specie di Grande Fratello per moscerini. Inoltre parte di noi vivono in microgravità e parte in una  casetta inserita in una centrifuga, che simula la gravità terrestre. Le larve che produciamo vengono congelate, riportate a terra e studiate.

Siete proprio convinti che potrebbe venire fuori qualche cosa di interessante anche per gli uomini?

Certo, questa è la speranza nostra e degli scienziati che stiamo cercando di aiutare. Sono quasi 100 anni che aiutiamo gli uomini a capire il proprio funzionamento!

Se proprio volete saperne di più, ecco il blog dell’esperimento:

https://www.nasa.gov/ames/research/space-biosciences/fruit-fly-lab-ffl-01-engineers-blog/#.VMDVsCzhino

E qui Samantha Cristoforetti ne ha parlato nel suo blog: https://avamposto42.esa.int/blog/diario-di-bordo/single/l53-astromoscerini-spaziali/

Nell’immagini di copertina: L’habitat per gli astromoscerini creato appositamente per gli studi in microgravità. Credits: NASA / Dominic Hart

Stefano Sandrelli

Niente Panico

23/01/2015